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Cronarmerina - Maggio 2025

Fontana Villa delle Meraviglie/n. 26

 
Questa è la 9^ e ultima fontana della Villa delle Meraviglie. Anche se molto più semplice delle precedenti, ha un bel mascherone dal quale fuoriesce l'acqua, circondato da mattoni laterizi incorniciati da grossi blocchi di arenaria rosata. Il tutto la rende molto gradevole, valorizzando così un angolo della villa altrimenti insignificante.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
  • Pubblicato in Fontane
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Il Gonfalone della Città

Il Gonfalone della nostra Città restaurato di recente
Il Gonfalone¹, una volta detto anche Confalone, è un drappo che rende il nostro Comune più visibile, riconoscibile e differente dagli altri nelle grandi occasioni e nelle celebrazioni. Quello nella foto è l'emblema della Città risalente alla seconda metà dell'Ottocento, subito dopo aver aggiunto la specifica Armerina a Piazza ed è stato consegnato al Comune nel giugno del 2013, dopo il restauro eseguito dal Centro Regionale per il Restauro dei Tessuti di Palermo. Il Gonfalone, di tessuto rettangolare di colore bordeaux, contiene lo stemma araldico e l'iscrizione CITTA' DI PIAZZA ARMERINA. Inoltre, è sospeso mediante un bilico mobile ad un'asta ricoperta di velluto dello stesso colore che termina con una freccia sulla quale è riprodotto lo stemma della Città. Lo stemma araldico, presente nella parte centrale, è costituito da uno scudo e da una corona a sette punte con fascia di base gemmata. Lo scudo su campo argentato è interrotto nella parte centrale da una fascia di colore rosso e nella parte esterna mostra le seguenti decorazioni dall'alto a dx, in senso orario: 5 aste lanciate, 1 cornucopia con fiori e frutti, 2 aste lanciate con drappo celeste, 1 tamburo, 2 cannoni, 1 alabarda, 1 tromba e 1 elmo metallico. Il Gonfalone rappresenta uno dei simboli dell'identità della nostra Comunità e, dopo essere stato riportato alla bellezza originaria, è tenuto esposto in una teca nella sala del Consiglio Comunale.
 
¹ Il termine gonfalone, derivante dall'alto tedesco guntfan (da gundja, guerra, e fahn, insegna), indicò nell'alto medioevo la bandiera attaccata alla lancia dai cavalieri.          
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Ammiraglio La Marca/4 e ultima parte

Il nuovo Centro Operativo della Marina Militare di Santa Rosa (Roma)¹
4^ e ultima parte
 
In questo modo la città di Piazza potè gloriarsi di un figlio decorato in vita di medaglia d'Oro al Valor Militare. Subito dopo la fine del conflitto mondiale, il La Marca è promosso a Maggiore e viene trasferito al Comitato Progetti per le Armi Navali sino al 1949, quindi a Taranto come Capo Reparto e successivamente Giudice presso il Tribunale Militare della città pugliese, dopo la promozione a Tenente Colonnello. Nel 1950 si sposa a Roma con Gina Lapini e quattro anni più tardi lascia la Marina Militare per trasferirsi a Catania e riprendere l'attività di ingegnere presso la Società Generale di Elettricità della Sicilia sino al 1962, anno in cui la società è assorbita dalla nuova ENEL statale. A Catania è promosso Colonnello in ausiliaria, a Roma, quale ferito e invalido di guerra, ottiene l'iscrizione al Ruolo d'Onore della Marina, conseguendo le promozioni di Contrammiraglio, Ammiraglio Capo e Ammiraglio Ispettore. Poi nel 1975, sino al 1978, è eletto Presidente degli Invalidi di Guerra di Roma e Lazio. Dal 1978 al 1988 è Segretario Generale del Gruppo Merdaglie d'Oro al V. M. e nello stesso periodo è nominato Presidente Onorario della "Famiglia Piazzese" in Roma e dell'Unione Combattenti ENEL. Il 25 novembre 1989 giunge alla fine della sua vita lasciando dei depositi in denaro per premi da destinare a giovani studenti piazzesi e ad allievi dell'Accademia Militare della Marina di Livorno. (tratto da L. Villari, Giuliano, La Marca, Roccella, Medaglie d'Oro Piazzesi, Commemorazioni² dattiloscritte, P. Armerina, 1996)
 
¹ Il nuovo Centro Operativo della Marina Militare di Santa Rosa è stato inaugurato il 19 gennaio 2012. 
² La Commemorazione dell'Ammiraglio La Marca fu tenuta al Teatro Garibaldi di Piazza Armerina il 20 giugno 1996 dal Gen.le Litterio Villari alla presenza di cittadini, studenti ed ex combattenti.
 
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Ammiraglio La Marca/3

Ingresso della galleria della fortezza di Santa Rosa (Roma)
Ingresso blindato del sotterraneo della fortezza di Santa Rosa 
3^ parte
 
Invece il La Marca prende contatti con l'Ammiraglio Matteini che, prima di fuggire per sottrarsi alla cattura, lascia l'incarico al maggiore Brandimarte (poi trucidato dai Tedeschi) di studiare, unitamente al capitano piazzese, un piano atto a salvare dai bombardamenti anglo-americani la sede di Supermarina di Santa Rosa¹ occupata dai Tedeschi e situata in una fortezza sotterranea (nelle foto). Con l'evolvere del conflitto bellico il piano però dovette prendere una nuova piega: oltre a impedire il bombardamento con continui contatti radio, occorre salvare il grande impianto radio da eventuali progetti tedeschi di farlo saltare in aria con le grosse mine e altri congegni esplosivi collocati precedentemente dall'esercito italiano e costruiti dal La Marca stesso. Il pericolosissimo lavoro di disattivazione viene svolto negli ultimi mesi del "43 dal La Marca, che è riuscito a entrare nel centro radio, custodito da una compagnia di 150 uomini austriaci, con un lascia-passare, grazie alla collaborazione del Centro Militare Clandestino e del capitano Giannoni, che conosce tutti i passaggi sicuri nelle reti minate. Nelle notti che precedono l'arrivo degli Americani a Roma, le bombe vengono disattivate e il centro di Santa Rosa viene occupato agevolmente. Poco prima i Tedeschi avevano inutilmente cercato di riattivare gli esplosivi, resi innocui dal La Marca, per distruggere l'immenso sotterraneo che conteneva materiali bellici di alta precisione e di valore inestimabile. Dopo la liberazione il La Marca dovette far ricorso a una commissione d'inchiesta per aver riconosciuto il giusto merito della magnifica operazione. Alla fine dell'inchiesta, durata 10 anni, la medaglia d'argento al Valor Militare, che gli era stata concessa in un primo momento, fu tramutata in oro. (tratto da L. Villari, Giuliano, La Marca, Roccella, Medaglie d'Oro Piazzesi, Commemorazioni dattiloscritte, P. Armerina, 1996)
 
¹ Questa fortezza sotterranea, a ca. 10 km a nord di Roma, dal 1952 è la sede del CINCNAV (Comando in Capo della Squadra Navale - Quartier Generale della Marina). Successivamente sono state aggiunte MARITELE (Centro principale delle telecomunicazioni e informatiche) e il COMFORAER (Comando delle forze aeree). 
 
 
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Ammiraglio La Marca/2

L'ammiraglio Giuseppe La Marca¹ (1905-1989)  
2^ parte
 
Dopo due anni, il La Marca si trasferisce a Napoli per frequentare il Politecnico e nel 1931, quando è già allievo presso la Scuola Marittima di La Spezia, si laurea in ingegneria civile e poco dopo è ammesso al corso di Allievi Ufficiali delle Armi Navali di Livorno. Congedatosi da Sottotenente nel 1932, si abilita nella libera professione di ingegnere e a Catania viene assunto dalla Società Generale Elettrica della Sicilia. Nel 1935 è richiamato alle armi per lo scoppio della guerra italo-etiopica. Dal 1936 al 1939 è nominato Vice-Federale dei Fasci di Catania e il 23 aprile, richiamato alle armi, è destinato alla Direzione Armi Subacquee di La Spezia, dove fa parte dell'equipe che progetta e costruisce i famosi mezzi d'assalto della Marina Militare, i barchini e i maiali. Tali progetti gli valgono la promozione a Capitano nel 1940. Non essendo destinato agli equipaggi dei mezzi d'assalto, viene trasferito a Tobruck, in Cirenaica. In seguito a bombardamenti nemici, prima va a Derna e poi a Tripoli. Al seguito dell'Africa Corps tedesco, copre l'incarico di Capo Servizi Armi Navali per "approntare opere di difesa e di offesa là dove più immediata si presentava l'insidia del nemico" che gli valgono due croci di guerra al Valor Militare nel 1941. Poco dopo essere stato ferito leggermente, deve sopportare una forma di ameba histolitica (malattia tropicale), pertanto rimpatria a Taranto per essere curato e subito dopo ritorna a Tobruck, ma deve ritornare per essere curato meglio a Roma dove rimane anche dopo l'8 settembre 1943. Sbandatosi, resta nella città di Roma occupata dai Tedeschi, senza cooperare con la nascente Repubblica di Salò. (tratto da L. Villari, Giuliano, La Marca, Roccella, Medaglie d'Oro Piazzesi, Commemorazioni dattiloscritte, P. Armerina, 1996)
 
 
 
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Ammiraglio La Marca/1

La via dove è nato l'Ammiraglio Giuseppe Pietro Paolo La Marca nel 1905
1^ parte
 
Giuseppe Pietro Paolo La Marca nacque nella nostra Città in Salita S. Giovanni 2 (nella foto) la notte del 29 giugno 1905 da Liborio, viticultore diplomato di Pachino (SR)¹ e da Maria Assunta Sammartino, piazzese. La nascita prematura di un mese mise in grave pericolo la vita della madre del neonato. Soltanto il 10 luglio i due furono dichiarati fuori pericolo, grazie alle cure del dr. Brighina e dall'ostetrica Michela Marino. Il 12 luglio fu denunciata la nascita all'anagrafe di Piazza. Papà La Marca nel 1911 si trasferisce a Catania per motivi di lavoro, pertanto Giuseppe inizia a frequentare in questa città le scuole elementari e poi l'Istituto Nautico. A Piazza torna, per i tre mesi di vacanze scolastiche, dai nonni Sammartino che abitano in via Fuardo (strada prospiciente la Salita S. Giovanni). Nel 1915 papà La Marca è richiamato alle armi e la famiglia si trasferisce a Piazza, ove il 20 settembre nasce Liborio junior, in ricordo del padre combattente sul Carso che dal qualche tempo non dà sue notizie. La situazione economica a Piazza non è rosea, per questo Maria Assunta ritorna a Catania. Nel 1922 il diciassettenne La Marca partecipa alla "Marcia su Roma", ma al ritorno trova il padre che lo riempie di rimproveri e un professore che lo boccia, facendogli ripetere l'anno scolastico. Nel 1924 Giuseppe Paolo ottiene il diploma dell'Istituto Nautico e l'anno dopo, da esterno, l'altro diploma di fisico-matematico (maturità scientifica) per iscriversi alla facoltà d'ingegneria a Catania. (tratto da L. Villari, Giuliano, La Marca, Roccella, Medaglie d'Oro Piazzesi, Commemorazioni dattiloscritte, P. Armerina, 1996)
 
¹ Pachino è il Comune, a 55 Km. a Sud di Siracusa, fondato nel 1760 dal piazzese Gaetano Starrabba III principe di Giardinelli nel proprio feudo di Scibini.
 
 
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La Sconcordia

 

A due anni di distanza è apparso questo cartello provocatorio di pericolo sul lungo mare di Livorno, dedicato al Comandante Schettino "SC(ogli)HETTINO". Verrebbe da ridere se non fosse per la morte di 32 persone, che invece si erano imbarcate per trascorrere qualche giorno di spensieratezza, su una nave enorme ma nelle mani di un incosciente che, come spesso accade nella nostra bella Nazione, si è messo in salvo per primo e, si accettano scommesse, la farà franca, anzi verrà proposto per un encomio con un avanzamento di carriera e passerà alla storia come "il Salvatore" ! 

Vuoi vedere che la colpa è del Comandante della Capitaneria di Porto De Falco che gli disse "Salga a bordo, cazzo!" ?  

 

A proposito di incoscienza nella nostra Nazione, avete visto come ancora si permette l'ingresso alle Grandi Navi da Crociera quasi fin sotto il Leone di Venezia. Ve lo immaginate se tutto ciò accadesse in una città della Sicilia ?

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

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Stemma di Piazza Armerina

Stemma di Piazza: d'argento, al palo di rosso con corona di titolo di Città
Stemma Aleramici: d'argento al capo di rosso
Stemma Città di Savona

La storia del nostro stemma ha inizio proprio 851 anni fa quando il re normanno Guglielmo I (1120-1166), dopo aver distrutto il precedente borgo, dà nel 1163 l'ordine al baiulo Alessandro e ad altri 8 illustri cittadini di ricostruirlo sul Monte Mira. Assieme alla ricostruzione il Re concede il privilegio di avere nello stemma cittadino la caratteristica di quello dei marchesi Aleramici. Infatti, lo stemma aleramico aveva la parte superiore (capo) rossa che fu riproposta nel nostro nella parte centrale. Questo merito veniva assegnato perché ...a differenza degli altri Comuni di Sicilia aventi uguale origine, fu sede preferita dei membri della famiglia Aleramica¹, tutti marchesi, i quali concessero il privilegio, condiviso con la città di Savona², di raffigurare nello stemma cittadino le armi della "gens aleramica". D'argento al palo rosso la città di Placia; di rosso al palo d'argento la città di Savona; d'argento al capo di rosso la famiglia degli Aleramici.

 
¹ Dal 1089 assieme alla seconda moglie del conte Ruggero I d'Altavilla, Adelasia, arrivano nel nostro territorio cavalieri del Monferrato e di Savona, tra cui Enrico Aleramico che si sposa con una figlia del Conte, Flandina. Da Enrico e Flandina nascerà il secondogenito Simone, il quale nel nostro territorio contribuisce alla costruzione della chiesa di Sant'Andrea e favorisce l'arrivo dei Cavalieri Crociati Ospedalieri, che fonderanno le Commende di S. Giacomo e di S. Giovanni Battista.  
² L'abitato di Savona fece parte della marca sotto la giurisdizione del vero ed effettivo fondatore della dinastia aleramica, il marchese Aleramo (+991), a partire dal 967, anno in cui l'Imperatore del Sacro Romano Impero Ottone I di Sassonia gli donò un grande territorio tra i fiumi Orba e Tanaro. 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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321 anni fa La Catastrofe

Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola a calàta û Cullègiu
 
Dopo la scossa di terremoto dell'8° grado della Scala Mercalli di venerdì 9 gennaio 1693 dopo due giorni, domenica 11 gennaio alle ore 13:30, altre due scosse, questa volta dell'11° grado, sconvolgono la Sicilia Sud orientale chiamata Val di Noto. Quasi tutta la popolazione di Platia (allora di 12.000 abitanti) si trasferisce per una quarantina di giorni sul piano a Sud dell'abitato chiamato da allora "Piano Terremoto". Qui viene esposto, dopo un'imponente processione¹, il Vessillo raffigurante la Madonna delle Vittorie per implorare la Vergine Maria di salvare gli abitanti. Ottenuta la grazia i Piazzesi edificano in detto piano una chiesa dedicata alla Madonna del Terremoto. Tra gli edifici che subiscono una certa gravità vi sono il Duomo in costruzione (solo la volta del coretto e qualche danno al vecchio campanile), il Collegio dei Gesuiti e la chiesa accanto di Sant'Ignazio di Loyola (nella foto). Quest'ultima minaccia rovina tanto che viene abbattuta. La sua ricostruzione avverrà dopo circa trent'anni, nel 1725. Mentre a Catania si contano oltre 16.000 morti su una popolazione di 19.000 e a Ragusa 5.000 su un totale di 10.000, nei paesi della provincia di Enna non si contano morti, tranne i 50 di Aidone.
 
¹ Dalla cronaca di contemporanei: <<All'alba del 12 gennaio i cittadini, temendo un violento ritorno del terremoto... accorsero al Duomo, dove, con l'intervento dei canonici, del clero e delle confraternite si organizzò un'imponente processione, come mai si era vista. Procedevano le confraternite, i frati e le monache, i chierici e il clero, quindi l'Immagine della Patrona. Dietro il Simulacro l'onda immensa del popolo con a capo i Giurati e il Capitano di Giustizia, don Giuseppe Trigona Paternò. La processione scese in piazza, imboccò la ferreria, uscì di porta "ospedale" e della salita dei Cappuccini. Qui sostò... Venne eretta una baracca-cappella (ancora oggi esiste una edicola in corrispondenza della croce in pietra dei Cappuccini), per il simulacro mariano. La baracca fu rivestita di pelli. Capanne speciali acolsero le monache, guidate dalla badessa Sr. M. Solonia. Accanto ad esse vi erano le monache di S. Chiara. Le religiose di S. Agata e della Trinità, invece, si fermarono al "largo castello". Questa situazione durò 40 giorni. Successivamente, con rinnovato fervore, l'Icona fu riportata trionfalmente al Duomo>>. A tal proposito potete leggete anche il post 1693 U rànn t'rr'mòt
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1823 Turista Lord Compton / 2

2^ Parte
 
(dalla 1^ Parte) Lord Compton, dal marzo al luglio 1823, girò in lungo e in largo la Sicilia, seguendo le tappe tipiche del Sicily tour di quegli anni. Il 9° turista della nostro elenco, giunse a Palermo via mare da Napoli e, muovendosi in lettiga,¹ compì una sorta di periplo dell'Isola, sostando quasi esclusivamente in località costiere. Egli, con mano felice, schizzò e tratteggiò su un taccuino di viaggio i paesaggi e i monumenti di maggior interesse da lui visitati nei pincipali centri siciliani. Lord Compton nei 79 disegni, che oggi sono di proprietà della Fondazione Sicilia e che sono stati restaurati² di recente dall'Istituto Nazionale per la Grafica, ricostruisce per immagini il percorso effettuato, fissandoli tutti a grafite e alcuni acquerellati con inchiostro nero e bruno, sulla carta color avorio e ci troviamo Palermo e il Monte Pellegrino, i templi di Selinunte, Segesta e Agrigento, gli ulivi e i carrubi del ragusano, il teatro antico di Siracusa e, in due schizzi, anche la nostra Città. Nei due disegni proposti nelle foto (purtroppo coi riflessi delle finestre del museo sul vetro che li protegge) si scorge benissimo la cupola della nostra Cattedrale. In quella in alto ci propone il disegno da Sud, probabilmente da una zona tra Piazza Vecchia e Monte Mangone, venendo dalla Villa Romana del Casale, di cui probabilmente ne aveva visitato i resti allora già affioranti. In quella in basso la vista da dietro un alto muro è più ravvicinata e si scorgono anche i due alti campanili,³ a sx quello di S. Francesco, a dx quello tra le due chiese di S. Vincenzo e di S. Antonio Abate.
 
¹ Della lettiga ho già parlato su questo blog in due post: uno il 10 aprile 2013 "1700 - Mezzi di trasporto turisti e non" e l'altro il 15 aprile 2013 "1800 - Mezzi di trasporto turisti e non". 
² I disegni sono stati distaccati e successivamente montati su pass-partout 50x70, di cartone antiacido per la lunga conservazione, inseriti in cornice per permettere l'esposizione al grande pubblico.
³ Esiste una cartolina dei primi anni del '900 con la stessa visuale e con la didascalia "Panorama dalla Villa Costantino".  
 
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