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Cronarmerina - Dicembre 2015

Edicola n. 15

 
L'Edicola Votiva n. 15 è quella sulla dx all'inizio della Strada Provinciale n.15, manco a farlo apposta, che porta dai Canali alla chiesa dell'Indirizzo. Dedicata alla Patrona Maria SS. delle Vittorie è stata costruita veramente bene, abbellendo così lo spoglio muro di contenimento in cemento armato. Come si vede dalla foto, è tenuta benissimo con tanto di recinzione in legno ed è sempre con fiori e lumini. Un plauso all'autore, specialista nella pietra a vista, e ai numerosi Canalari e non che la visitano e la mantengono dignitosamente.  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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Ruota degli esposti 2

 
Ruota degli Esposti presso l'antico ospedale di Santo Spirito in Saxia (Roma)
 
2^ Parte
 
(dalla 1^) È del 1188 la prima vera RUOTA degli ESPOSTI, aperta a Marsiglia nell'Ospedale gestito dai religiosi dell'Ordine di Santo Spirito fondato dal Cavaliere degli Ospitalieri di Gerusalemme Guy (Guido) de Montpellier (m. 1208) grazie alla sua esperienza in Terrasanta. La casa madre dell'Ordine fu in seguito trasferita per volontà di papa Innocenzo III a Roma, dopo aver assistito alla "pesca" nel Tevere dei corpi di tre neonati abbandonati da altrettante prostitute e annegati. Il sito scelto nel 1198 fu un reparto dell'Ospedale di Santo Spirito dotato di ROTA già sorto, a due passi da piazza S. Pietro, nell'VIII secolo come centro di accoglienza dei pellegrini della comunità anglo-sassone (Schola Saxorum, Saxia). Le Ruote si diffusero rapidamente in Francia, Italia, Spagna e Grecia e il meccanismo era abbastanza semplice (nei prossimi post vi mostrerò le foto di quelli di Piazza Armerina): un cilindro in legno con una apertura in cui si riponeva il bambino, capace di girare intorno a un asse verticale. La ruota era posta possibilmente in un lato isolato dell'edificio, accanto c'era una campanella per avvisare colui che era preposto a girarla senza vedere il genitore e per questo era chiamato rotaro/a o custode. I trovatelli, che riuscivano a superare le grosse difficoltà dovute all'allattamento, alle malattie infantili o alle pessime condizioni igieniche e sanitarie degli istituti, una volta cresciuti, erano quasi sempre condannati a essere emarginati sociali, soprattutto i maschi, in quanto le femmine, almeno parte di esse, grazie alla dote fornita dai conventi o dalle varie Opere Pie (come abbiamo visto nei post dedicati ai Legati di Maritaggio del nostro Monte di Pietà), potevano sposarsi o rimanere in convento. (tratto dalla tesi di laurea degli all. architetti V. CARERI e F. CASSIBBA, Il fenomeno dell'abbandono..., A.A. 2006/07, Biblioteca Comunale di Piazza Armerina) (continua)
 
cronarmerina.it
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Edicola n. 14

Questa è l'Edicola Votiva accanto alla chiesa di S. Pietro, Pantheon¹ della Città. Fa bella mostra, dopo l'ultimo restauro, a qualche metro di distanza a dx dell'ingresso principale della chiesa. Su 40 mattonelle di ceramica è rappresentata la nostra Patrona Maria SS. delle Vittorie con la scritta in latino alla base: IMAGO DEIPARAE PLATIENSIS (Immagine della Madre dei Piazzesi). 
Veramente la tradizione ci tramanda che questo era il sito di un'altra immagine miracolosa, sempre dedicata alla Madre di Gesù, ma affrescata su pietra e venerata non solo dai Piazzesi ma da tutti i Siciliani, fuori la chiesetta consacrata a San Pietro già esitente nel 1300 e che, per questo, chiamata anche Chiesa della Grazia o della Vergine della Grazia o della Madonna della Grazia. Successivamente, questa immagine fu colpita al capo della Madonna da un sasso lanciato da un giocatore ebraico, che causò l'uscita di sangue dalla ferita, in gergo locale mèrcu (anche mérch). I cittadini dopo aver punito l'ebreo, misero l'immagine all'interno della chiesa nella terza cappella a sx² chiamandola Cappella della Grazia. Da quel momento la chiesa fu chiamata anche "della Madonna del Merco" (da Madonna du Mèrcu) oltre che di San Pietro.
 
¹ Chiesa dove sono sepolti illustri cittadini.
² L'affresco odierno è ritenuto una delle due copie dell'Icona del Vessillo del conte Ruggero d'Altavilla, rappresentante la Madonna delle Vittorie, ritrovato nel 1348 dal sacerdote Giovanni Candilia. Le due copie, di cui una si sono perse le tracce, furono volute dal Magistrato Urbano subito dopo il ritrovamento.     
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Ruota degli esposti 1

 
Disegno della probabile Columna Lactaria¹ a Roma
 
1^ Parte
 
In passato di frequente si commettevano infanticidi, dovuti all'ignoranza sul tema del controllo delle nascite, al bisogno di nascondere relazioni proibite e alla povertà delle famiglie. Per questi motivi si sceglieva di abbandonare i neonati in luoghi dove avrebbero trovato la morte lontano dagli occhi dei genitori. In certi casi i problemi nascevano dal sesso del neonato e la tendenza era di abbandonare prevalentemente le bambine, data la condizione della donna impossibilitata a lavorare al di fuori della propria casa e difficile da mantenere, considerando soprattutto le spese per darla in sposa. Così, per non ucciderli direttamente, si cominciò ad abbandonare i neonati per strada, in posti poco visibili o a lasciarli morire di fame, riposti dentro grandi giare, per non essere visti o sbranati dai cani randagi. Per mitigare questa vera e propria strage i Romani istituirono la Columna Lactaria¹, una sorta di gazebo permanente, con al centro un ripiano per appoggiare sopra il bambino da esporre mettendolo in vendita come schiavo o per essere immolato nei riti pagani a fini propiziatori. In questo modo il temine esporre venne usato per indicare l'abbandono, termine usato sino ai nostri giorni, per rinunciare così definitivamente a qualsiasi diritto su di lui. Tranne qualche eccezione durante i periodi di calo demografico, i neonati continuarono a essere eliminati, sino a quando furono varate delle leggi a favore del pubblico mantenimento, sopprimendo la pratica dell'esposizione. Ma con l'arrivo dei barbari si ritornò alle eliminazioni cruente dei figli illegittimi, facendo aumentare il numero dei piccolissimi morti. E' in questo periodo che sui gradini davanti le chiese vengono deposti i neonati, nella speranza che qualcuno della chiesa se ne prendesse cura. Ma ci si accorse che i bambini deposti durante le ore notturne, morivano a causa del clima, così si pensò di costruire delle strutture riparate per accogliere gli esposti e tutelarli, per quanto possibile, dalle intemperie. Per questo sorsero, davanti gli ingressi delle chiese, separati dalla strada, ripari per piccole conche di legno o di marmo con dentro un giaciglio di piume o di lana. (tratto dalla tesi di laurea degli all. architetti V. CARERI e F. CASSIBBA, Il fenomeno dell'abbandono..., A.A. 2006/07, Biblioteca Comunale di Piazza Armerina) (continua)
 
¹ Originariamente era un luogo di ritrovo che aveva come riferimento una colonna, dove si potevano portare i bambini poveri per essere nutriti con il latte o dove si potevano assumere balie, quando le madri non erano in grado o sceglievano di non allattare il neonato.
 
cronarmerina.it

 

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Scuole nel piano Castello anni 20

 
La classe di suor Marina Coppa davanti il Palazzo Trigona di Gerace al piano Castello, anni 20
Tra i benefattori della casata Trigona, oltre al più noto Marco Trigona barone di Gatta Alzacuda e Sofiana, che lasciò un'enorme eredità per la nuova Chiesa Madre, troviamo anche Vespasiano Trigona Calafato dei baroni di Geraci. Questi, oltre a donare il suo latifondo di Rossignolo al Monte di Prestami, fondato dal chierico Michele Chiello nel 1771, alla sua morte nel 1852, lascia parte dei beni, compreso il feudo Ciappa, all'Ospedale "Chiello" riservando l'usufrutto, sino a quando fosse rimasta in vita, alla moglie Carmela d'Acquino dei principi di Caramanico (1816-1898). La baronessa però rinuncia all'usufrutto facendo sì che per alcuni anni l'ospedale cittadino si chiamasse Ospedale Michele Chiello-Vespasiano Trigona. Dopo essersi risposata col fratello del marito, Antonino Trigona barone di Geraci, nel 1878 rimane vedova per la seconda volta e alla sua morte, nel 1898, lascia una cospicua eredità per fondare nel 1902 l'Istituto baronessa Carmela Trigona di Gerace nel palazzo baronale di Piano Castello. L'Istituto comprende un asilo, una scuola elementare e un laboratorio di sartoria e ricamo che nel 1912 si trasforma in Scuola Professionale Femminile gratuita. Nel 1919, mentre la scuola elementare femminile rimane (vedi foto), quella Professionale dell'Istituto viene trasferita nell'antico Monastero delle Benedettine di S. Giovanni Evangelista e nell'edificio accanto con l'ingresso dalla via Garibaldi, anche questo donato dalla baronessa al VI vescovo di Piazza, mons. Mariano Palermo. Qui l'Istituto eredita tutte le antiche e redditizie attività delle Benedettine (cucito, ricamo, dolciaria, musicale), mentre alcune classi elementari rimangono nel palazzo baronale sino agli anni 60. L'edificio di via Garibaldi in seguito sarà la sede delle Suore Salesiane figlie di Maria Ausiliatrice¹. Come si vede nella foto la classe femminile è formata da circa 60 alunne, tra le quali tante probabili nostre mamme o nonne nate tra il primo e il secondo decennio del secolo scorso. Sappiamo anche il nome della suora maestra. Si tratta della Consigliera Scolastica suor Marina Coppa nata nel 1869 a Monticello d'Alba (CN) e morta nel 1928 a Nizza Monferrato (AT). Cresciuta in una famiglia agiata di Monticello, consegue a Torino da novizia la patente di maestra per la scuola elementare. E' Consigliera Scolastica dal 1900 al 1928 e per la sua sensibilità educativa è detta "educatrice delle educatrici" dando ulteriore sviluppo alle scuole delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) contribuendo ad ottenere dalla riforma Gentile la trasformazione in parifica delle scuole normali.  
¹ Tantissimi ricordano con affetto le suore che gestivano sino agli anni 80 l'asilo infantile, fra queste suor Graziella, maestra del mio giovanottino Fabio.      
cronarmerina.it
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Edicola n. 13

 
 
In via Carmine, all'incrocio con la via Carbone, c'è questa Edicola votiva dedicata forse a Santa Rita. Infatti, fra due Angeli c'è una Santa distesa con un Crocifisso sul petto. La via Carmine porta, appunto, alla chiesa del Carmine dedicata alla Madonna o Beata Vergine dell'Annunciazione, costruita nel 1652 sulle rovine di un'altra più antica della quale non si hanno notizie. Accanto alla chiesa c'è uno dei più belli chiostri che abbiamo a Piazza. E' il chiostro dei Padri Carmelitani costruito nella II metà del Cinquecento che meriterebbe un radicale restauro per immetterlo in un circuito cittadino di chiostri assolutamente da visitare, se non di più, almeno quanto i mosaici della Villa Romana del Casale.  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina           
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Edicola n. 12

 
 Questa nella foto in lato è l'Edicola Votiva dedicata alla Sacra Famiglia che si trova a metà Viale della Libertà. Ben tenuta e accolta in una nicchia alquanto decorosa, fa bella mostra nell'edificio subito dopo quello che ospita la Scuola Media "Roncalli-Cascino", salendo verso la zona di Costantino. Sino ai primi anni del Novecento questo viale presentava edifici a un solo piano dalla parte opposta a quella dell'edicola, come si può benissimo notare nella foto in basso. Quelli esistenti erano occupati soprattutto da magazzini e/o alberghi (i cosidetti fondachi = dall'arabo funduq) e officine per carri e carretti. Per farvene un'idea ho pensato bene di allegare una foto relativa a quel periodo. Oltre alla pessima qualità del fondo stradale e alle "numerose auto" in transito, salta subito agli occhi, dove poi negli anni 50 venne costruito il Jolly Hotel, il grande spiazzo e una bassa baracca in legno. Forse l'antesignana dell'odierno B&B?
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Com'era il mercato del pesce a Piazza

 
L'ex pescheria in piazza Santa Rosalia

 

Il mercato del pesce nella prima metà del Novecento a Piazza raccontato dal prof. Giovanni Contrafatto (1910-2004)

 
<< Il pesce, e non tutti i giorni, lo portavano da Licata dei pescivendoli intesi cavagnari, dentro due grandi coffe a dorso di mulo. I poveretti si partivano da Licata nel tardo pomeriggio. Camminavano tutta la notte attraverso mulattiere e scorciatoie che ne riducevano notevolmente la distanza ed arrivavano alla pescheria di Santa Rosalia il mattino dopo. Ad informare la popolazione che era arrivato il pesce, ci pensava il banditore, un certo Carlino*, che la gente chiamava Carrino, gran tracannatore di vino, dotato di una voce fortissima che richiamava alla memoria i versi di Carducci per Alberto da Giussano nella battaglia di Legnano: "E la sua voce, come tuon di maggio". Carlino iniziava subito il suo giro portandosi in piazza Duomo e, affacciato alla balaustra che circonda la piazza e che dall'alto domina il quartiere Monte, con la sua voce potente dava la notizia agli abitanti del quartiere. Indi passava al Piano Barone, oggi Largo Capodarso, continuando il suo lavoro di banditore per le famiglie del sottostante quartiere Canali. Infine, al Piano Duilio, per gli abitanti del Casalotto. Durante i suoi spostamenti, ripeteva la stessa solfa per quanti abitavano nel centro. A seconda della intonazione della voce, faceva capire la qualità del pesce arrivato al mercato. Se poi si trattava di sarde, era un accorrere di gente da tutti i quartieri. >> (tratto da Giovanni CONTRAFATTO, Memorie Armerine, ILA Palma, PA, 1991)
 
*Qualche decina di anni dopo, quindi verso la fine degli anni 30, il posto di Carlino lo prese un certo Vittorio abitante nel Cortile Minnella, proprio dietro la Centrale Elettrica e la pescheria. Questo banditore, purtroppo, fece una brutta fine. Un giorno mentre si trovava seduto all'angolo tra la piazza Garibaldi e la via Vittorio Emanuele, na cantunera, venne sbattuto violentemente al muro da un'auto in retromarcia che lo uccise sul colpo. Nella pescheria c'era sia chi vendeva i grandi fogli di "cartapaglia" color giallo, per involtare il pesce a 2 soldi il foglio, sia chi cercava il momento buono per prendersi un pesce e arrostirselo sullo scaldino portato da casa, contando sulla bontà del pescivendolo. Inoltre, sul banco in marmo appena si entrava a destra, c'era la rivendita della "carne di basso macello", ovvero di pezzi di carne non tanto pregiata e a basso prezzo che così poteva essere acquistata dalle persone meno agiate.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina      
 
 

 

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Si recupereranno?

Mercoledì 31 dicembre scorso ho letto sul giornale "La Sicilia" che "GLI AFFRESCHI SARANNO RECUPERATI" nel corso dei lavori di ristrutturazione dell'ex Convento dei Frati Minori di S. Pietro. Vi propongo una foto di uno dei tanti afrreschi che ho avuto la fortuna/sfortuna di fotografare alcuni anni fa. Mi sono posto questo interrogativo: "Ma possono essere recuperati questi affreschi ridotti così?".
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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