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Gaetano Masuzzo

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La miniera Floristella

 
La miniera Floristella, che comprendeva anche le zolfare di Grottacalda e Gallizzi, fu considerata una delle miniere più importanti del Distretto Minerario di Caltanissetta, e quindi della Sicilia, sia come produzione sia come purezza dello zolfo estratto, considerato della qualità migliore disponibile sul mercato. Nella miniera lo zolfo venne scoperto nella seconda metà del '700 e il feudo di Floristella, appartenuto prima al piazzese Giuseppe di Giovanni barone di Floristella nei primi decenni del '600, nel 1631 ai figli Vincenzo e Brigida e nel 1651 al nipote Giuseppe, verso la fine del secolo passò all'Ordine dei Gesuiti, sino alla loro espulsione nel 1767. Il feudo confiscato dal demanio, fu posto in vendita nel 1778 e acquistato dal Maestro Notaio della Corte Giuratoria di Acireale Salvatore Pennisi nel 1782. I baroni Pennisi, che ottennero la licenza di sfruttamento della miniera nel 1825, la diedero in gabella a diversi imprenditori, sino al passaggio degli impianti all'Ente Minerario Siciliano nel 1963. La chiusura definitiva in seguito alla crisi dello zolfo avvenne nel 1986. L'organizzazione della miniera Floristella era quella tipica: proprietario, gabellotto, direttore tecnico, capimastri, picconieri, vagonari, spesalatori, acquaioli, calcaronai, arditori e carusi alle dipendenze dei picconieri. I carusi erano quelli che trasportavano il materiale estratto dall'interno all'esterno della miniera, aiutandosi con sacchi o piccole sporte di giunco, dette stirratura (da sterr = sterro, risultato dello scavo della terra) che ponevano sulle spalle. Per alleviare il peso di ogni carico, variante da 20 ai 35 Kg, le stirratura (pl. femm.) o st'rraöri, st'rratùri (pl. masch. nel nostro idioma) attraverso delle cordicelle venivano attaccate alla fronte dov'era collocato una specie di cuscino detto chiumazzàta (ciumàzz, il cuscino da noi). Il lavoro iniziava spesso all'età di 9 anni, il contratto era a cottimo e la retribuzione così bassa che lo rendeva molto conveniente a discapito della meccanizzazione. Nel gennaio del 1892 risultavano operativi nella miniera di Floristella 14 fanciulli dai 10 ai 12 anni e 40 dai 12 ai 15; raramente venivano impiegate donne come carusi e comunque nel 1907 ne fu vietato completamente l'utilizzo. A proposito della sporta di giunco, sino a qualche decennio fa non era difficile sentir dire dai genitori ai figli poco diligenti e studiosi: "S' nan stùdi t' spètta u st'rratùr!" (Se non studi ti aspetta u st'rratùr). Per approfondire l'argomento: Fontana Floristella/n.34.
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Famiglia Aidone (de)

Di rosso alla fascia d'argento sormontata da due stelle di sei raggi d'oro ed accompagnata in punta da uno scaglione d'argento.
 
Lo stemma nella foto appartiene alla famiglia piazzese Aidone (anche de Aidone o d'Aidone) e il primo a essere registrato a Placie è P. de Aydona in un documento che riporta i 101 nominativi di militi/nobili presenti sul nostro territorio nel gennaio del 1283, quando re Pietro d'Aragona li mobilita contro gli Angioini al tempo del Vespro. Durante il regno di Federico I re d'Aragona II di Sicilia (1272-1337) Corrado d'Aidone è segretario del Re. Da questi nascono Giacomo e Gerardo. Giacomo genera Giovanni barone del feudo di Giuliana; Gerardo, che risulta barone di Montagna di Marzo, genera Riccardo e questi Bernardo nel 1453. Quest'ultimo genera Giovanni, dottore in legge nel 1479, che si sposa con Vincenza figlia di Pietro Gaffori. Dal matrimonio nasce Elisabetta che nel 1497 succede al padre in detto feudo. Elisabetta¹ dà alla luce due figlie, Catarinella e Vincenza, che per loro la piccola età devono rinunciare al feudo del quale se ne investe il nonno Pietro come tutore. Nel 1408 la famiglia appare nel Ruolo dei Feudatari di Placie. In tale documento, si trovano le seguenti famiglie risiedenti da secoli nella città: de Moac, de Caldarera, de Aidone, Barresi, Naselli, Villardita, Capizzana; da pochi decenni la famiglia Ventimiglia; portate da eventi bellici di questo periodo le famiglie Colomba, Landolina, Pugliu o Pugliese. Il primo della famiglia a essere riportato nel mio libro Cronologia¹ è Enrico de Aidone barone di Montagna di Marzo nel 1300 ca. (quindi è predecessore nel feudo di Gerardo di cui sopra). 1464 Bernardo de Aidone è notaio, 1553 Timeo d'Aidone è Maestro in Teologia e Priore del Convento dei Carmelitani, (il blasone nel Chiostro è suo), 1563 Vincenzo de Aidone è Padre Carmelitano ad Agrigento.  
¹ Gaetano Masuzzo, Cronologia civile ed ecclesiastica di Piazza e dintorni, Ed. Novagraf, ASSORO 2008.
² Elisabetta d'Aidone de Gaffori nei primi anni del Cinquecento rimasta vedova, si sposa nel 1516 con Matteo Trigona, figlio di Nicola capostipite dei Trigona di Piazza.
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Piano Duilio

1925, Inaugurazione del monumento ai Caduti guerra 15/18
Monumento ai Caduti in Piazza Duilio
Il 21 giugno del 1925 fu inaugurato, alla presenza di Sua Altezza Reale Filiberto Ludovico di Savoia, il monumento ai militari Caduti durante il Conflitto Mondiale del 1915-1918. L'inaugurazione del monumento, dello scultore palermitano Andrea Manzella, avvenne nel piano sottostante la chiesa di S. Stefano, che da allora prese il nome di Duilio¹. Questo nome proviene dal nome latino Duilius, forse derivante da Duellum, forma arcaica di Bellum = Guerra, col possibile significato di "uomo di guerra", "valoroso in guerra". Era portato da Gaio Duilio, generale romano che riportò una importante vittoria navale contro i Cartaginesi nella I Guerra Punica. Alla base sono scolpiti 422 nomi di ufficiali e soldati semplici piazzesi, di cui 270 della I Guerra Mondiale. Tra i pochi fortunati che tornarono vivi ci fu mio nonno Masuzzo Angelo detto 'Ngiulinu u Bersagliér 1893-1981.
 
¹ Il 25 aprile del 2014 il Piano Duilio è diventato Piazzale Villari, in ricordo dello Storico piazzese Generale Litterio Villari (1921-2004). Altri post sull'argomento: Giovani piazzesi da ricordare sempre/1.
 
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