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I cartelli

 
 
Altro gioco della nostra infanzia era quello che chiamavamo I CARTELLI. Intanto occorreva procurarsele e il mezzo più comune era quello di acquistarle confezionate in bustine nell'edicola in Piazza Garibaldi o nei vari tabacchini, al costo di 10 o 20 Lire, quando c'erano! L'altro mezzo, meno comune e, al dire il vero, un po' pericoloso era quello di fare BÙRG. Questo metodo illegale era usato dai ragazzi "discoli" un po' più grandi che, assistendo giocare i più piccoli, decidevano di impossessarsi delle cartelle in gioco senza chiedere permesso, al solo grido "A bùrg", arraffando il più possibile. Il termine bùrg nella nostra lingua gallo-italica vuol dire mucchio, quindi chi gridava quel termine dava l'assalto al mucchio di cartelle che si erano accumulate. L'acquisto delle cartelle consentiva di fare le raccolte, ovvero di incollarle negli album per completarli il più possibile, per poi ottenere qualche premio come quello indetto dalla FERRERO (i premi in genere erano matite a colori, astucci, penne, righe). Per questo motivo occorreva scambiare i propri doppioni con quelli degli altri, sperando di trovarli, ma era raro che qualcuno completasse la serie. Quando si mostravano le cartelle il compagno che le visionava indicava "ce l'ho, ce l'ho" oppure "non ce l'ho" quindi poteva essere scambiata. Oltre allo scambio si provava a vincerle in vari modi. Il più semplice era quello di appoggiare la figurina al muro e lasciarla andare cercando di farla cadere su una di quelle già sul terreno. Se ciò accadeva si vincevano tutte le figurine che a poco a poco si erano già posate. Un altro, più complicato, era quello di far capovolgere il mazzetto in palio con lo spostamento d'aria procurato o dalla battuta del palmo della mano o dal soffio con la bocca. Il grado di "ricchezza", di "bravura" o di "spregiudicatezza" era indicato dal mazzo di figurine che si mostrava ai compagni ogniqualvolta ci si riuniva, dopo i compiti, pa stràta o no curt'cchiu. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

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