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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Famiglia Platamone

Cinque monti neri sotto tre conchiglie di rosso in campo d'oro
La famiglia Platamone discende dal cavaliere greco proveniente da Alessandria d'Egitto Valco di Platamone (Platamon è oggi un paese di 2.200 abitanti nel sud Pieria, Macedonia Centrale, Grecia). Valco nel 1059 è al seguito del normanno Roberto il Guiscardo duca di Puglia. La sua famiglia si stabilisce a Napoli, ma la prosperità viene meno al tempo dell'imperatore Enrico VI di Svevia nel 1170 ca., perché il milite Giovanni (o Pier) Sileno Platamone per essere partigiano del re normanno Guglielmo III d'Altavilla, è spogliato dei beni e bandito dal Regno. Al figlio di Giovanni Sileno, Bernardo, l'imperatrice Costanza riconcede parte dei beni paterni. Il figlio di Sileno, Bernardo, milite napoletano, è  il primo Platamone a scendere in Sicilia al seguito di Eleonora d'Angiò nel 1302, quando questi sposa il re di Sicilia Federico d'Aragona I di Trinacria. In Sicilia Bernardo, per i servizi resi, ottiene la carica di Maestro Giustiziere di Siracusa nel 1306. Si trasferisce a Catania dove si sposa e costruisce il palazzo Platamone. Il pronipote di Bernardo, Ferdinando, è un nobile catanese che si sposa con Agata Tudisco e da questi derivano le casate dei Platamone a Malta e in Sicilia. A Malta il figlio di Ferdinando, Francesco, è il capostipite dei nobili di Malta, Siracusa, Licata e Palermo e quindi dei principi di Rosolini e di Fiumesalato. In Sicilia dal figlio di Ferdinando, Giovan Battista, viceré nel 1435 e 1440, inizia il ramo dei baroni di Acicastello, Redini, Risichilia, Amidara, sino a quelli della Curca. Dal figlio di Giovan Battista, Antonino, ha inizio il ramo dei baroni delli Cugni e Incobao, mentre dall'altro figlio, Giovanni Ferrando, hanno inizio i rami dei baroni e principi di Cutò e il ramo dei baroni di Pòjura (alias Poiri) in territorio di Paternò, da cui derivano i Platamone di Piazza. Il primo Platamone che troviamo a Piazza è Diego barone di Pòjura che nel 1633 sposa la piazzese Pelagia Jaci-Sanfilippo. Il figlio di questi è Desiderio Antonio Platamone che è barone dei Salti dei Mulini di Piazza e di Pòjura che vende quest'ultimo nel 1665 ad Antonio Ciancio col diritto di riscatto, nel 1671 partecipa alle spese per i festeggiamenti a S. Gaetano. Da Desiderio Antonio, sposato con Silvia de Assaro, nasce Diego Maria barone di Montagna Gebbia, ma che perde la baronia dei Salti dei Mulini in favore di Pietro Crescimanno barone di Bessima. Nel 1730 ca. Liborio senior Platamone è console nobile della Curia Commerciale di Piazza mentre Diego, barone di Montagna Gebbia nel 1760 ca., è senatore della Città. Il figlio di questi, Giuseppe, nel 1800 è tenente colonnello del comando di Legione di Piazza, l'altro figlio, Liborio junior, è cancelliere archiviario e fidecommissario della Chiesa Madre che si sposa con Marianna Trigona dei baroni di Budonetto e riscatta il feudo Pòjura nel 1792. Dei sette figli di Liborio junior, Gaetano si sposa con Antonina Trigona, Giuseppe si trasferisce a Trapani e Benedetto, capitano della Guardia Nazionale nel 1848 e consigliere comunale nel 1861, si sposa con Vincenza Trigona-Crescimanno dei baroni di Mandrascate la cui figlia Marianna appare tra gli 11 benefattori del nostro Ospedale "Chiello". Da Gaetano discende Vittorio Emanuele e da questi Vincenzo che si sposa nel 1928 con Emma Gullé-Sceberras, dai quali nasce la figlia Platamone Adelaide Clara, ancora vivente nella nostra Città. Nel 1824 Giuseppe, Vincenzo e Francesco Platamone sono chierici Teatini nella Casa di Piazza, nel 1832 Gioacchino Platamone è superiore del Convento Francescano al Monte e alla fine dell'800 Marianna Platamone dona parte dei suoi beni all'ospedale Chiello. A Piazza esiste l'Arco Platamone che collega la via Garibaldi con la via Umberto. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

Il Palio di una volta / 8

Gli alabardieri a guardia del palazzo Trigona della Floresta (anni '60)

 (da Il Palio di una volta / 7)

 XVIII
Eccu chi rappresenti tu, chiazzisi.
Stu Paliu è la storia e tu la mia
e iu ca sugnu Chiazza ca si misi 
all'onoranza santa di Maria
ti dicu ca però la nostra storia
è soprattuttu fatta di memoria.
 
XIX e ultima strofa
E sulu festeggiannu cu cuscienza
sbùmmica in assolutu la cirtizza
c'ogni rialu di sta pruvvidenza
è fruttu di la storia ca si ntrizza
rinnuvannu la splendida musìa
ca gridannu dirà: VIVA MARIA!
 
Giòmetrico 
 (alias Giovanni Piazza)
 
 
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Il Palio di una volta / 7

 
Plotone Guardie Normanne in piazza Stazione (anni '60)

(da Il Palio di una volta / 6)

XVI
Però quantu di cchiù benevolenza,
tantuchiossà riconoscenza attira
e allura, raffurzata la licenza,
ci fanu ancora festa finu a ssira
prima li cunfratèrniti chiù ranni
poi li quarteri senza San Giuanni.
 
XVII
E a menzaustu, a centru di calura
e Munti e Casalottu e Castiddina
e Canali, valenti e di misura
si scòntranu a la giostra saracina
pi putiri ospitari cavaleri
la Madunnuzza nta lu so quarteri.
 
Giòmetrico
 
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1956 Non si può dimenticarla

Dopo la seconda guerra mondiale l'Italia stipulò un contratto con il Belgio: in cambio di carbone l'Italia avrebbe inviato migliaia di cittadini a lavorare nelle miniere della principale fonte di energia europea di allora. Tra i 262 minatori morti a ca. 1000 metri di profondità l'8 agosto del 1956, c'erano 5 siciliani di Montaperto (Ag), Sommatino (Cl), Augusta (Sr) e Caltagirone (Ct). E' giusto dopo 57 anni ricordarli, anche perché tanti nostri compaesani si trovavano proprio in quella miniera, fuori e dentro, a vivere quella tragedia non per turismo, ma per un pezzo di pane che qui era impossibile trovare. Gaetano Masuzzo/cronarmerina   

 

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