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Cronarmerina - Ottobre 2016

Altro stemma Sceberras

Inquartato, nel 1° d'azzurro a tre stelle a sei raggi, 2° d'argento alla corazza sormontata da un elmo, 3° d'argento a toro rosso, 4° d'azzurro a torre rossa, al piede di rosso triangolo rosso chiaro, il tutto sormontato da copricapo cardinalizio.

Grazie a una foto su un social network che subito si aprono scenari poco conosciuti nella storia secolare della nostra cittadina. L'altro giorno è stata pubblicata questa foto relativa allo stemma affrescato al centro del soffitto di una sala del palazzo conosciuto ai più come Palazzo Starrabba. L'edificio prende il nome da Don Vincenzo Starrabba barone di Scibinasi principe nel 1711 di Giardinelli, che già l'aveva fatto costruire lungo l'odierna via Garibaldi di fronte a quello delle Suore Salesiane di Maria Ausiliatrice. Appunto per la presenza di questo palazzo, la via Garibaldi era stata chiamata sino all'Unità d'Italia del 1861 a stràta ô Prìnc'p (la strada del Principe). Negli ultimi decenni dell'Ottocento il palazzo passa alla famiglia del feudatario Francesco Camerata di Butera che, nel 1898, sposa Girolama Sceberras discendente da un'antica famiglia maltese. Io mi sarei aspettato l'affresco dello stemma degli Starrabba, oppure quello dei Camerata (presente su un altro lato del soffitto), invece ne osservo uno che si assomiglia, solo per due quarti, a quello degli Sceberras e, inoltre, sormontato da un copricapo ecclesiastico. Per quest'ultimo particolare parte la ricerca, chiedendo lumi all'enciclopedico amico prof. Marco Incalcaterra. Lui mi spiega che il copricapo è dovuto alla presenza nella famiglia Sceberras del cardinale maltese Fabrizio Sceberras Testaferrata. A questo punto cerco di spiegarmi tutto lo stemma. Le 3 stelle a sei raggi e la figura, che poi sarebbe una corazza con l'elmo, sulla parte alta, erano già presenti in quello precedente della famiglia Sceberras. Le altre tre della parte bassa, assenti nell'altro stemma, invece rappresentano: il toro che richiama lo stemma della famiglia Testaferrata originaria de La Valletta (città capitale dell'isola di Malta), la torre che rappresenta il castello nel blasone del comune di Butera, di cui era originario Francesco Camerata e, infine, il triangolo richiamante la parentela con la famiglia Trigona in quanto Antonio Sceberras Testaferrata nel 1792 sposa Girolama Trigona baronessa di Montagna di Marzo. Il tutto sormontato dal simbolo ecclesiastico del rappresentante più autorevole e prestigioso appartenente alla famiglia Sceberras di quel secolo (XIX), il cardinale Fabrizio. Pertanto, oltre al cardinale appartenente alla famiglia piazzese Trigona, cardinale Gaetano Trigona Parisi (1767-1837), ne possiamo annoverare un altro appartenente, seppur nato in luogo diverso, a una famiglia piazzese, il coevo cardinale Fabrizio Sceberras Testaferrata (1757-1843) di cui parleremo nella categoria "Vescovi e Cardinali" compresa nella "Storia Ecclesiastica" di questo sito.

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Le vie di Piazza/B

Dall'alto la zona della Chiesa del Crocifisso nel quartiere Monte

Dal 20 ottobre 2016 ho iniziato ad elencare tutte le strade di Piazza Armerina, con scritto accanto da dove iniziano sin dove arrivano, per meglio localizzarle. Lo scopo principale è quello di far conoscere ai Piazzesi e non il nome sia delle strade conosciute, sia delle tante sconosciute ai più e con nomi particolari. Ogni post elencherà le vie in ordine alfabetico e, per quanto possibile, accanto è stato messo a chi è stata intitolata. Si accettano segnalazioni di eventuali vie sfuggite nella compilazione.

B

Via BACHLET VITTORIO, (giurista) da via Papa Roncalli a via Dei Normanni
C.le BAERI PIETRO, nella via Emma
Via BAIOLO ALESSANDRO, (eroe piazzese, 1161) da via A. Verso a c/da Domartino

Via BALBO ANTONIO, (fotografo) da via G. Amendola a via N. Bixio
Vico BALZO, (Salvatore, caduto 2^ G.M.) da via La Praia/via Aguglia
Vico BARBAROTTA, da via Alberti a via Miraglia
Via BARBERA, (famiglia) da via Monte a via S. Nicolò
Via BARBUZZA, (Domenico, cons. com. 1839) da via Monte a via Tudisco
Via BARI, da via Silvia a c/da Domartino
Via BARRAFRANCA, da via Machiavelli a c/da Cicciona
Vico BARRESI SALVATORE, (caduto 2^ G.M.) da viale Libertà a via Altacura (ex via Conte Ruggero)
Via BASSO LELIO, (politico) da via Gozzano a piano Sant’Ippolito
Via BENGASI, da piazza G. Crea a via Diana
C.le BILARDO, (Domenico, sacerd. 1778) nella via Itria
Vico BIONDO, da via Laubia a via Speciale
Via NINO BIXIO, (generale) da via G. D’Annunzio a via Caltanissetta
Via BOLOGNA, (famiglia) da via A. Golino a via Speciale
Via BONANNO, (Vincenzo, caduto 2^ G.M.) da piano Carcere (retro piazza Castello) a via A. Crescimanno
Via BONIFACIO, (Vincenzo, sindaco, 1861) da via Cavour a via Iaci
C.le BRIGHINA, (dr. Francesco, cons. com. 1903) da via Maggiore a via Procaccianti
Via BRUNACCINI, (Pier Francesco, vescovo di Piazza) da via Monte a via A. Crescimanno
Via F.LLI BRUNO, (Alfonso e Gaetano, caduti 2^ G.M.) da via Mons. Sturzo a Via Emma
Via BUTTIGLIERI, (famiglia) da via Impellizzeri a Via Falcone

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Che bedda a v'gghiàina!

La stampa "Le varie età dell'uomo" a casa dei nonni

Dopo tanti anni mi sono ricordato della stampa che guardavo sempre quando andavo a trovare i miei nonni materni, in via Santa Rosalia, precisamente nel Cortile Minnella. Ovviamente quello che mi attirava maggiormente era il bambino sulla sinistra che giocava col cerchio, le altre immagini mi attraevamo meno, non mi dicevano alcunché. Invece, a mano a mano io crescessi, riuscivo a focalizzare meglio gli altri soggetti e, a poco a poco, anno dopo anno, mi rendo conto di trovarmi tra il VII e VIII gradino su 11.

Avanzando con gli anni...

Quando ci si fa grandetti
si sviluppano i difetti;
io ho la testa come l’uovo
e un capello non lo trovo;
c’è chi sente da un orecchio
e nell’altro ha l’apparecchio;

chi non vede a un metro dal naso
e fa pipì fuori dal vaso;
chi ha perduto l’odorato,
crede grana il pangrattato;
chi ha il naso sempre chiuso
e respira con il muso;

chi possiede una gran pancia
camminando si sbilancia;
chi gli grava l’intestino
e fa i suoni del clarino;
chi usa sempre l’ascensore
delle scale ha poi il terrore;

chi non trova la dentiera
conservata dalla sera;
chi ha scordato l’auto in via
e fa accusa in polizia;
chi gli duole gambe e schiena,
una spinge e l’altra frena.

Ma chi ha gaia attività
tutto questo eluderà.

Francesco Manteo

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La conferma della medaglia/2

Dal libretto PRIMA ESPOSIZIONE CIRCONDARIALE DELLE PICCOLE INDUSTRIE E DELL'ARTIGIANATO - Piazza Armerina 12 agosto - 21 settembre 1924, Unione Arti Grafiche Abbruzzesi, ROMA 1925, di cui abbiamo parlato nel post "La conferma della medaglia/1", ho tratto le notizie riguardanti la partecipazione all'Esposizione del 1924 di mio nonno materno, il falegname Gaetano Marino Albanese conosciuto anche come Ciucciuledda, nonché della spiegazione della medaglia che avevo conservato per oltre mezzo secolo. La medaglia in argento è quella che si vede nelle due foto ed è stata consegnata a mio nonno che risulta tra i "Premiati con Grande medaglia d'argento" al <<n. 17 - Gaetano Marino Albanese: per mobili>> dell'elenco nel libretto pubblicato a Roma nel 1925. Nella foto dell'elenco, parzialmente si scorgono alcune Ditte delle 12 premiate probabilmente con le medaglie d'oro: una di Castrogiovanni per ricami in seta, una di Piazza Armerina per paste alimentari, una di Aidone per biscotti e un'altra di Piazza per oggetti sacri ed artistici. Concludo questo mio post contento di avervi fatto partecipi di una importante conferma, sia sull'operato artigianale di un mio caro parente e sia della discreta attività imprenditoriale che si svolgeva nella nostra cittadina 92anni or sono.  Il periodo era quello dell'inzio dell'Era Fascista che, tra ombre e luci, avrebbe condizionato la vita dei nostri parenti per oltre un ventennio. Chi di loro avrebbe superato questo periodo indenne e, soprattutto, vivo, ci avrebbe regalato l'esistenza di cui stiamo godendo, senza rendercene conto che quello che hanno fatto era pieno di sacrifici e difficoltà enormi, al di fuori della nostra concezione sprecona contemporanea.  

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La conferma della medaglia/1

Quando meno te l'aspetti alcuni oggetti assumono un altro valore, ancora più importante di prima. Per oltre mezzo secolo tra le mie cianfrusaglie avevo conservato una medaglia trovata in un cassetto dei miei genitori, nella casa di via Sant'Agostino. Avevo chiesto qualche notizia sull'oggetto in argento e mia mamma Franca, senza soffermarsi tanto, mi aveva risposto "nènt, na còsa d' nònnu Tatànu" e, per completare il discorso, mio padre Gino aveva aggiunto "a to nònnu Tàatanu c' piacìv'nu assài sti còsi". Tutto era finito in quelle poche parole e dopo aver letto la scritta dietro la medaglia, diventata più nitida con una lucidata, l'avevo riposta tra le mie (poche) medaglie sportive. Ebbene, quando meno te l'aspetti, come dicevo prima, un amico su facebook pubblica la foto in alto. Il mio amico prof. Marco Incalcaterra dalla sua immensa bibloteca "piazzese" ha tirato fuori il libretto della PRIMA ESPOSIZIONE CIRCONDARIALE svoltasi a Piazza Armerina nel 1924. Nel libretto vengono elencate tutte le PICCOLE INDUSTRIE e GLI ARTIGIANI che vi presero parte. Infatti, a pagina 32 al n. 19 dell'elenco troviamo <<Gaetano Marino Albanese>> che espone <<armadio con tre specchi, toletta cassettone, tutto in noce>>. È la conferma che mio nonno materno aveva partecipato all'esposizione con i 3 mobili che si trovano nella foto in basso tratta sempre dal libretto (a sx il cassettone e la toletta e a dx l'armadio a tre specchi). Ecco a cosa si riferiva la scritta sul retro della medaglia in argento, che vi mostrerò nel prossimo post dedicato alla "scoperta" riguardante le opere artigianali di mio nonno Tatano Ciucciuledda u fal'gnàm', di cui ho già parlato in 5 post "Gaetano Marino Albanese" e in "1913 Pàngh amàr" raccolti nella categoria Poeti e Poesie, in quelli "1925 I Commercianti a Piazza/3" e I Commercianti a Piazza/4 e I Commercianti a Piazza/11 nella categoria Personaggi e in "Mobili artigianali ed emozioni eterni" nella categoria Artigiani di questo sito. (continua)

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Le vie di Piazza/A

Vista dall'alto dell'antico quartiere Monte nei pressi della prima Chiesa Madre, San Martino di Tours

Da oggi inizio ad elencare tutte le strade di Piazza Armerina, con scritto accanto da dove iniziano sin dove arrivano, per meglio localizzarle. Lo scopo principale è quello di far conoscere ai Piazzesi e non il nome sia delle strade conosciute, sia delle tante sconosciute ai più e con nomi particolari. Ogni post elencherà le vie in ordine alfabetico e, per quanto possibile, è stato messo a chi è stata intitolata. Probabilmente ne mancherà qualcuna creata e intitolata di recente che può essere sfuggita, per queste si accettano segnalazioni che verranno immediatamente aggiunte. Spero che risulti interessante, come è stato per me.

A

Via ABATE GAETANO, (musicista) da via Carmelo Giarrizzo a c/da Domartino
Vico ABISSO, da via Emma a via Giusto
C.le AGIRA, nella via F. De Roberto
Vico AGRIGENTO, nella via Fasullo
Via AGUGLIA, (famiglia) da vico Scalo a via Ortalizio
Via AIDONE, (famiglia) da via Machiavelli a c/da Cicciona
Via ALBERTI, (famiglia) da via Cappella S. Giuseppe a via Scalazza Salvatore
Via ALEARDI ALEARDO, (poeta) da via Carducci a c/da Scarante
Via ALESSANDRO, (dr. Pasquale, cons. com. 1861) da via Mazzini a via Garibaldi
C.le ALEOTTA, (not. Aleotti Felice 1838) nella via Garibaldi
Via Mons. ALESSI, da via F. Petrarca a c/da S. Croce
Via ALFIERI VITTORIO, (scrittore) da viale Conte Ruggero (ex viale Gen. Gaeta) a c/da Aldovino
Via ALTACURA, (ex via Conte Ruggero) da via G. Matteotti a via La Pergola
Via AMELIO, da piazza Vignazza a c/da Domartino
Via AMENDOLA GIORGIO, (politico) da via V. Alfieri a via Maestro Rolando ex c/da Aldovino
Via ANZALDI, da via V. Emanuele a via Lo Re
Via AQUILADORO, da Piazza Gen. Cascino a vico Tagnese
Piano ARCURIO, (famiglia) da via Itria a via A. Golino
C.le ARENA, (Giuseppe e Vincenzo, caduti 2^ G.M.) da discesa Martello a via Itria

Via ARENA ANTONINO, (avvocato) da via G. Amendola a via A. Balbo
Via ARENA FILIPPO, (gesuita) da via N. Bixio a via Maestro Orlando ex c/da Aldovino
Via ARIOSTO LUDOVICO, (poeta) da via Machiavelli a c/da Cicciona
Via AUGUSTA, da via G. Abate a c/da Cicciona
Via AVOLA, nella via Ortalizio
Vico AZZOLINA, (famiglia) da via S. Principato a via Salita Calvario

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Edicola n. 45

Con l'Edicola Votiva n. 45 iniziamo ad elencare la serie di edicole che si trovano lungo la strada che porta alla chiesa di Piazza Vecchia. Ogni anno questa strada viene percorsa dai pellegrini almeno per due volte. La prima volta, quando la domenica precedente al 3 di maggio si preleva il fercolo della Madonna di Piazza Vecchia per portarlo, attraverso le vie di Piazza, nella chiesa degli Angeli Custodi al Monte. La seconda, quando per il tre di maggio lo si riaccompagna, sempre in processione, all'eremo che un tempo si credeva fosse il sito dell'antica Piazza. Lungo il percorso si incontra quella che è ritenuta l'Edicola Votiva principale, la chiesetta della Madonna dell'Indirizzo (perché indicava ai pellegrini la strada verso il luogo del ritrovamento e, quindi, del culto). Ma, appunto perché chiesetta, è stata compresa tra le 100 chiese della Città e non tra le numerose Edicole Votive. Ricordiamo che tutto ebbe inizio nel 1348, quando al sacerdote Giovanni Candilia, che si era trasferito nella sua campagna limitrofa alle pertinenze della chiesetta-eremo di S. Maria (di Piazza la Vecchia), per evitare il contagio della peste che imperversava in paese, gli apparve la Madonna che rivela il luogo esatto dove era stato sepolto il Vessillo del conte Ruggero I d'Altavilla nel 1161. Il Vessillo, raffigurante la Madonna con Bambino, fu nascosto quando in quell'anno gli abitanti del borgo di contrada Rambaldo, furono costretti a fuggire per la distruzione del loro borgo (assieme a tanti altri borghi lombardi ribelli) voluta dal re Guglielmo I il Malo per punire l'insurrezione verso la sua politica permissiva verso gli Arabi e i Greci. Fu proprio il 3 maggio del 1348 che, dopo lo scavo, fu ritrovato il Vessillo che gli abitanti del borgo Rambaldo avevano conservato in un'arca di cipresso. Il Vessillo in un primo momento fu custodito nella chiesa madre di quel periodo, ovvero la chiesa di San Martino, successivamente presso la nuova chiesa madre di Santa Maria Maggiore che, secoli dopo e con grandi lavori di ampliamento, grazie ai proventi dell'eredità del barone Marco Trigona, divenne il Duomo e Cattedrale di Maria SS. delle Vittorie. Dall'anno successivo i credenti piazzesi iniziarono nel mese di maggio a percorrere il tratto di mulattiera che separava il paese dal luogo del ritrovamento e il 15 agosto successivo fu svolta la prima festa dell'Assunzione in onore della Patrona. L'edicola nella foto è la prima che si trova salendo a sinistra e come si può ben vedere è tenuta benissimo, con vasi e fiori su un piccolo altare, piante rigogliose e l'immancabile quadro della Madonna che riproduce quello custodito nella chiesetta di Piazza Vecchia. Complimenti alla famiglia, che ho saputo chiamarsi Accardi, che la cura e l'abbellisce sempre più.

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Poveri boschi e poveri noi

Questa è la foto di uno dei tanti grandi incendi che ogni anno divampano nel territorio di Piazza. Questa volta, in agosto, il fuoco è stato così violento, disteso e intenso che il fumo ha coperto il sole come un'eclisse per l'intero pomeriggio, e sino a tarda sera si sentiva l'odore acre e fastidioso. Queste immagini le avevo viste soltanto nei film catastrofici, ma anche noi, nella nostra realtà, non scherziamo. Ogni anno la solita storia: c'è chi si "impegna" ad accenderli e chi fa altrettanto a spegnerli. Nel frattempo vanno in fumo centinaia e centinaia di ettari di alberi e quindi parte della nostra esistenza. Mi sa tanto che, continuando così, il polmone verde durerà poco, molto poco.

Brusgiànn i bòschi…

Ma cu su sti tìpi lòschi
ch’ ntò càud, brùsg’nu i bòschi?
Diàvi su! Ch’ n'ogn sèrra,
scaèn’nu u ‘nfèrn ‘n tèrra.

Unn’era u sciör e u vérd tèn’r
rèsta carböngh e zzèn’r.
E pöi ggh vònu tant’anni,
p’avér arbi arréra rànni.

Còrpi v’vènti su, e fèrmi,
e p’ reagì nan ggh’anu armi;
ma s’u putèss’nu fè,
ne fasgèss’nu scappè…

E ddi pòv’ri pumpèri,
ch’ cörr’nu vuluntéri,
rìs’ch’nu cu sti travàgghi
d’èss röstùi còm i cunìgghi.

Savènn cu r’mbòsc’mènt
è d’ l’àriu u r’fòrn’mènt,
sìddu u fasgiöma brusgiè,
tutti putöma cubè.

S’ maltrattöma a natùra,
n’avöma sp’ttè a sciagùra:
allùviöi, bufèri e fràni
su frequènti 'n sti zòni.

Auménta a t’mp’ratùra
e a tèrra va ‘n malùra.
S’àda f’rmè sta t’ndènza
p’a nòstra sòvravv’vènza.

A càsa d' tutti è a natùra
e ognedùngh n'ada aver cùra.

Ié nan söi qual su i movènti
p’ brusgè i r’mbòsch’mènti,
ma s’ v’ tucchè a cuscénza,
nan fasgè ciù sta sc’mènza.

R. S., agosto 2016

Traduzione
Bruciando i boschi…

Chi sono questi tipi loschi
che col caldo bruciano i boschi?
Diavoli sono! E in ogni serra
scatenano l’inferno in terra.

Delle  piante con foglie tenere,
resta adesso carbone e cenere;
e annate ce ne vorran tante,
per aver così grandi piante.

Corpi viventi sono, e fermi
e per reagire non hanno armi;
ma se lo potessero fare,
non li farebbero scappare…

E quei poveri pompieri
che partono volentieri,
corrono col fuoco i perigli
d’essere arsi come i conigli.

Sapendo che il rimboschimento
è dell’aria il rifornimento,
se lo facciamo bruciare,
tutti possiamo soffocare.

Maltrattando la natura,
ci si aspetta la sciagura:
alluvioni, bufere e frane
sono più frequenti in tante zone.

Se il termometro sale ancora,
la nostra terra andrà in malora.
Si dovrà fermar la tendenza
per la nostra sopravvivenza.

Casa di tutti è la natura
e ognuno deve averne cura.

Non so quali è sono i moventi
per bruciare i rimboschimenti,
ma se vi toccate la coscienza,
non farete più questa scemenza.
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Ex ospedale "Chiello" oggi Episcopio

La nuova sede dell'Episcopio nell'edificio dell'ex Ospedale "Chiello" al Monte

La “storia” del nuovo Episcopio, della nuova Curia e della casa del Clero inizia nel 2004 quando la diocesi, avendo il diritto di prelazione, chiese di poter acquistare l’immobile dell’ex ospedale Chiello per destinarlo a Curia diocesana, vescovado e casa canonica per gli addetti ai servizi di Curia e della Cattedrale. Infatti i locali nei quali da sempre era stato “ospitato” l’Episcopio e la Curia, essendo destinati a Seminario, non erano più idonei ad accogliere le accresciute esigenze istituzionali della diocesi. L’acquisto ha riguardato sia il seicentesco convento francescano, confiscato alla Chiesa con le cosiddette “leggi eversive” del 1866, sia la parte costruita successivamente su un’area di proprietà della fabbriceria della Cattedrale, donata nel 1950 in enfiteusi all’allora ospedale “Chiello”, e il valore dell’intero immobile fu fissato dall’Assessorato Regionale al Bilancio a unmilioneduecentocinquantamila euro. Per potere affrontare la spesa il vescovo mons. Pennisi aveva inoltrato una richiesta di contributo alla Cei già nel 2006 ricevendone una risposta affermativa. Il 13 gennaio 2009, avvenne la firma tra la diocesi di Piazza Armerina, rappresentata dal vescovo mons. Michele Pennisi e l’Ausl n. 4 di Enna, rappresentata dal direttore generale dr. Francesco Iudica del preliminare di compravendita.
Il 5 febbraio 2009, la Conferenza Episcopale italiana, per mezzo del suo presidente il cardinale Angelo Bagnasco emanò il decreto di un finanziamento per complessivi 983.000,00 euro con i fondi dell’8 x 1000 dell’anno finanziario 2006 per l’acquisto dell’intero immobile, mentre il contributo per la ristrutturazione con fondi dell’anno finanziario 2007. La diocesi aveva già anticipato la somma di 100 mila euro, e per arrivare a coprire l’intera cifra per l’acquisto (1.377.240,00), accese un mutuo. Il 16 luglio 2009 l’ex convento S. Francesco ed ex ospedale Chiello divenne proprietà della diocesi di Piazza Armerina, con la stipula dell’atto di vendita presso il Notaio Maria Antoniani di Gela per l’importo di 1.377.240,00 euro più le spese notarili, la tassa di registro, le spese amministrative e tecniche. Si concluse così un lungo iter, iniziato nel 2004, che ha visto l’immobile tornare alla funzione originaria per la quale era stato ideato e costruito, anche se non sarà abitato dai frati francescani. Il 6 marzo del 2011, avvenne la presentazione del progetto, redatto dall’arch. Francesco La Morella e dall’ing. Maurizio Marino, e l’inizio dei lavori di restauro dell’antico edificio. Lo stato dell’edificio non presentava particolari dissesti, mentre versava in cattive condizioni il sistema della copertura e uno stato generale di obsolescenza e di degrado da imputare sia all’inesorabile vetustà dei materiali e, dal 2000 quando è andato in disuso, all’assenza d’interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché ad atti vandalici. Gli interventi significativi del progetto hanno riguardato: – Al piano terra la sistemazione di tutti gli Uffici di Curia: una serie di ambienti da destinare alle varie funzioni amministrative; lo studio del Vescovo, del segretario, una saletta riunioni, il tribunale ecclesiastico, la cancelleria con annessi archivio storico e quello corrente, l’alloggio del custode. – Al primo piano la sistemazione della Casa del Clero, composta da appartamenti (monolocali e bilocali) con una cucina comune ed un locale lavanderia-stireria. – Il primo piano ospita anche l’Episcopio così formato: appartamento privato del Vescovo, cappella, due camere, sala soggiorno-pranzo con annessa cucina. Il chiostro e il convento saranno restaurati successivamente con un altro progetto che si sta predisponendo per un ulteriore finanziamento. Il convento dei francescani conventuali di Piazza Armerina sembra sia stato fondato dopo il 1392, quando i frati furono costretti a lasciare il loro convento precedente per consentire al suo posto la costruzione del nuovo castello reale (l’attuale Castello Aragonese). I conventuali vennero indennizzati con l’assegnazione di alcuni proventi, nonché dell’area e delle fabbriche del vecchio “Castrum Regine”, posto nell’estremità settentrionale del colle Mira a guardia della sottostante valle Rocca e della Castellina. Nel 1580 la famiglia francescana era composta da quattro sacerdoti, due diaconi e tre novizi. Scrive lo storico locale Alceste Roccella: “Dal 1605 al 1644 per zelo del Guardiano Padre Maestro Ludovico Bonaccolti nobile piazzese fu dalla parte australe del cenobio costruito il maestoso tempio col sontuoso campanile che tuttora si vedono e l’antica chiesa [l’autore si riferisce alla chiesetta del Castrum lasciata all’interno del convento] fu convertita in sacrestia e nella parte soprastante in dormitorio. Nella parte occidentale allargato il convento, fu decorato da vasto peristilio con belle colonne di pietra silicea e vasto serbatoio di acqua nel centro”. Se ne può dunque dedurre che, durante la seconda metà del ‘600, viene realizzato l’impianto planimetrico del convento. Un’importante attività di ampliamento del convento è rappresentata dalla lunga manica settentrionale che prospetta sulla Via Cavour, costruita probabilmente alla fine del secolo XVII. Nel secolo successivo, invece, viene costruita la facciata della chiesa che il vescovo piazzese Matteo Trigona inaugura nel 1742 (come si ricava da una iscrizione posta accanto alla porta). Nel 1866, a causa della soppressione delle Corporazioni religiose, il convento viene assegnato al Comune che lo trasforma a sede dell’Ospedale civico “M. Chiello e Vespasiano Trigona” (1870). Con i lavori di adeguamento a struttura ospedaliera l’intero edificio subisce radicali ed estese modifiche e adattamenti: gli antichi ambienti vengono sconvolti da diversi e pesanti ristrutturazioni e sopraelevazioni. L’ospedale “Michele Chiello”, ciononostante, non è in grado di garantire un’adeguata offerta ospedaliera. Già alla fine degli anni Settanta i locali risultano insufficienti e inadatti ad ospitare nuovi e più moderni servizi sanitari e, nel biennio 1998-2000, viene trasferito nella nuova struttura nosocomiale costruita a nord della città. Il complesso edilizio cade in disuso ed è sottoposto, soprattutto l’ex convento, ad un lento e progressivo degrado che si aggrava nel luglio 2005 quando un atto vandalico sottrae quattro capitelli, danneggiando le colonne monolitiche e le volte di copertura dei portici del chiostro. Alla fine del mese di febbraio 2014 la ditta Impresa ESSE I s.r.l. di Regalbuto consegnava l’edificio. Alla fine del mese di gennaio 2015 è avvenuto il trasferimento dell’Episcopio e della Curia Vescovile dagli storici locali di via La Bella nel nuovo Episcopio di piano Fedele Calarco 1, attiguo alla Cattedrale e al Museo diocesano. (Tratto dalla pagina web DIOCESI DI PIAZZA ARMERINA)

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Edicola n. 44

Questa è l'Edicola Votiva n. 44 ed è situata sotto l'Arco Pistoia. Non so quanti piazzesi sappiano che esiste questa via, questo arco, nel quartiere Canali, io sino a qualche mese fa ero tra quelli all'oscuro dell'esistenza. Per darvi qualche elemento in più per localizzarla, vi dico che è una parallela a sx della via Itria salendo dai Canali. L'Arco Pistoia si trova tra il dedalo di viuzze che caratterizzano uno dei quattro quartieri più antichi della Città, e se non fosse stato un mio amico a indicarmi questa Edicola, io non l'avrei potuta censire e quindi proporvela. Lo sportello in ferro è chiuso col lucchetto e custodisce due statuette in gesso. Quella a dx più visibile "grazie" al vetro opaco in frantumi è della Madonna a mani giunte, quella a sx si intuisce che è di San Giuseppe. Probabilmente ci sarà al centro in basso pure quella di Gesù Bambino. Nel tempo il muro che l'accoglie ha avuto diverse fasi di restauro, ma vi assicuro che il luogo molto appartato e tipico dei centri storici è molto suggestivo e particolare. Mi piacerebbe sapere qualcosa in più sulle motivazioni che hanno spinto il "canalaro" a costruirla proprio in quel luogo decisamente "al riparo" da occhi indiscreti. 

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