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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Famiglia Cagno

Stemma Cagno¹ nel palazzo di via Marconi
 
La famiglia Cagno, di origine lombarda, risulta presente a Plasia già nel 1237 ca. Nel 1401 si registra Lorenzo de Cagno, 1479 don Arrigo Cagno arcidiacono (alias luogotenente del Vescovo) di Plasia, 1520 Archita de Cagno è iscritto alla Mastra Nobile, 1541/1555 Giulia Cagno è monaca nel monastero delle Benedettine di S. Agata ed è insignita di santità dal Vescovo di Catania. 1557 don Vincenzo di Cagno è Cappellano e Nicola de Cagno è giurato e il suo nome si trova inciso in un piccolo stemma a sx del portareliquie in argento del XVI sec., proveniente dalla chiesa di S. Andrea, mentre a dx è inciso un altro stemma col nome della moglie, Camilla Trigona. 1562 il nobile frate francescano Girolamo Cagno costruisce il cappellone e le cappelle a sud della chiesa di S. Pietro, 1571 Francesco Cagno filosofo, medico, poeta e storico (esiste un suo volume di filosofia del 1541 nella biblioteca comunale), 1584 Blasco de Cagno si sposa con donna Epifania Crescimanno, 1598 le sorelle Elisabetta e Grazia Cagno appartengono al Terz'Ordine Francescano Secolare e sono amiche della famiglia della Serva di Dio suora del Terz'Ordine Francescano Arcangela Tirdera. 1598 Francesco Cagno è il cancelliere soprintendente ai pagamenti dei lavori per la nuova Chiesa Madre, 1607 don Giovanni Andrea Cagno è il preposito che firma l'atto di demolizione del Vescovado, per ampliare la fabbrica della nuova Chiesa Madre. 1610 Gerolamo Gaetano Cagno e, nel 1648, Carlo Cagno sono membri della Compagnia di Gesù. 1651 Tomaso e 1736 Baldassare Cagno sono Padri Teatini, 1655 Anna Maria Cagno è suora nel Monastero di S. Anna, 1752 donna Liboria Trigona e Cagno è baronessa di Montagna della Donna e proprietaria di terre nelle contrade Giacchino e Cannata. 1759 Maria Crocifissa Cagno è badessa del Monastero di S. Giovanni Evangelista e costruendovi il dormitorio, ormai in rovina, lo riedifica a due piani. 1778 Grazia Cagno è proprietaria di terreni a Torre di Pietro e Serracollo. 1816 il dottor Giovanni Cagno e Giuseppe Cagno sono consulenti urbani (consiglieri comunali). Sino ai primi dell'Ottocento nell'odierna via Roma esisteva una casa privata di proprietà dei coniugi Innocenzio Bonifazio e Maria Cagno denominata "Hospitio vocato della Nunciata". La famiglia Cagno, dopo quelle dei Tirdera e dei Miccichè, di cui esiste ancora lo stemma in alto sull'arco, fu la titolare della IV cappella a dx della chiesa di S. Pietro, Pantheon della Città. Oltre allo stemma nella foto, ne esiste un altro inerente a questa famiglia. Si trova in piazza Garibaldi/piazzetta Fundrò, proprio sopra l'entrata dell'odierno Caffè del Centro. È uno stemma tondo diviso in due parti, nella sx è inciso un cane con corona, nella dx lo stemma della famiglia Villanova, probabilmente le antiche famiglie proprietarie dell'edifico nel XVI secolo, prima della famiglia Tirdera. Dopo quest'ultima l'edificio passò al Comune, che poi lo concesse ai monaci Benedettini Cassinesi, provenienti dal borgo Fundrò nel 1612.
 
¹ Alla fine del 2017, consultando il manoscritto Storia di Piazza Famiglie nobili dell'avvocato Alceste Roccella (1827-1908), alla voce "n. 23 Cagno", a proposito del blasone di questa nobile famiglia, si legge "Il blasone di questa famiglia consistea in uno scudo a fondo bianco con una fascia rossa trasversale nel mezzo e nella parte superiore era una stella aurata e nella parte sottostante un cane. La casa baronale de Cagno era nella strada Crivisaria oggi Garibaldi e confinava col soppresso convento dei benedettini fino la via Sette Cantoni". Pertanto, senza alcun dubbio il palazzo è quello con lo stemma nella foto, ma lo stemma non è bipartito assieme a quello dei Trigona nella parte alta, ma è lo stemma esclusivo della famiglia Cagno, senza altre famiglie.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it    

 

1781 Turisti tra leggende e verità

Piano Teatini oggi
Un turista eccellente della fine del Settecento ci parla di quello che aveva visto nell'allora Piano Teatini e, a tal proposito, mi sembra opportuno riportare la traduzione dal Calendàri fait ad â ciaccësa di Lucia Todaro dal titolo
"L'égua û görgh nër"
"L'acqua del Gorgo Nero"
 
Il Gorgo Nero era una grande sorgente nel Piano dei Teatini, di acqua nera con la puzza di zolfo. Prima c'era un bosco, la sorgente (chiamata il Vico) e una piccola cappella col dipinto della Madonna, chiamata La Madonna del Gorgo Nero...; poi, negli anni, il bosco sparì, fu costruita una chiesa più grande che col tempo divenne quella dei Teatini; nel piano rimase una croce, sopra un cumulo di pietre. La fontana, dopo, fu sotterrata da sterro. Questa acqua, insieme a quella delle altre due, lì vicino, nei tempi, erano cercate dalle donne per tanti motivi. Se c'era da vedere tra due persone chi diceva la verità e chi no... si gettavano nell'acqua due pezzi di carta: quello che restava a galla era di quello che diceva la verità. E poi l'acqua puzzolente faceva vedere come era composta una donna: se con la puzza dello zolfo... si sconcertava... voleva dire che aveva perduto... l'onore; se era in stato interessante, si sconvolgeva tutta e non poteva più aver figli. L'acqua delle altre due fontane (una era nei pressi della porta di S. Giovanni Battista) faceva questo effetto: se si beveva in una, si diventava fertili, se si beveva nell'altra... subito... si diventava sterili !  

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

 

Domenicani a Piazza, le prime scuole

Oggi 1 Febbraio, tra i Santi che si celebrano ce n'è uno che a Piazza portò l'Ordine dei Domenicani, il Beato Reginaldo d’Orleans. Nato in Francia nel 1180 diventa collaboratore di S. Domenico e in Sicilia, nel 1218, ottiene il preciso impegno dai Magistrati Urbani di Messina, Siracusa e Placia¹, di avere la concessione di chiese con pertinenze terriere e la costruzione dei locali da destinare ai Monaci Domenicani chiamati anche Padri Predicatori. Questi costruiscono nella nostra Città il loro Convento, un anno dopo la morte di S. Domenico di Guzmàn (1221) dove oggi c’è il Vescovado e il Seminario. Quello di Placia è il secondo convento ad essere fondato dopo quello di Messina e prima di quello di Augusta (ex Xifonia). Nel convento ha sede il primo istituto ad essere aperto sia ai religiosi che ai laici, lo Studio Pubblico, che cura l’istruzione successiva alla Scuola Urbana². I giovani più dotati vengono inviati a conseguire la laurea presso gli “Studi Generali” di Napoli, Bologna e Padova. Nella zona donata dal Magistrato Urbano all’Ordine Domenicano, esiste già la chiesetta della Madonna delle Grazie, un dismesso ospizio, il bosco della Tachùra, nonché i “calcinari o conzerie” lungo il torrente Tacùra. Alla fine del '200 il convento/ospizio verrà ingrandito e allo stesso tempo si darà inizio alla costruzione di una nuova chiesa dedicata a S. Domenico e alla Madonna del Rosario. La piccola chiesa della Madonna delle Grazie verrà compresa nel peristilio del cenobio, rimanendo aperta al culto col nome del domenicano S. Pietro Rosini Martire da Verona (1203-1252), primo martire dell’Ordine Domenicano e compatrono di Napoli, inquisitore contro gli eretici, ucciso da questi mentre era in viaggio per Milano (nella foto l'ingresso alla chiesetta).
 
¹ Come si chiamava Piazza in quel periodo.
² Questa Scuola Urbana era stata insediata nel nuovo centro abitato sin dal 1163 per curare l'istruzione ai religiosi e a qualche nobile laico. La Scuola, diretta da un Arcidiacono, fu voluta dal Vescovo della Diocesi di Catania, a cui apparteneva la chiesa di Sant'Agata proprietaria del nuovo sito su cui era stato eretto il nuovo centro abitato di Placia. In questo modo l'istruzione fu aperta anche ai laici, perché i Normanni consideravano l'istruzione una problematica riservata esclusivamente ai religiosi delle tre etnie presenti in Sicilia, araba, greca e latina. Da considerare che sino ad allora, il centro abitato precedente di Anaor, sul Monte Naone, ricadeva, invece, nel territorio della Diocesi di Siracusa. Successivamente, nel 1332, sarà aperto un altro Studio Pubblico dai Carmelitani quando si trasferiranno dalla sede al Monte nella nuova sul Colle dell'Altacura, nei locali della Commenda lasciata libera dai Cavalieri Crociati Teutonici trasferitisi nel Nord-Est europeo.  
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Porte della Città/dei Catalani

Via Porta Catalano
 
Siamo arrivati alla quinta porta della Città, Porta dei Catalani o Catalana, oggi nei pressi di via Porta Catalano. Dalla Porta dell'Ospedale ci si arriva percorrendo tutta la via Roma (dalla chiesa di S. Barbara a salire prima chiamata Strada dell'Ospedale), arrivati in piazza Garibaldi subito a sx per Largo Capodarso (u Chianu Barun), via Mendozza, via Stradonello, via Porta Catalano. Si percorrono ca. 400 metri, che erano la lunghezza delle mura verso la valle, poi sito del quartiere Canali. Questo quartiere iniziò a essere popolato dal 1396, quando accolse gli abitanti scampati alla morte, dalla distruzione dei due casali Gatta (a pochi chilometri da Mirabella Imbaccari) e Polino (6 Km. ca. a Nord-Ovest da Piazza) ad opera del duca Martino I d'Aragona il Vecchio (1356-1410). In questo periodo il quartiere Canali già era abitato da famiglie di Ebrei che formavano la Giudecca, in fondo al borgo, anch'esso in costruzione, chiamato di S. Maria dell'Itria (gli Ebrei rimarranno per circa un secolo perché verranno espulsi nel 1492). Alla porta venne dato il nome di Catalana perché, proprio in quella zona della nostra Città, che allora era chiamata oltre che Plaza anche Terra Platie, esisteva dal 1383 ca. una nutrita colonia di gente proveniente dalla Catalogna col relativo consolato, l'unico della Sicilia interna. E' bene ricordare che la Sicilia era sotto dominio Spagnolo-Aragonese ormai da un secolo, pertanto era normale che popolazioni spagnole attraversassero il Mediterraneo in cerca di miglior fortuna, in terre sotto il loro dominio. Per circa tre secoli la porta Catalana era una delle due (in una pianta della Città del 1689 ne ho individuata una terza) aperte nelle mura, che cingevano il Monte dalla parte Sud-Ovest. Questa parte di Città insieme al Borgo Vecchio o Castellina, formavano la Città Vecchia, tutto il resto era fuori le mura, che si potevano oltrepassare solo durante il giorno perché la sera, all'imbrunire, venivano serrate. La porta successiva, sempre in senso orario, si trovava percorrendo altri 400 metri, sino ad arrivare a due passi da quella che sino al 1300 era la Chiesa Madre, la Chiesa di San Martino di Tours, protettore dei Normanni.
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