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Cronarmerina - Dicembre 2015

A Piazza organi di Donato Del Piano e non solo

Organo a Canne, Donato Del Piano, chiesa Anime Sante del Purgatorio, P. Armerina, 1754

Nel post precedente sui due organi presenti nella nostra Cattedrale, vi avevo anticipato che leggendo la pubblicazione di Franco Pezzella¹, si è venuto a sapere che l'opera dell'organaro Donato Del Piano (1704-1785) a Piazza² non si era conclusa con quei due lavori eccellenti nella Chiesa Madre di Maria SS. Delle Vittorie nel 1743. Dieci anni più tardi, nel 1754, dopo gli esiti di una lunga malattia, l'attività dell'organaro campano, di Grumo Nevano (Na), procede spedita. Infatti, quell’anno egli stipula ben tre accordi, il 31 luglio a Noto, il 9 ottobre ad Aidone e il 16 ottobre a Piazza con i rappresentanti della Confraternita delle Anime del Purgatorio (con sede presso la chiesa di S. Stefano) per la costruzione di altrettanti strumenti. Dell’organo per la Confraternita delle Anime del Purgatorio di Piazza, ci è dato parlare per le sole poche notizie che si ricavano dall’accordo intercorso tra le parti. Secondo questo documento, l’organo (nella foto del 2013, prima del restauro) doveva avere dieci registri, due principali, sei di ripieno, uno imitante la voce umana e un altro il suono del flauto. Il prezzo fu pattuito in centododici onze (20.000 € ca.), una considerevole parte delle quali fu successivamente data in omaggio per devozione alla Compagnia dei Maestri aggregata alla Confraternita. Tredici anni dopo, nel dicembre del 1767, Donato Del Piano è a Piazza dove è chiamato dai fidecommissari della Chiesa Matrice per eseguire alcuni rifacimenti agli organi da lui costruiti tra il 1740 e il 1743 e per perfezionare e firmare le convenzioni per la realizzazione degli organi della Casa dei padri teatini e del vicino convento delle monache benedettine intitolato a S. Giovanni Evangelista. Il giorno 14 di quel mese si accorda, infatti, con padre Tommaso Valguarnera, preposito della Casa dei padri teatini, per la costruzione di un organo per l’attigua chiesa di San Lorenzo al Patrisanto dove svolgono le loro attività liturgiche, pregevolmente affrescata alcuni decenni prima dal pittore fiammingo Guglielmo Borremans. Il giorno successivo s’accorda, invece, con suor Maria Serafica Trigona, suor Maria Rosa Celesti de Maria e con il sacerdote Vincenzo Vincitori, rispettivamente badessa, celleraria e procuratore del vicino monastero benedettino di S. Giovanni Evangelista, per la costruzione di un altro strumento nella chiesa conventuale. È triste constatare, però, che anche questi due organi non sono sopravvissuti alle ingiurie del tempo e degli uomini. Dalla lettura della convenzione apprendiamo, tuttavia, che l’organo dei teatini, pagato centocinque onze, era <<di nove registri […] otto bassi che sonano con tasti e più otto bassoni che sonano con li pedali […] a tre facciate […] con la cassa scorniciata ed intagliata con le canne di stagno alla veduta ed il resto con le canne di piombo>> mentre quello delle benedettine, costato centosessantotto onze, era costituito da dodici registri, di cui due simulanti una <<voce angelica>>, a cui corrispondevano ben quattrocentosettanta canne. Intorno agli anni 1774 e 1777 gli atti notarili documentano che Donato Del Piano intraprende altre attività economiche a Piazza, a Regalbuto e a Noto, tutte località, dove, nel contempo, egli è attivo anche in qualità di organaro. Le attività filantropiche di Del Piano³ trovano un’ulteriore testimonianza, come apprendiamo dal suo testamento, nella fondazione del Conservatorio degli Orfani di Piazza, città dove l’organaro aveva realizzato ben cinque organi, di cui due “non sopravvissuti”. Al conservatorio, fondato in epoca imprecisata, egli legherà, infatti un lascito di cento onze da versare entro i due anni dalla sua dipartita, la cui unica traccia è costituita da una ricevuta di ventinove onze versate dal suo erede, don Antonino Mazzone, al procuratore del conservatorio nel 1787. Riepilogando, da queste notizie tratte dall'opera di Franco Pezzella veniamo a sapere che uno dei più grandi organari del Settecento costruisce nelle chiese e nei conventi di Piazza ben cinque organi (di due si sono perse le tracce) che, dopo alcuni anni, li restaura e ne cura la manutenzione essendone l'organaro ufficiale. Nel contempo a Piazza lui ha altre attività che gli rendono bene e che lo convincono a lasciare una congrua eredità per la fondazione di un Conservatorio per gli orfani piazzesi di cui non ne avevamo alcun notizia sino ad oggi, forse perché alla sua morte le cento onze, quanto costava un organo piazzese, presero altre strade sconosciute, senza lasciare traccia alcuna.

¹ Franco PEZZELLA, Donato Del Piano homo virtuosissimo di far organi e cimbali, Istituto di Studi Atellani, in F. MONTANARO Collana PAESI E UOMINI NEL TEMPO-35, 2016.
² Nome della nostra città sino al 1862, quando a Piazza venne aggiunto il toponimo “Armerina”.
³ L'opera filandropica più importante e più ricordata fu quella di Catania. Nei primi anni Settanta di quel secolo, in coincidenza con <<una lacrimevole siccità, tale che una simile non era stata mai nelle contrade di Catania a memoria di uomini>>, Del Piano aprì e gestì a proprie spese, in zona Montevergine, a poca distanza dal monastero dei benedettini e dal Bastione del Tindaro, <<un nuovo forno in beneficio pubblico in favor dello Spedale di Santa Marta e de’ Poveri>>. Parte degli introiti provenienti dalla vendita del pane bianco alla francese prodotto dal forno, sarebbero stati infatti impiegati <<per sollievo ed alimenti>> dei degenti dell’ospedale di Santa Marta o degli Incurabili e degli indigenti ospitati presso l'Albergo dei Poveri. Qualche anno più tardi estese i benefici ad altre istituzioni assistenziali legate al nosocomio e alla Casa della Purità, come il ricovero di Donzelle vergini e di orfanelle sotto la cura di buone maestre.

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Fontana Oasi Cusmano/n. 58

La Fontana Oasi Cusmano n. 58 è quella nella foto, in marmo con quattro pesci nella vasca che annodano le code fino al calice, dove c'è una ninfa che tiene un pesce. Si trova presso l'Oasi Cusmano "La Malfa" meglio conosciuta come "Boccone del Povero". Dall'aprile del 2015, un decreto della Regione Siciliana ha concesso la possibilità alla CONGREGAZIONE FEMMINILE DELLE SERVE DEI POVERI "BOCCONE DEL POVERO" OASI CUSMANO LA MALFA, di svolgere attività assistenziale a favore di Anziani presso la Casa di Riposo di Contrada Scarante a Piazza Armerina. Dal sito www.cusmano.org sappiamo che <<il fondatore del "Boccone del Povero" fu il Beato Giacomo Cusmano, nato a Palermo il 15 marzo 1834 e morto il 14 marzo 1888 a soli 54 anni, spesi per il servizio dei fratelli poveri in cui vedeva Gesù. Apparteneva alla nuova borghesia siciliana, fu medico assieme ad Enrico Albanese, medico di Garibaldi e fondatore dell’Ospizio Marino a Palermo, e Michele De Franchis. Il Cusmano fu medico di poveri che affollavano la Palermo dell’800 e le campagne di San Giuseppe Jato, dove i Cusmano possedevano terre e case. Ma davanti alla miseria sempre crescente (colera, guerra del ’48 e del ’60, sommosse del ’66) volendo fare di più per la gente si fece prete, prete per i poveri. Contemplando nel volto del Povero Gesù stesso, s’impegnò con tutte le sue forze e i suoi averi a raccogliere, sfamare, istruire i poveri e fonda allora, il “Boccone del Povero”. A casa dell’amico De Franchis aveva visto che ogni commensale, prima di mangiare, metteva da parte un boccone, con cui si sfamava un povero. “Se tutti i benestanti di Palermo facessero la stessa cosa, si potrebbero sfamare tanti poveri”. E va di casa in casa in cerca del boccone, con cui sfamare tanti vecchi, ragazzi, bambine, giovani, sfruttate…>>. Le suore della Congregazione Femminile Delle Serve Dei Poveri precisano che <<Siamo religiose di voti semplici e perpetui, che viviamo una vita fraterna di “carità” ad imitazione di Cristo povero casto e ubbidiente, in una congregazione di vita apostolica, di diritto pontificio, chiamate a vivere la santità nella fedeltà del carisma del Cusmano. Abbiamo come fine "predicare la fede con la carità delle opere" per la salvezza delle anime e la promozione integrale del Povero, a gloria di Dio>>. Nel sito, però, non si parla dell'altro termine "LA MALFA". Dalle ricerche fatte tempo fa, risulta che l'Istituto "La Malfa" fu istituito dal vescovo di Piazza Armerina mons. Mario Sturzo nel 1905; nel 1953 i fratelli Giovanni e Gerolama La Malfa fondano l'Orfanotrofio maschile "S. Gabriele dell'Addolorata" con sede in via Monte Prestami e, nel 1961, i fratelli farmacisti Giovanni e Salvatore, assieme alla sorella insegnante Gerolama La Malfa, lo trasformano in "Casa Del Fanciullo" passando tutti i loro beni alla Congregazione delle Suore del "Boccone del Povero" che si occupano soprattutto dei figli abbandonati da genitori separati. I fratelli La Malfa riposano tutti nel cimitero della Bellia, nella loro tomba sul viale a poche decine di metri a dx dall'ingresso principale. 

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Le vie di Piazza/R

Largo Ritiro

Dal 20 ottobre 2016 ho iniziato ad elencare tutte le strade di Piazza Armerina, con scritto accanto da dove iniziano sin dove arrivano, per meglio localizzarle. Lo scopo principale è quello di far conoscere ai Piazzesi e non il nome sia delle strade conosciute, sia delle tante sconosciute ai più e con nomi particolari. Ogni post elencherà le vie in ordine alfabetico e, per quanto è possibile, è stato messo a chi è stata intitolata. Si accettano segnalazioni di eventuali vie sfuggite nella compilazione.

R

Via RAGUSA, da via Piacenza a via Siracusa
Via PAPA ACHILLE RATTI, (pontefice) da via C. Di Marco a via I. Granato
Via RAUSA, (famiglia) nell'arco Ficarra
Via REBIBA SCIPIONE, (cardinale e gran priore S. Andrea sec. XVI) da via F. Cagno a c.da Dommartino
P.zza REGIONE SICILIANA, da via G. Matteotti-Itria-Piano Canali
C.le RESTIVO, (Ruggero, consigliere com. 1914) nel vico Giarruzzo
Via RIBERA, da via Villarosa a vico Troina
S.ta RIBILOTTA, (Santi, caduto 1^ G.M.) da via S. Rosalia a vico Cattedrale
C.le RIETI, nella via U. Parisi
Largo RITIRO, (sede di un orfanotrofio) da p.zza Umberto I a via Pietro Cagni
Via RIVOLI, (famiglia) da vico Tagnesi a via Celso
C.le RIZZO, (famiglia) nella via G. Verga
Via RIZZO, (Antonino, cons. com. 1903) da via Monte a via Misericordia
Via ROCCABIANCA, (marchesato) da p.zza Gen. Giunta a via Misericordia
Via ROCCAZZELLA, (Liborio, cons. com. 1901) da piano Crocifisso a piazza Don Michele Nicosiano
Piano ROCCELLA ALCESTE, (avvocato e storico) da atrio Municipio a p.tta Fundrò
Via ROCCELLA GUSTAVO, (medaglia d'oro V.M. 2^ G.M.) da v.le Gen. Ciancio a via C. Di Marco  
Via ROCCELLA REMIGIO, (notaio, sindaco e poeta) da v.le Gen. Ciancio a p.zza Caduti sul Lavoro
Via Mons. ROSSO SEBASTIANO, (vescovo di Piazza) da via Amm. La Marca a via Mons. Palermo
Via ROMA, da p.zza Garibaldi a via Mons. Sturzo
Via ROMANO, (Domenico, dottore e cons. com. 1861) da via Monte a via A. Crescimanno
Via ROMANO VITO, (prof. liceo) da via Don Milani a c.da S. Pietro
Via PAPA RONCALLI, (pontefice) da via C. Di Marco a c.da S. Andrea
Via ROSSA GUIDO, (operaio-sindacalista assassinato dalle Brigate Rosse) da via U. La Malfa a via P. Nenni
Viale CONTE RUGGERO, dal 2011 da p.zza Sen. Marescalchi a bivio Madonna Della Noce

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Stemma S. Bartolomeo Trigona

Di nero colonna onoraria¹ bipartita d'oro in alone violaceo

Quando ho parlato del quadro di S. Bartolomeo Trigona in Cattedrale, tra le deduzioni elencavo anche l'immagine in alto a sinistra accanto ai due angioletti, rappresentante un cilindro verticale contornato da una luce gialla/arancione. È l'immagine che ricorda la colonna di fuoco del miracolo che accadde quando l'abate Bartolomeo, chiamato a Messina per discolparsi dall'accusa di aver arricchito i propri parenti con i beni che il conte Ruggero II aveva donato al monastero calabrese, non aprì bocca per difendersi e quindi fu condannato al rogo. Prima di essere dato alle fiamme ottenne il permesso di celebrare l'ultima Messa, ma alla Consacrazione apparve una colonna di fuoco che dai suoi piedi si elevava fino al cielo. Fu questo miracolo che convinse Ruggero II e i presenti a inginocchiarsi per chiedere perdono all'abate dell'errore commesso. È proprio questa immagine della colonna in mezzo al fuoco, che troviamo nello stemma in cima all'arco dell'altare nella cappella a dx dedicata a S. Bartolomeo Trigona in Cattedrale. Sottostante allo stemma, si trova l'iscrizione in latino che ci spiega a chi è dedicata la cappella <<D.O.M - DIVO BARTHOLOMAEO ABBATI - TRIGONIORUM FAMILIAE - GENTILI PATRONO - 1761>> ovvero <<PER MEZZO DI DIO.IL PIÙ BUONO.IL PIÙ GRANDE - AL DIVINO ABATE BARTOLOMEO - PARENTE PATRONO DELLA FAMIGLIA DEI TRIGONA - 1761>>. La data 1761 si riferisce all'anno della realizzazione della cappella in Cattedrale e per ricordare il suo maggior fautore, l'arcivescovo di Siracusa Matteo Trigona Palermo (1679-1753), venne posta una lapide sull'arco di sx e un suo busto soprastante l'aquila con lo stemma gentilizio sull'arco di dx. Inoltre, forse fu una coincidenza che l'anno 1761 morì l'altro alto ecclesiastico membro della famiglia Trigona che diffuse, assieme all'arcivescovo di Siracusa, il culto di S. Batolomeo Abate, P. Vespasiano Trigona S.J. (1692-1761). Questo padre gesuita piazzese dopo aver studiato nel nostro collegio, divenne insegnante di lettere umane e di rettorica, a Palermo ricoprì le cariche di rettore, di maestro dei novizi, di Provinciale di Sicilia e nel 1755 venne eletto Assistente d'Italia sino alla sua morte, avvenuta in Roma il 14/1/1761.

¹ La colonna isolata si dice votiva se è utilizzata con intento religioso, oppure onoraria se utilizzata in senso celebrativo come in questo caso araldico.

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Imperturbabile incoscienza

5 agosto 2017, Piazza Armerina assediata dagli incendi che lambiscono pericolosamente le abitazioni

Due giorni di incendi criminali hanno distrutto completamente i boschi piazzesi. Non si può rimanere insensibili davanti a tanto scempio voluto da menti incoscienti ora, da quelle negligenti prima. Tra qualche settimana tutto sarà dimenticato: sèmu a Ciàzza paisà!

Brucia il bosco

Per opera criminale
brucia il bosco demaniale;
l'aria è diventata oscura,
si respira fumo e arsura.

La cenere in ogni via,
ci sporca la biancheria.
Ora, la temperatura
ha varcato ogni misura.

Puoi andare allo scoperto,
da un ombrello coperto.
Chi causa questi disastri,
fa male a se stesso e agli altri:

anche loro sono umani
e non sono certo immmuni.
Per "questi", senza coscienza,
sarà doppia sofferenza.

Francesco MANTEO, agosto 2017

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Un'altra lapide torna alla "luce"

Breve storia del monastero di S. Giovanni Evangelista

Grazie alla lapide (nella foto) affissa internamente¹, a pochi metri sulla sinistra dal portone d’ingresso dell’attuale Ostello del Borgo, sappiamo che proprio il 29 luglio del 1608, quindi quattro secoli fa circa, moriva la badessa (o abbatessa) Fulgenzia LI GREGNI. Eccovi la traduzione in italiano della scritta in latino:
<<PER MEZZO DI DIO, IL PIÙ BUONO, IL PIÙ GRANDE
A suor FULGENZIA LI GREGNI,
esempio di vita purissima,
per 54 anni diligentissima badessa
di questo monastero per concessione papale.
Per lei, le suore, figlie addolorate, posero (questa lapide).
Morì l’anno del Signore 1608
il 4° (giorno) K (delle calende) di agosto (ovvero il 29 luglio)
all’età di 78 anni>>.
Grazie alle notizie raccolte dallo storico gen.le Litterio Villari nel suo prezioso volume Storia Ecclesiastica della città di Piazza Armerina, Messina 1988, da p. 312, sappiamo che suor Fulgenzia Li Gregni venne eletta badessa (la 3^ su un totale di 16) del Monastero di S. Giovanni Evangelista di Piazza all’età di ventiquattro anni, quindi nel 1554. Allora il monastero operava ancora negli edifici ereditati dalla fondatrice, Florenzia Caldarera vedova del regio milite Giovanni Caldarera. La pia signora Florenzia nel 1361 aveva fondato nella propria casa, dove anticamente c’era l’Oratorio intitolato a S. Giovanni Evangelista, il Monastero del medesimo Santo dotandolo del proprio feudo di contrada Braemi-Rabottano. L’istituzione ebbe l’autorizzazione vescovile adottando la regola di S. Benedetto e dopo circa un secolo dalla fondazione, nel 1450, le sole professe arrivavano ad oltre cento, senza contare le educande e le converse che provenivano esclusivamente da famiglie nobili di Piazza e della Comarca lombarda. La nuova badessa Fulgenzia, monaca di grandi iniziative, progettò nella seconda metà del Cinquecento un grosso ampliamento del monastero, in modo da dare ad ogni consorella una cella e a tutte una permanenza gradita e serena. Durante i suoi 54 anni di governo della Badia portò a compimento l’opera, costruendo al posto dell’antica abitazione Caldarera la nuova chiesa, adattando l’oratorio a refettorio, migliorando il giardino e innalzando una nuova ala dormitorio prospiciente la “stràta a fèra” o “dei mercanti”, l’odierna via Umberto. Poi nel 1664, quindi sessant’anni dalla morte della badessa Fulgenzia, la badessa Maria Stella Episcopo ingrandì ulteriormente l’ala sulla via “dei mercanti” aggiungendo altre 14 celle, dei magazzini e l’infermeria. Dopo il terremoto del 1693, la badessa Margherita Solonia dei baroni di Bonfalura ricostruì il muro di cinta lungo la salita S. Giovanni chiamata “scalazza”. Nel 1697 la badessa Ottavilla (o Ottovilla) La Valle dei baroni di Gerace e Geracello spese 390 onze, dietro autorizzazione vescovile, per restaurare il dormitorio lungo la “stràta û Prìnc’p”, oggi via Garibaldi. All’inizio del Settecento, sotto il governo della badessa Ottovilla Torricella, furono ultimati i lavori di completamento della chiesa, mentre fu rinviata la realizzazione del campanile per l’indisponibilità dei mezzi finanziari. Nel 1715 ritorna la badessa suor Margherita Solonia e realizza due oratori, al piano terra e al primo piano. Poi, nel 1721, nell’occasione di una eredità di 400 onze pervenuta all’anziana suora Ottavilla La Valle, l’abbatessa Angelica Cremona utilizzò la somma per il completamento e l’abbellimento della chiesa chiamando il pittore fiammingo Guglielmo Borremans (1670-1744) che lavorava in quel periodo a Caltanissetta, per gli affreschi. Qualche anno dopo fu progettato e ultimato (nel 1730 ca.) il campanile, come torre campanaria isolata nell’interno del monastero, sotto il governo di suor Eletta Cremona sorella di Angelica. Da allora, dall’alto della torre, le diverse campane suonate all’alba dalle converse, iniziarono a svegliare i Piazzesi che le chiamavano “i campàni da batìa”. Nel 1759, sotto il governo della badessa Maria Crocifissa Cagno, per minaccia di crollo fu abbattuto il dormitorio sull’odierna via Garibaldi per ricostruirlo ex novo. Un secolo dopo, nel 1860, venne demolito il dormitorio sull’odierna via Umberto per ricostruirlo su due piani, come lo vediamo oggi. La vita economica del monastero poteva contare sui proventi di feudi, terre seminative, noccioleti, orti, mulini, raccolte di legna, operazioni finanziarie della propria “Cassa di li Capitali” che operava come un vero e proprio istituto di credito, specie dal 1709 quando col nome di “Cassa di S. Giovanni” l’attività aumentò in misura notevole superando decisamente quella del Monte di Pietà cittadino. All’istituto delle suore si rivolgevano la Deputazione frumentaria del Comune, l’amministrazione Comunale, quella Fidecommissaria della Chiesa Madre (Duomo poi Cattedrale), quelle delle varie Case religiose (Teatini, Gesuiti). C’era anche il reddito proveniente dalle attività artigianali delle monache come dolci e manufatti cuciti e ricamati e delle scuole femminili (magistrale, professionale e musicale per l’apprendimento del clavicembalo, dell’organo, della viola e del violino). Tra le entrate più importanti, c’era anche quella proveniente dalla “dote” che ciascuna monaca portava al momento dell’entrata al monastero che non poteva essere inferiore alle 200 onze. Un’onza corrispondeva a ca. 180 Euro di oggi. Nel 1867 con le leggi Siccardi il nuovo Governo Piemontese confiscò tutti i beni dei monasteri e dei conventi e quello di S. Giovanni Evangelista raccolse tutte le monache sfrattate dagli altri monasteri. Le monache, minacciate di galera e trattate con durezza, ebbero soltanto una minima sovvenzione per sopperire alle più urgenti necessità. Tutto ciò le costrinse a farsi coraggio e a tirare avanti con il loro lavoro di cucito, ricamo, dolceria e scuola di musica. Sino al 1916, quando il Comune, per dare alloggio ai prigionieri di guerra, ordinò alla badessa di allora, suor Marianna Ciancio, di lasciare libero da cose e da persone il monastero entro 8 giorni, dopo ben 555 anni. 

¹ «Quella lapide l'ho fatta collocare io circa otto anni addietro, proprio per evitare che andasse perduta. Il primo che parlò del monastero fu Alceste Roccella e poi, agli inizi del 900, Mons. Calogero Minacapelli pubblicò un libro molto dettagliato sulla storia del monastero e della chiesa nel quale si legge anche della lapide e di tantissime altre notizie molto interessanti. A questo libro attinse molto il Generale Villari». (Prof. Marco INCALCATERRA, agosto 2017)

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Edicola n. 55

L'Edicola Votiva n. 55 si trova in via Aguglia. E' stata ricavata da una ex finestra al primo piano di un immobile a pochi passi da due Edicole Votive, la n. 39 e la n. 40, che si trovano in via Ortalizio, la discesa che dallo Stradonello porta alla provinciale n. 15 per Barrafranca. L'edicola racchiude un quadro con la stampa di S. Giuseppe con Gesù Bambino e un vasetto con dei fiori in plastica. Il tutto è protetto da un telaio con due sportelli in ferro che stanno quasi sempre aperti. L'ho potuta censire grazie alla segnalazione di un'amica che frequentava quella zona, altrimenti non avrei potuto perché non è tanto visibile ai passanti. Nella sua semplicità devo dire che è tenuta bene, grazie al proprietario dell'immobile che la ospita. Colgo l'occasione per ricordare che del cognome Aguglia nella nostra Città si ha notizia sin dal 1546, quando al Viceré di allora, don Giovanni de Vega, fu segnalata la spietata lite tra due grosse fazioni piazzesi per grossi motivi di interessi economici. Le due fazioni contrapposte erano formate da un lato dalle famiglie Aguglia, Trigona, Crescimanno, Zebedeo, Bonaccolti, de Amore, Sanfilippo, Bisazza, Pillotta e La Torre, dall'altro dalle famiglie de Assaro (la famiglia della futura moglie del barone Marco Trigona, Laura) e Lo Bosco. Solo nel 1555 furono firmati nella chiesa maggiore i "capitoli di la pachi" (capitoli di pace) alla presenza del figlio del Viceré, Ferdinando de Vega.

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Le vie di Piazza/P - Q

Piazza Giuseppe Paladino

Dal 20 ottobre 2016 ho iniziato ad elencare tutte le strade di Piazza Armerina, con scritto accanto da dove iniziano sin dove arrivano, per meglio localizzarle. Lo scopo principale è quello di far conoscere ai Piazzesi e non il nome sia delle strade conosciute, sia delle tante sconosciute ai più e con nomi particolari. Ogni post elencherà le vie in ordine alfabetico e, per quanto è possibile, è stato messo a chi è stata intitolata. Si accettano segnalazioni di eventuali vie sfuggite nella compilazione.

P

Via PAPA PACELLI, (pontefice) da via C. Di Marco a via I. Granato
Via PADOVA, (dal 2011 via Don Milani) da via Gen. Ciancio a via Toselli
C.le PAGLIARO, nella via Carbone
P.zza PALADINO GIUSEPPE, (pittore) da via Umberto I a via Seminario
Via MONS. PALERMO, (vescovo di Piazza) da via P. Intorcetta a c.da S. Giorgio
Via PAPÈ ANTONIO, (piazzese valoroso) da via F. Cagno a via Monza
Via PAPINI GIOVANNI, (scrittore) traversa di via F. De Santis
C.le PAPPALARDO, (Salvatore, docente Regio Liceo) nella via Cucuccio
Via PARISI, (famiglia) da via Monte a via Tudisco
Via PARISI UMBERTO, da p.zza A. De Gasperi a c.da Domartino
Via PARLAGRECO CARLO, da via dr. S. La Malfa alla stessa via
Via PARLASCINO, (Mario, caduto 2^ G.M.) da via G. Matteotti alla stessa via
C.le PARLATO,(Raffaele, sindaco poi podestà) nella via Umberto I
Via PASCOLI GIOVANNI, (poeta) da via B. Croce a c.da Costantino
Vico PATERNICÒ, (famiglia) da via S. Nicolò a via Campagna di S. Martino
Via PATERNICÒ FILIPPO, da via G. D'Annunzio a via Mons. Catarella
Vico PATERNÒ, (famiglia) da piano F. Sottosanti a c.da Domartino
Vico PATRÌ, (famiglia) da via Tudisco a via Ferrante
Via PAVONE, da piano Carcere a via Muscarà
C.le PECORA, (Vincenzo, caduto 1^ G.M.) nella via G. Matteotti
Vico PECORELLA, da via Emma a vico Abisso
Via PERGOLA, da p.zza Gen. Cascino a via Celso
Vico PERGUSA, nella via S. Giorgio
Discesa PESCHERIA, da p.zza S. Rosalia a via Giurbino
C.le PETRALE, nella discesa La Rosa
Via PETRARCA FRANCESCO,(poeta) da via Machiavelli a c.da Costantino
Via PIACENZA, da via Vitt. Veneto a via Caltanissetta
Via PIAZZA FILIPPO, (sacerdote, professore e storico locale) da via L. Gebbia a c.da S. Pietro
Via PIAVE, da v.le Gen. Ciancio a v.le Gen. Muscarà
Vico PILOTTA, (Salvatore, caduto 2^ G.M.) da via S. Agostino a Largo Salvatore
Via PIRANDELLO LUIGI,(scrittore) da via S. Filippo a c.le Giarrizzo
Via PIRRO ANTONIO, (protomedico piazzese, nel 1527 operò per debellare la peste in Sicilia) da via G. Montalto a c.da Dommartino   
Via PISA, nella via Mendozza
Arco PISTOIA, da via Cannizzo a via S. Lucia
C.le PITTÀ, (Paolo, canonico insegnante Regio Liceo) nella via Iaci
Via PITTÀ, (Filippo, musicista maestro di cappella in Cattedrale) da p.zza Duomo a c.le Taormina
Arco PLATAMONE, (famiglia) da via Garibaldi a via Umberto I
Via POCOROBBA, (Concetto, caduto 2^ G.M.) da via Tudisco a via Stradonello

Largo PORTA CATALANO, da via Stradonello a via Costa Vallone di Riso

Via PORTA CATALANO, dalle vie Muscarà e Tudisco a via Stradonello
Via PRINCIPATO SALVATORE, (maestro antifascista fucilato nel 1944) da p.zza A. De Gasperi a piano Canali
Via PROCACCIANTI, (famiglia) da via S. Lucia a c.le Sottile
C.le PULICI PIETRO, (benefattore piazzese dell'Ottocento) nella via Castellina

Q

Via QUASIMODO, (Salvatore, poeta) da via Col. Tuttobene a via P. Nenni

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Aguzzate la vista n. 27

La croce mai vista nella chiesa più antica della Città

È vero, all'occhio allenato del curioso nulla sfugge. L'altro giorno mi trovavo in piazza Martiri d'Ungheria, meglio conosciuta come piazza Teatini, in attesa che aprisse l'agenzia assicurativa e pensavo a quanta storia ci fosse in queste poche decine di metri quadrati. Un convento, un monastero e una Casa/Collegio con le rispettive chiese, palazzi nobiliari e una torre con le vecchie mura della città attorno alla piazza chiamata anche "del mercato settimanale", al di sotto della quale durante la seconda Guerra Mondiale era stato ricavato un rifugio antiaereo. E mentre pensavo, mi chiedevo se, guardando molto più attentamente il muro millenario della chiesa che avevo davanti, avessi potuto scoprire qualche dettaglio ancora sconosciuto. Ho avuto fortuna e gli occhi sono caduti su un piccolo blocco di pietra arenaria dove è scolpita una croce, chissà quando e da chi. La croce è quella nella foto in alto ed è la tipica "croce greca" formata da quattro bracci di uguale misura che si intersecano ad angolo retto. Questo "ritrovamento" mi dà lo spunto per riassumere la millenaria storia di questa prestigiosa ma dimenticata chiesa, riportando brani tratti dal libro dello storico Litterio VILLARI, Storia Ecclesiastica..., 1988, pp. 358, 359. La chiesa di S. Maria al Patrisanto concessa ai Teatini era ed è la più antica della città. Costruita sul finire del secolo XI (1090 ca.) fu donata¹ dal conte Simone Aleramico, dei marchesi del Vasto e di Savona, alla chiesa episcopale di Catania nell'anno 1142. Nulla ci è dato sapere sull'attività religiosa nel periodo normanno-svevo però, da un documento dell'antipapa Nicolò V del 1329 sappiamo che la chiesa è costituita a rettoria, cioè sacramentale o suffraganea della Chiesa Madre e che si trova nel borgo abitato chiamato "il Patrisanto" situato nel pendio fra la torre e la "Taccura", in quella striscia di terra detta anche "Casette". Nel secolo XVI (1500) la chiesa cambiò nome da S. Maria al Patrisanto² a quello di S. Lorenzo Martire in omaggio alla famiglia aidonese dei Gioeni che proprio allora ne ereditava dai Branciforti il patronato. Con l'arrivo dei Teatini nel 1609 il titolo di chiesa sacramentale passò alla vicina chiesa di S. Stefano. Della primitiva costruzione, opera architettonica normanna, si sono conservati i muri esterni³; in particolare il lato a sud (quello sulla piazza) mostra i segni del primo periodo del gotico siciliano nel caratteristico portale ad arco acuto e nelle quattro finestre-feritorie, delle quali tre trovansi ad un metro dall'antico tetto, mentre la prima è situata più in basso e pare sia servita ad uno scopo speciale. Queste finestre-feritoie sono "molto simili alle finestrelle della chiesa di Sant'Andrea" (prof. Onofrio PRESTIFILIPPO) e si riscontrano "affinità con l'architettura di Sant'Andrea e della Commenda" (Walter LEOPOLD). L'interno e la facciata incompleta sono di epoca barocca, ricostruiti nel secolo XVII (1600) dai Teatini. L'interno, originariamente a tre navate, con antichi affreschi4 che affiorano di tanto in tanto sulle pareti, venne ristrutturato sul modello della chiesa teatina romana di S. Andrea della Valle. A lavori ultimati, circa l'anno 1650, assunse l'attuale configurazione di chiesa ad una vasta navata centrale di cui parlerò, dettagliatamente, un'altra volta. 

¹ <<Il diploma di donazione fu scritto in lingua greca e ciò lascia intendere che la zona era abitata da persone che parlavano greco (gli antichi bizantini)>>. (Onofrio. PRESTIFILIPPO, Notizie sulla Chiesa dei Teatini, Dattiloscritto, 2006?, p. 1) 

² In qualche testo è detta erroneamente di Santa Maria del Gorgo Nero confondendola con un'altra, sempre esitente nel piano del Patrisanto, chiamata appunto di S. Maria del Gorgo Nero (in qualche testo anche della Fonte di Vico), ma andata distrutta proprio nello stesso XVI secolo. Quest'ultima chiesa custodiva una grande immagine di stile bizantino della Madonna che, a causa della distruzione, fu portata nella chiesa di S. Barbara. In seguito, dopo l'arrivo dei Teatini, l'immagine fu riportata in S. Lorenzo al Patrisanto. Nel 2000, il vice-presidente della Casa di Riposo S. Giuseppe, prof. Onofrio PRESTIFILIPPO, mentre faceva <<pulire la Chiesa dalle sozzure provocate dai piccioni e risistemare le chiusure delle porte>> trovandosi a <<rovistare tra l'intercapedine tra il muro Medievale e il muro seicentesco ho trovato due tele mal ridotte, esse sono: la famosa Madonna del Gorgo Nero e San Michele Arcangelo>>. Per essere più sicuro dell'originalità del quadro il professore chiese aiuto al gen.le Villari che, dopo qualche mese di ricerche, gli indicò un libro nella nostra Biblioteca Comunale dove <<troverà una fotografia della Madonna>>. Fu così che il professore Prestifilippo aveva ritrovato la famosa tela bizantina del XII secolo <<in mezzo agli escrementi di piccione>> (Ibidem, p. 8).

³ <<Infatti dovete sapere che tra il muro medievale prospiciente il piano Teatini e la ricostruita chiesa seicentesca esiste un'intercapedine che corre lungo la parte laterale della chiesa fino alla facciata principale. Esistono, insomma, due muri. Quindi è da ritenere che i Teatini procedessero a una demolizione e ricostruzione progressiva dell'intera chiesa medievale, così da garantire sempre uno spazio utile per la celebrazione della messa. A proposito del muro medievale voglio ricordare a tutti che la parte finale dell'intercapedine è usata attualmente come camera mortuaria della chiesa di S. Stefano con una porta costruita in epoca successiva (n.d.r. sottostante la piccola finestra-feritoia con la croce accanto, nella foto in basso)>>. (Ibidem, p. 12)

4 <<Nel mese di dicembre del 1767 Donato Del Piano (n.d.r. l'organaro) è a Piazza Armerina dove è chiamato dai fidecommissari della chiesa matrice per eseguire alcuni rifacimenti agli organi da lui costruiti tra il 1740 e il 1743 e per perfezionare e firmare le convenzioni per la realizzazione degli organi della Casa dei Padri teatini e del convento delle monache benedettine. Il giorno 14 di quel mese si accorda, infatti, con padre Tommaso Valguarnera, preposito della Casa dei padri teatini, per la costruzione di un organo per l’attigua chiesa di San Lorenzo al Patrisanto, pregevolmente affrescata alcuni decenni prima dal pittore fiammingo Guglielmo Borremans>>. (F. PEZZELLA, Donato Del Piano, I.S.A., GRUMO NEVANO 2016, p. 63)

cronarmerina.it

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