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Cronarmerina - Ottobre 2017

Piazza sulle carte geografiche

Volume con le 143 carte geografiche della Collezione Antonio LA GUMINA

Particolare della carta geografica di Giacomo CANTELLI da Vignola, 1682

A me è capitato che ogni volta che mi sono trovato davanti a una carta geografica della Sicilia, non importa se antica o moderna, l’occhio sia caduto sempre al centro, alla ricerca del nome della nostra Città. In questi giorni ho avuto la possibilità di osservare non una o due antiche cartine geografiche, bensì 143. Sono le Cartes Geographiques raccolte nella collezione di Antonio LA GUMINA, un palermitano di 87 anni da 56 anni a Parigi, Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana e Chevalier de la Légion d’Honneu. Grazie alla disponibilità dell’amico Vittoriano Mangano ho potuto avere tra le mani il prezioso volume (foto in alto), prezioso anche perché non in commercio, di 191 pagine AA. VV. , L’ILE AUX TROIS POINTES Cartes de la Sicile de la collection La Gumina (XVI – XIX siècle), REGIONE SICILIANA ASSESSORATO BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, PALERMO II edizione 2003, scritta in francese e fuori commercio. Il volume racchiude le stampe di 143 carte geografiche, le cui misure reali variano da quella del 1580 di 8,6 x 13,2 cm a quella di inizio XIX secolo di 168 x 105 cm, esposte al Musée Paul-Dupuy di Tolosa nell’ottobre/novembre 2003. La mostra già era stata a New York nel 1999, a Parigi nel 2000 e a Bruxelles nel 2001. Nel luglio del 2016 l’abbiamo avuta anche a Catania alle Ciminiere. L’uso di una valida lente d’ingrandimento e di un’altrettanta dose di pazienza, mi ha consentito di individuare più o meno facilmente i nomi riportati al centro delle cartine, dove ho trovato nomi che si riferiscono ai nostri luoghi che già sapevo e altri del tutto nuovi. Le 143 cartine sono di 110 autori che hanno tracciato i nomi delle località dal 1478 al 1860, compresi quelli (SICILIAE Veteris Typus) che si ritenevano, basandosi sui toponimi che gli specialisti in topografia antica avevano trovato nelle varie fonti, fossero prima dell’arrivo e ai tempi dei Greci, dei Romani, dei Bizantini, degli Arabi, dei Normanni e degli Aragonesi. Come in quella di Guillaume Delisle appartenente alla Regia Scientiarum Academia de Parisiis, Siciliae Antiquae quae et Sicania et Trinacria dicta Tabula Geographica del 1714, dove troviamo nella Sicilia Sud Orientale le 3 Hibla della tesi del grammatico greco Stefano Bizantino vissuto nel VI secolo d.C. che è riassunta nelle righe di P. Wesseling a p. 38 del libro di L. Villari STORIA DELLA CITTA’ DI PIAZZA ARMERINA, ROMA 2013: Hybla Major, Hibla Parva, Hybla Heraea. Dopo l’attenta osservazione di tutte le carte, ho riscontrato i nomi riguardanti il nostro centro abitato in ben 91 ed eccovi i risultati.    
Sino al 1584 (C. Tolomeo) troviamo l’antico nome di Hybla (in questo caso persino con l’icona di centro abitato) nel sito dove poi ci sarà sempre localizzato il monte Naone; dal 1545 (G. Castaldi) troviamo Plazza. In quella del 1589 (G. Mercator) c’è la distinzione tra Plazza vet (vetera) e Plazza no (nova) ed è segnato, per la prima volta e ripetendosi in quasi tutte le successive, il monte Naunis o Nauno colo (1607), Nauniscolle (1620), Naunocolle (1657), Colle Nauno (1682). Nel 1635 ca. troviamo per la prima volta la distinzione tra Plazza vetus, Platio novo e Naunis, subito dopo Platia vetere, Platia nuovo e Naunis. Nel 1657, Platia Vecchia, Piazza Nuova, Nauno colo. Nel 1659, Augustin Lubin, segnando la Provincia Regni Siciliae Ord. S. Augustini, chiama il nostro centro abitato Platiensis. In alcune i nomi appaiono Plazza vet (vetera, vecchia), semplicemente no (nova, nuova) e sempre Naunis. Nel 1682, Giacomo Cantelli da Vignola segna per la prima volta PIAZZA (foto in basso) distinta da Piazza Vecchia e Colle Nauno. Nel 1722, Nicolas de Fer scrive un’altra versione: Palatio Vecchio, Palatio Nuovo e Nauno colle, mentre nel 1745 ca., Matthia Seutter et Matthias Jr. Seutter segnano nella loro carta PIAZZA, Piazza Vecchio, Nauni Monte e S. Andrea di Piazza Priorato, distinzione che rimarrà sino al 1791 con Franz Johann Joseph von Reilly: Piazza, Piazza Vecchio, Nauni Berg e S. Andrea di Piazza. Dal 1799 in Robert Mylne e poi in Francesco Ferrara, nell’Officio Topografico di Napoli, in Orgiazzi e nel 1823 in W.H. Smyth, troviamo soltanto PIAZZA e M. Nauni. Le conclusioni alla fine di questo “reportage” sono che prima il toponimo Piazza Armerina, località al centro della Sicilia, era indicato sulle carte geografiche con Hybla, poi si passò da Plazza a Plazza no (nova), successivamente da Platio novo a Platia nuovo a Piazza Nuova a Palatio Nuovo, sino ad arrivare a quelle che riportano solamente Piazza. Nelle 19 carte geografiche su cui erano stati riportati i toponimi ricavati da fonti antiche (Veteris Typus) troviamo Plutia in quella del 1584 di A. Ortelius e in quella del 1630 di J. Jansson, Piacus (?) in quella del 1714 di G. Delisle e Platia Blatea Platea e Placia in quella del 1842 di G. Capozzo. Pertanto, alle 22 varianti del nome della nostra Città dal 1122 al 1862 del mio personale elenco, devo aggiungerne altre 6: Hybla, Plazza no (nova), Platio novo, Platia nuovo, Piazza Nuova e Palatio Nuovo.    
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I sellai a Piazza

Un sellaio (badeddàru) al lavoro

Sellai a Piazza
Come ho spiegato nei due post 1700 - Mezzi di trasporto turisti e non e 1800 - Mezzi di trasporto turisti e non prima dell'avvento e diffusione dell'automobile si usavano le cavalcature (asini, muli, raramente cavalli) e le lettighe per gli spostamenti e, ovviamente, anche per i lavori nell'agricoltura che rappresentava, sino alla metà degli anni '50, l'attività economica più importante delle nostre zone. Pertanto, erano diffuse le attività artigianali concernenti la manutenzione del mezzo di locomozione e trasporto come i 'nferrascècchi (i maniscalchi che, assieme ai fabbri, avevano a Piazza anche un Sodalizio) o i staffèri-sèrvi (gli staffieri-servitori che anche loro erano riuniti in un Soladlizio). Anche a Piazza sino agli anni '70, esistevano numerosi sellai che venivano chiamati bardeddàri o bard'ddàri (da bardèdda, diminutivo di bàrda, bàsto, sella) che vendevano, oltre che corde e spagi di tutte le qualità e misure, anche i finimenti in cuoio che servivano a "vestire" il quadrupede e a condurlo o attaccarlo alle lettighe o ai carretti (briglie, capezze, staffe, testiere, redini, morso, imbragature, martingale e pettorali). Un giorno dello scorso agosto il sig. Filippo Taormina, che da giovane aveva lavorato con lo zio bad'ddàru, mi ha aiutato a ricordarne un buon numero, aggiungendo anche l’ubicazione del loro locale-magazzino. Eccoveli: Brischetta Calogero in via Roma, Capizzi in via Monte, Garao nella salita Trigona, Guccio Ninìddu al largo Capodarso 4 (chiànu Barùn, ciàngh Baröngh)*, Lo Bello in via Mendoza (o Stràtunèddu), Lo Re Angelo (1925-26)¹, Marino Benedetto (1925-26)¹, Marino Carmelo (1925-26)¹, Militello Mario in via Umberto 9, Prestifilippo, Taormina Vincenzo alle Botteghelle/via Carmine.

¹ Vedi post I Commercianti a Piazza/6.

* Aggiunto successivamente.

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Piazza, dopo il rogo

Panorama desolante dalla Cresta del Gallo

La catastrofe a cui abbiamo assistito ci ha lasciati orfani del meraviglioso verde che chissà quando ritornerà, ma dimenticheremo, dimenticheremo, non impariamo.

PIAZZA, DOPO IL ROGO

Dopo l’incendio di agosto
torno in quel magico posto,
sotto la Cresta del Gallo
vedo un paesaggio brullo.
Niente è più come prima
sembra un’altra Hiroshima.
La distesa dal verde manto
è mutata in giallo spento.
Tanta pineta è scomparsa
rimane solo terra arsa.
Quell’aroma inebriante
ora è solo ripugnante.
Non c’è vegetazione
solo cenere e carbone.
Gli alberi più impettiti
sono scheletri anneriti
e attraversando un percorso
possono finirci addosso.

Piazza col suo panorama
era una graziosa dama
con la chioma fascinosa
e ora appare luttuosa.
Ogni oltraggio alla natura
lo si paga a dismisura
senza deroghe e condoni
con tremende inondazioni
smottamenti e cicloni
che devastano regioni.
Togliendo la vita agli alberi
la si toglie agli altri esseri
chi commette queste azioni
distrugge anche i suoi polmoni.

Francesco MANTEO, Ottobre 2017

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Le fregature assicurative "mondiali"

Come doveva essere la polizza assicurativa stipulata da mio nonno paterno nella 1^ Guerra Mondiale

Ripeto che su internet si trova di tutto, io questa volta, leggendo il post Polizze di guerra ho capito quello che accadde (accennandolo nel mio intervento del 30 settembre u.s.), dopo la fine della 1^ Guerra Mondiale, all'assicurazione di £ 1000 che mio nonno paterno, il bersagliere Angelo Masuzzo, diceva di aver stipulato mostrando la ricevuta, come quella nella foto, a mio padre Gino, primogenito nato 3 anni dopo la fine del conflitto. Mio nonno, ex conbattente, aspettò deluso per tantissimi anni, ma inutilmente. Questa, insieme a tante altre delusioni, furono gli elementi che portarono il fascismo al governo, con le conseguenze che tutti conosciamo.

<<Polizze di guerra - Rovistando nei cassetti di vecchi mobili dimenticati o lasciati in eredità da anziani parenti, qualche volta, si ha la ventura di trovare vecchie foto ingiallite di familiari, lettere conservate e dimenticate o strani documenti che attirano la nostra curiosità facendoci scoprire singolarità impensabili. Così è capitato all’amico Carlo Petacco quando ha scoperto, tra le cianfrusaglie conservate da uno stretto parente passato a miglior vita, una polizza di assicurazione (nella foto) sottoscritta da chi stava combattendo la prima guerra mondiale. Quest’anno corre il centenario della entrata in guerra dell’Italia nella prima guerra mondiale, evento ricordato con la pubblicazione di qualche libro e con qualche manifestazione che commemora i nostri militari caduti nella così detta “Grande Guerra”. “Grande” solo per il numero degli stati, di tutti i continenti del mondo, coinvolti e per l’alto numero di vittime tra i militari e i civili. Uno dei più sanguinosi conflitti della storia del genere umano. La stima del numero totale delle vittime non è, ancora oggi, definito con certezza e varia dai 16 milioni a più di 17 milioni di morti, tra militari e civili (oltre 7 milioni). L’Italia ebbe sui campi di battaglia e nei territori di guerra oltre un milione e duecento mila vittime di cui circa 660.000 militari. Questo premesso, “la guerra è guerra e gli affari sono affari”, così l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA) in seguito a un decreto del governo in carica si inventò una “Polizza speciale di assicurazione mista a favore dei combattenti”. La polizza, che presenta alcuni aspetti alquanto curiosi per non dire “cavillosi”, certamente fu propagandata tra le truppe al fronte e stipulata nei vari reparti di appartenenza. Infatti il documento, oltre alle firme prestampate del Presidente del consiglio di amministrazione, del Consigliere delegato (INA), del Ministro del Tesoro, del Ministro per l’industria il commercio e del lavoro, porta in calce la firma del militare assicurato, del Comandante e il timbro del reparto di appartenenza. Considerando la “paga del soldato” è facile intuire che per stipulare questa assicurazione il militare doveva farsi spedire i soldi da casa così come è stato per il caporale del Genio teleferisti Armando Petacco da Castelnuovo Magra, nonno dell’amico Carlo. La polizza, di cui non si conosce il costo, fu stipulata a favore del fratello più piccolo di Armando e precisa: L’INA pagherà a Petacco Italo di Giovanni la somma di 1000 lire (una bella cifra per quei tempi) immediatamente dopo la morte* del sig. Petacco Armando di Giovanni... Attenzione all’asterisco che richiama alla nota di fondo pagina: Escluso il caso di morte in combattimento, a seguito di ferite riportate combattendo o a causa di servizio di guerra. In ogni caso se il titolare dell’assicurazione Petacco Armando dovesse sopravvivere alla guerra, alla malattia e ad altri successivi eventi potrà ritirare, lui stesso, la somma di mille lire trenta anni dopo dalla stipula della polizza e cioè nel 1947. A quella data era finita anche la seconda guerra mondiale e con mille lire si comprava poco più di un chilo di carne bovina. Però a termine di legge l’assicurato avrebbe potuto ritirare, finita la guerra (1918) e tre mesi dopo la smobilitazione, l’importo previsto dalla polizza a condizione che il valore di essa sia rinvestito con le opportune garanzie in strumenti di produzione e di lavoro. Non è mai facile recuperare i premi assicurativi in denaro sonante per i codici o i codicilli che contengono le polizze anche quando sono garantiti dalla legge e sottoscritti da una serie di ministri e autorità garanti, ma nel caso specifico di queste polizze più che a favore dei combattenti sembrano degli imbrogli nei confronti di chi stava servendo in armi la patria>>. Per concludere, devo dire che probabilmente nessuno volle spiegare bene ai reduci, quasi tutti analfabeti, che avrebbero potuto ritirare la somma dopo tre mesi dalla smobilitazione anche se per investirla in strumenti di lavoro. Questo detto calza veramente a pennello: "Curnùti e bastunàti".  

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Firme e date al Purgatorio

Sportello che copre i tiranti sulla tastiera dell'organo nella chiesa del Purgatorio prima del restauro

La caricatura del "profesore" disegnata sul legno della cassa dell'organo prima del restauro

La firma di uno studente/allievo sulla cassa in legno dell'organo prima del restauro

La caricatura con il soprannome di un compagno-allievo sul parapetto in gesso della cantoria

Come vi avevo anticipato sul post L'organo del Purgatorio a Santo Stefano, eccovi le foto con alcune firme, date e caricature lasciate sull'organo del Purgatorio nel secolo scorso e che il restauro, avvenuto tra il 2015 e il 2017, ha cancellato per sempre. Nella foto in alto si distinguono sullo sportello dei tiranti sopra la tastiera: a sx la data "8.8.1935" che sovrasta la firma a matita "E. Laurella"; a dx il nome a matita e a stampatello "LAURELLA VINCENZO", probabilmente parente del primo, che sovrasta quella che dovrebbe essere una data, anche se il giorno è postposto al mese "3.14.36". Nella seconda foto c'è la caricatura del "profesore" (con una "s") disegnata a matita sul lato destro della cassa in legno dell'organo. È un disegno che è ripetuto altre tue volte sempre sullo stesso lato, a dimostrazione del grande "affetto" dell'allievo per il "profesore". Sempre sul lato destro della cassa dell'organo si trova la firma a matita riportata nella terza foto "S Serpendino Giuseppe". Per finire, una dei tanti graffiti incisi sul gesso del parapetto della cantoria sopra l'ingresso della chiesa del Purgatorio: un disegno raffigurante una gallina, il nome "GIUSEPPE" e il soprannome "Gallinaccio". Questi sono segni lasciati nei vari decenni (ve ne sono alcuni dell'Ottocento: Calogero Ciurg... 1873, Amoroso Guglielmo Ettore) da insegnanti organisti, allievi, chierici, seminaristi, etc., che frequentavano la cantoria e la chiesa a pochi passi dalla piazza principale della città. Della chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, ormai chiusa al culto e sconsacrata, si sa soltanto che fu aperta al culto sotto il nome di "Anime Purganti e Maria SS. della Carità" nel 1679 e consacrata il 9 settembre del 1762. Neanche negli scritti dello storico Litterio Villari si trovano tante notizie su questa chiesa, ecco cosa viene soltanto ricordato nella sua Storia Ecclesiastica, 1988, pp. 59 e 77: «Sodalizio delle Anime del Purgatorio sotto il titolo della Madonna della Carità composto da sacerdoti e la chiesa delle Anime del Purgatorio nell'ambito della parrocchia di S. Stefano».

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Fontanella Parco Ronza/n.20

Questa nella foto è la Fontanella del Parco Ronza n. 20. Come ho già segnalato nel post Fontana Parco Ronza/n.44 del mese di maggio 2016, il parco ancora risulta chiuso e la bella fontanella in ghisa, con su scritto <<ACQUA NON POTABILE>>, rimane a riposo in attesa di riprendere l'erogazione. La fontanella è quella a due passi dal parco giochi per bambini con scivole, altalene e grandi tavoli per picnic dai quali, sino a qualche anno fa, si potevano ammirare cinghiali e, con un po' di fortuna, anche qualche timido capriolo. Rimaniamo pazientemente in attesa dell'apertura dell'area attrezzata tanto desiderata dai Piazzesi e non.

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