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Gaetano Masuzzo

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Famiglia Barbarino (de)

D'azzurro con tre api d'oro
Della famiglia piazzese de Barbarino (o Barberino o Barberini) il primo nome che si registra, è quello del giudice Guglielmo de Barbarino nel 1397. Nei secoli successivi si registrano: Giurati di Piazza (1411 Enrico, 1482 Bartolomeo, 1530 Antonio, 1553 Pietro, 1566 Antonio); Giudici (1407 Biagio); Notai (1407 Prandino e Giovanni, 1542 Giovanni Tommaso); Castellani di Piazza (1483 Bernardo); Nobili iscritti alla Mastra Nobile della Città (1520 Bartolomeo, 1542 Bernardino che si sposa con Laura de Moac-Villardita, 1553 Pietro barone dei Salti dei Mulini di Piazza, 1589 Giovanni Antonio barone dei Salti, Susanna baronessa dei Salti che dona 150 scudi per la fabbrica e abbellimento della chiesa dei Teatini intitolata a S. Lorenzo Martire, 1585 Silvia e Pelagia baronesse di Bessima, quest'ultima, si sposa con Francesco Crescimanno, 1608 Geronimo bar. dei Salti, 1621 Francesco bar. dei Salti e socio dell'Accademia Piazzese o dei Curiosi); Sacerdoti, priori e fondatori di chiese (1479 sacerdote Pietro priore di S. Andrea, 1625 Dario presbitero dell'Ordine degli Ospedalieri fonda la Commenda di S. Giuseppe-Barbarino allo Scarante che andrà in rovina nel 1821).
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Un drago in pinacoteca

La scultura in pinacoteca
Stemma Famiglia Boccadifoco o Boccadifuoco

Oggi mentre visitavo la pinacoteca, lo sguardo mi è caduto nuovamente sulla scultura in marmo posta in fondo a dx al corridoio. Non so da dove provenga¹, ma potrebbe trattarsi della scultura in marmo di un drago o serpente alato che riproduce lo stemma di una nobile famiglia piazzese, quella dei Boccadifoco o Boccadifuoco. Infatti, nel libro del Villari lo stemma è così descritto: D'azzurro al serpente alato d'oro che butta fuoco dalla bocca. Uno stemma di questa famiglia lo troviamo nell'arco in alto della I cappella a dx nella chiesa di S. Pietro. La cappella fu costruita dalla famiglia Boccadifuoco nella II metà del '500 e in seguito vi fu posto il Crocifisso di fra' Umile da Petralia.

¹ Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che facesse parte di una coppia posizionata sui pilastri del cancello di entrata alla villa Ciancio (villetta Roma) forse, però, ancora prima proveniente da un altro sito, un cimitero, una chiesa, un chiostro, un palazzo nobiliare? 

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850° Anniversario di Piazza/2

Mosaici, Villa Romana in c/da Casale, IV sec. d.C.
Gli Arabi conquistano la Sicilia, 827 d.C.


Le 3 Tesi delle origini della nostra Città

Per quanto riguarda le origini e il nome della Città di Piazza, io nella prima parte del mio libro riporto la tesi del Villari (1921-2006) la più suggestiva, mentre nella seconda parte del libro, quella dedicata alle note, riporto sia quella sostenuta da 7 storici (i piazzesi Francesco Negro, Antonio Verso (o il Verso) e Francesco Cagno del 1500, Giovanni Paolo Chiarandà e Marco Alegambe (o Li Gambi) del 1600, dal catanese Vito Amico del 1700, e dal netino Rocco Pirro (o Pirri) del 1500-1600) e sia quella di Ignazio Nigrelli (1926-2000) 

La tesi del Villari (1921-2006)

Secondo Litterio Villari le nostre origini hanno inizio nel V sec. a.C. da un piccolo centro abitato di Siculi, nei pressi dell’attuale Monte Navone (o Naone), chiamato Ibla Erea o Ibla Geleate o Ibla Gereate o Ibla Geleatide o Ibla Minore che, in seguito alla distruzione subita dai Romani intorno al 100 a.C., si trasferì nella zona pianeggiante dell’attuale c/da Casale. Nel nuovo sito Ibla Erea o Minima o Minore nel IV-V sec. d. C., venne chiamata in greco Ibla Elattòn, scritta e pronunziata Ibla Elatson o Iblatson, trasformata intorno al 900 d.C. dagli Arabi in ‘Iblâtasah e, ancora, trasformata nel 1100 dai Normanni (togliendo la "I", quindi pronunciando blatsa e platsa o platza) nel greco Platza o Platsa e nel latino Placea, Placia e Platia. (continua)

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

Quando scappava...

Come dovevano essere i nostri in attività.
"a calàda û Cullègiu"
In via De Pietra
"darrèra Fundrò"


Capisco che potrebbe sembrare un argomento poco colto ed erudito, ma era, é e sarà sempre di vitale importanza, quando appunto “SCAPPA”. Mentre adesso una “mano” ce la danno i vari bar, caffè e locali pubblici sparsi per la città, prima non era così e, quindi, “bisognava andare” al più presto da qualche parte. Le zone preferite erano le alte “cantonere” nei pressi delle cantine, ma non era tanto “simpatico” per i passanti e/o “calpestanti”. Allora le amministrazioni comunali si diedero da fare per installare nei punti nevralgici, dei pisciatoi altrimenti chiamati “vespasiani”. Erano le toilette di oggi, adibiti ai bisogni fisiologici delle persone, in special modo per i maschietti, che non ci pensavano una volta a frenare l’istinto che si scatenava subito dopo una buona bevuta. Vennero costruiti in tante forme per impedire che si urinasse negli angoli delle chiese o in qualche via “scusògna” (appartata) e a Piazza ancora se ne possono distinguere tre. Una è quella “â calada û Cullègg” proprio nel muro della chiesa di Sant’Ignazio, un’altra è in via Enrico De Pietra, salendo a dx, l’altra, la più famosa, è quella “darrèra Fundrò”. La loro pulizia, disinfezione e manutenzione era a carico del Comune. I “vespasiani” prendono il loro nome dall’imperatore romano Vespasiano che fu il promotore nell’antico impero romano della posa degli urinatoi pubblici, perché anche ai Romani, già allora, EFFUGIT!

Altri post sull'argomento:Pecunia non olet; Quando scappava negli anni 30/1 ; Quando scappava negli anni 30/2 ; La foto conferma "u p'sciarö".

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