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Gaetano Masuzzo

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Cani, gioie e dolori

 
Puccio, per gli amici Uccio
Il commento di un anonimo mi ha suggerito di mettere una foto dell'ultimo amico a quattro zampe che ho avuto. Era Puccio, un incrocio no so di che razza, fatto sta che mi aspettava sempre al solito posto e mi seguiva ovunque, anche in capo al mondo, senza guardare clima, pericoli, distanze e motivi. Perché loro sono così, ti considerano il loro capo branco da ubbidire a occhi chiusi. Come diceva una persona a me tanto cara: "Noi per gli aninali siamo il loro Dio". 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

Porte della Città/della Scattiola

Via Mazzini, a sx Chiesa S. Giuseppe a dx Largo Salvatore
Dopo quella della Castellina, proseguendo nella storia delle porte della Città di una volta, salendo verso Piano Teatini o Patrisanto (oggi piazza Martiri d'Ungheria), in senso orario rispetto al centro storico, incontriamo la Porta della Scattiola. Questa si trovava all'altezza della chiesa di S. Giuseppe, lungo la via Mazzini che prima veniva chiamata, perché molto trafficata, la Carrera, proprio dove nella foto si vede la scritta Largo Salvatore. Il nome deriva dal fatto che quella zona, sino agli anni '50, era piena di artigiani che frantumavano il gesso per l'uso in edilizia, una volta separato dallo zolfo ricavato dalle miniere. La frantumazione avveniva con una specie di attrezzo, tipo strofinatoio in legno che serve a lavare gli indumenti nelle vasche, che assomigliava tantissimo, ovviamente almeno tre volte più grande, alle scattiole che si usavano durante le processioni della settimana santa. La scattiola è chiamata in italiano bàttola, crepitacolo, tabella, ovvero tavoletta di legno con manico che agitata come grossa campanella, fa battere su se stessa altre due tavolette addossate ai lati. Da non confondere, però, con la "troccola" che al posto del manico ha una maniglia che si agita ruotando il polso. Ambedue servono ad annunziare le funzioni nelle chiese e durante le processioni, nel periodo della settimana santa in cui è proibito l'uso delle campane. Questo luogo era molto importante perché, nel palazzo di fronte la chiesa di S. Giuseppe, prima che nel 1605 fosse ultimata la chiesa di S. Agostino col Monastero dei Padri mendicanti Agostiniani trasferitisi vent'anni prima dalla loro sede di via Madonna della Facciranna al Monte, era già la sede dell'Ospedale di S. Calogero e di Santa Maria degli Angeli, che successivamente ritornerà al Monte¹. Ma questa è un'altra storia, di cui parleremo quando elencherò tutti i nomi che ha avuto il nostro ospedale nei secoli.
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Il centralinista piazzese

L'11 gennaio u.s. in "Pronto, chi parla?" avevo accennato alla poesia che il prof. Gioacchino Fonti aveva dedicato al centralinista di via Garibaldi "L'ddùzzu Di Giorgio", eccola:

                 
L’ddùzzu
 
 Quas d’ front â scala a San Giuànn
com s’ disg ê témpi dû ziu mòn’ch
ô cant dû t’rrànu tant rann,
s’ truvàva l’offici telefòn’ch.
 
E a traff’chiè cu i spini e a manuèdda
tu ggh’ truvàvi a fè u central’nìsta
a L’ddùzzu D’ Giòrg (cu dda bedda
vösgiàzza) a temp pérs giornalista.
 
V’dènn’lu s’ttà darrera ô banch
cu a testa d’ n g’gànt d’ r’spètt
nan l’avìsci mai ditt ch’ ô to sciànch
quànn sc’nnéva nvèci era nanétt.
 
Pronto, chi parla?: Caru e böngh L’ddùzzu…
mpùru tu t’ giungësti ô S’gn’rùzzu!
 
Iacchino Fonti

______
 
LILLINO¹
 
 Quando di fronte la scala di San Giovanni²
come si dice ai tempi dello zio monaco
al cantone del terreno tanto grande,
si trovava l’ufficio telefonico.
 
E a trafficare con le spine e la manovella
tu ci trovavi a fare il centralinista
a Lillino Di Giorgio (con quella bella
vociazza) a tempo perso giornalista.
 
Vedendolo seduto dietro al banco
con la testa di un gigante di rispetto
non lo avresti mai detto che al tuo fianco
quando scendeva invece era nanetto.
 
Pronto, chi parla?: Caro e buon Lillino…
pure tu ti sei unito al Signore!
 
 
¹ Diminutivo di Lillo = Filippo;
² San Giovanni Evangelista, che collega la via Garibaldi con la via Umberto.
 
 
 
 
                

Porte della Città/della Castellina

La porta della Castellina (Pr'tusg' a Cast'ddina)
Dopo qualche decennio dall'inizio della ricostruzione, Placia aumenta di popolazione e di estensione. Questa espansione fa nascere la necessità di avere qualche difesa per eventuali aggressioni nemiche. Così inizia la costruzione delle mura della Città che prevedono anche delle porte nei punti strategici, tenendo conto anche delle esigenze della popolazione. Così lungo i decenni e i secoli, a secondo della dimensione e dell'orientamento dei flussi abitativi, nascono diverse porte delle quali se ne conoscono almeno 7. La prima è quella "della Castellina" (in una vecchia pianta della Città del 1689 chiamata Porta Castellana) che nacque forse inaspettatamente (o che già esisteva e poi ampliata) in seguito a un avvenimento bellico. Siamo nel 1299, Platie, come viene chiamata in questo periodo, è assalita dalle truppe franco-angioine del duca Roberto I d'Angiò. Ma gli abitanti, allora sotto gli Aragonesi, aiutati da circa sessanta Cavalieri Templari e Ospedalieri di guarnigione in città, guidati da Palmerio Abate e Guglielmo Calcerando, attaccano i nemici sul piano del Patrisanto oggi Teatini (allora fuori le mura e a poca distanza dalla loro Commenda di S. Giovanni Battista), costringendoli a togliere l'assedio. Durante questo assedio i soldati francesi riescono a creare una breccia nelle mura a difesa del borgo sottostante il castello chiamato "Castrum Reginae". Da allora il borgo fu chiamato "borgo della Castellina" e la breccia fu usata come porta sul versante Nord della Città affacciato sulla vallata chiamata Valle Rocca.  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it  
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