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Cronarmerina - Maggio 2025

Fontanella Torre di Renda/n. 12

Questa è la seconda fontanella che troviamo nell'Azienda Turistica Torre di Renda. Sullo sfondo della semplice e graziosa fontanella si può ammirare il panorama mozzafiato del versante Nord/Est della nostra Città. L'Azienda Turistica dei fratelli Golino si trova a ca. 3,5 Km. dal centro abitato e lungo il percorso si passa accanto a due gioielli storico-ecclesiastici di Piazza, la chiesa e Gran Priorato di Sant'Andrea (1148) e la chiesa e convento francescano di S. Maria di Gesù (1418).  
 
cronarmerina.it
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Edicola n. 19

L'Edicola Votiva n. 19 è quella di via Sette Cantoni, nucleo commerciale principale della Città sino a qualche decennio fa. È dedicata alla Sacra Famiglia rappresentata da tre belle statuette racchiuse in un'altrettanto bella nicchia ricavata in una delle Sètt Cantunèri, quella proprio di fronte la discesa intitolata allo storico avv. Alceste Roccella (1827-1908 in Villari o 1827-1908 in quadro Municipio). Per tornare un po' indietro nella frenetica vita che si svolgeva sin dall'alba in questa via, vi consiglio di leggere il post "Sette Cantoni un secolo fa" del 15 Ott. 2014 tratto dal libro Memorie Armerine del prof. Giovanni Contrafatto (1910-2004). Inoltre, per chi volesse approfondire il perché del nome "Sette Cantoni" ci sono i post Il dilemma Sette Cantoni e Sette Cantoni secondo me e quello, più recente, Ricordate il dilemma Sette Cantoni?. A pochi passi esiste un angolo di Piazza poco conosciuto, leggetevi il post Angoli e nomi dimenticati
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina   
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L'Eremo di Piazzavecchia

 
L'eremo di Piazza Vecchia in alto a dx
 
Avevo promesso di pubblicare per intero la poesia del poeta Girolamo Giusto dalla quale erano stati tratti i versi riportati sull'edicola votiva n. 7, quella sotto l'Arco che porta al Chiostro dei Benedettini (Municipio) accanto alla Chiesa di Fundrò, eccovela: 

 

LU RIMITU DI CHIAZZAVECCHIA

'Nnomu di Diu e di la Madunnuzza
ch' a sò Figghiu Gesù si teni 'mbrazza;
pi Didda lu dimoniu cca nun truzza,
e di tutti li mali nni sbarazza.
 
A Chiazzavecchia nni la sò chisuzza,
'ntutti li chiesi e 'ntutti li palazza,
ni li cappelli la Bedda Matruzza,
è la difisa a sta divota Chiazza!
 
Ci dassi quantu spera lu sò cori
a la Madonna, puru 'na juntuzza:
data ccu arma ci nni vò tisori!
 
'Na mutura? Un munneddu!? Oh signurinu,
(Vasàtila, carù, st'Immaginuzza)!
la Madonna abbunnassi stu jardinu!
 
Girolamo Giusto
(Chiazza li so campagni e la cugghiuta di li nuciddi, Officina Tip. "La Stampa", Catania 1937, p. 125)
 
Note originali: Truzza - Da di cozzo; Cappelli - Nelle piazze, nelle strade principali sonvi "nicchie" con l'Immagine della Madonna della Vittoria - Mutura, munneddu - Misure di capacità.
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Il Mistero di Majorana continua

Il 12 dicembre scorso nel post Prima di Majorana, dove si parlava dei vari nomi dell'Istituto Industriale di Piazza, eravamo rimasti con i dubbi sulla scomparsa nel marzo del 1938 del famoso fisico nucleare catanese Ettore Majorana. Sono di questi giorni le notizie apparse sui giornali relative al Majorana che vi riassumo brevemente.
 

<<Ettore Majorana: vivo tra '55 e '59>>

'Accertato dalla Procura di Roma, si trovava in Venezuela'

(ANSA) - ROMA, 4 FEB - Ettore Majorana, il geniale fisico catanese cresciuto in via Panisperna e che alcuni esperti collocano tra Newton ed Einstein, scomparso misteriosamente nel 1938, era vivo, nel periodo 1955-1959, e si trovava, volontariamente nella città venezuelana di Valencia. Lo ha accertato la Procura di Roma che ha indagato sulla scomparsa e ora chiesto l'archiviazione... Probabile che lo scienziato, spaventato dalle sue scoperte sull'atomo, abbia deciso di sparire senza lasciare tracce... in una foto scattata in Venezuela nel '55, analizzata dal Ris, Majorana, conosciuto con il cognome Bini, appare insieme con un emigrato italiano, Francesco Fasani, meccanico, subito dopo aver ricevuto un prestito. L'uomo che appare insieme con Fasani risulta compatibile con i tratti somatici del fisico catanese... Dopo aver accertato che Ettore Majorana era vivo tra il 1955 e il 1959, per la procura di Roma è stato impossibile stabilire che fine abbia fatto poi il fisico italiano.
 

<<Majorana: testimone, visto a Roma nell'81>>

'Era un senzatetto, ospite del convento da cui si era allontanato'

(ANSA) - ROMA, 5 FEB - "Ettore Majorana era sicuramente vivo nel 1981 ed era a Roma. Io l'ho visto". Dopo gli sviluppi sulla scomparsa del geniale fisico catanese - di cui si erano perse le tracce nel 1938, ma che la procura della capitale ha stabilito si trovasse in Venezuela tra il 1955 e il 1959 - un testimone racconta all'ANSA di averlo incontrato in centro di Roma 34 anni fa insieme a mons. Luigi Di Liegro, il fondatore della Caritas romana. Era un senzatetto, ospite di un convento da cui si era allontanato.
 
N.B. Su internet esiste un sito di Majoranologia che raccoglie un bel po' di materiale sullo scienziato scomparso misteriosamente per chi volesse approfondire.
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
 
  • Pubblicato in Uomini
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Edicola n. 18

Quest'Edicola Votiva n. 18 del mio censimento, secondo me è tra le più antiche e più grandi della Città. Ovviamente ha subito tante trasformazioni, ma il sito è rimasto immutato nei secoli. Rappresenta la Madonna della Stella e si trova in una piccola piazzetta del quartiere Monte. La piazzetta è formata dalla parte finale della via Antonio Crescimanno, chiamata prima appunto via Madonna della Stella e, prima ancora, via Madonna della Facciranna. E' proprio in questa zona che i Padri Agostiniani arrivarono nel 1510 ottenendo dal Comune dei locali dove fondarono l'Oratorio della Madonna della Stella, mentre per i loro uffici divini fu concessa la chiesa vicina della SS. Trinità. Il termine Facciranna (Facciagrande) deriva dal fatto che in prossimità della via Milazzo, anch'essa nei pressi della piazzetta di cui sopra, esisteva una chiesa con un dipinto della Madonna dove risaltava soprattutto il viso (facci) rispetto a tutto il resto. In questa chiesa che c'era nell'odierna via Milazzo, i Padri della Congregazione dei Frati Agostiniani iniziarono avenerare la loro Madonna, S. Maria della Stella. Nel 1583 gli Agostiniani si trasferirono nell'edificio di fronte la chiesa di S. Giuseppe fondando il Convento di Sant'Agostino (ecco perché esiste ancora oggi la via Sant'Agostino).  
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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3 Febbraio, San Biagio a Piazza

La statua di San Biagio nella chiesa di Santo Stefano

Oggi si festeggia San Biagio, vescovo del III secolo, di cui a Piazza c'è l'unica statua nella chiesa di Santo Stefano, sopra il primo altare entrando sulla dx. Tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento a Piazza si manifestò il culto verso Santo Stefano accanto alla Porta di San Giovanni Battista, chiamata così per la presenza a poca distanza della chiesa/commenda. All'inizio si trattò solamente di un oratorio poco fuori le mura, per pregare affinché fossero tenute lontane dalla città le epidemie introducibili dagli stranieri e dagli abitanti dei paesi vicini, attraverso la porta sucitata. Si racconta che per il miracoloso intervento di San Biagio, nell'aver impedito l'ingresso nella città di una grave malattia dell'apparato respiratorio (forse difterite), fu attribuito un particolare culto al Santo presso questa chiesa. Infatti, San Biagio è invocato per il mal di gola, per aver salvato un bambino dal soffocamento per una spina di pesce. Nella seconda metà del Seicento la chiesa venne ingrandita e abbellita, grazie al contributo di facoltose e nobili famiglie piazzesi come gli Starrabba e i Solonia, che abitavano nelle vicinanze e delle quali esistono gli stemmi. Colgo l'occasione per fare gli auguri di buon onomastico a tutti i Biagio, Biagino, Gino, G'nuzzu, Bràsi e Bràsg, e quindi a mio padre Gino. Nella foto si può notare che nella mano dx San Biagio tiene un pettine che sembra una molla, è il pettine per cardare la lana col quale fu straziato prima di essere decapitato.
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Ruota degli Esposti 4 (ultimo)

 
La Ruota del Convento di San Francesco al quartiere Monte
 
 
 
Il vano dove era situata la Ruota del Monastero di San Giovanni Evangelista
 
4^ e ultima parte
 
(dalla 3^) Nella nostra Città le RUOTE per gli Esposti erano due, una presso il Convento Francescano al Monte, l'altra presso il Monastero delle Benedettine di San Giovanni Evangelista (nei pressi del Piano Teatini). Quella del Convento Francescano (foto in alto) era posta nell'angolo a sx del portone principale dell'Ospedale di Santo Spirito nel 1600, chiamato dal 1771 Ospedale Chiello, sede tra l'altro dell'Opera Pia degli Esposti o Gitatelli¹, di cui il primo amministratore fu nel Seicento Don Andrea Trigona, presente tra i benefattori quando abbiamo parlato dei Legati di Maritaggio del Monte di Pietà. L'altra ruota si trovava all'ingresso principale del Monastero delle Benedettine di San Giovanni Evangelista, ove ancora oggi è possibile vedere il piccolo vano che l'accoglieva (foto in basso) entrando dal portone sulla dx, oggi ingresso dell'Ostello del Borgo. All'alba del terzo millennio il fenomeno dell'abbandono è ancora attuale nella nostra società, che ha la pretesa di considerarsi civile. Per questo dramma, una risposta efficace è la riedizione delle RUOTE nelle più moderne e tecnologiche Culle per la Vita proposte dal Movimento per la Vita. Questo è rappresentato da una Federazione di oltre 600 movimenti, centri, servizi di aiuto e case di accoglienza esistenti in Italia, che si propone di promuovere e difendere il diritto alla vita soprattutto del bambino non ancora nato o neonato e le Culle in Italia sono 45 presenti da Aosta a Palermo, da Brescia a Paternò². (tratto da Valentina CARERI e Fabrizio CASSIBBA, Il fenomeno dell'abbandono nella storia: la RUOTA degli Esposti a Piazza Armerina, U.S. Palermo, Facoltà di Architettura, Tesi di all. arch,, A.A. 2006/07, Biblioteca Comunale di Piazza Armerina)

¹ Come erano chiamati allo Spedale degli innocenti di Firenze, costruito dietro l'impulso della Corporazione dell'Arte della Seta ex Corporazione dei Baldrigai (ritagliatori di panni) nel XV sec. Lo Spedale funzionava anche da orfanotrofio e ricovero per ragazze madri. La Corporazione fu soppressa nel 1770. A Milano i bambini abbandonati erano chiamati "colombe o colombini" ed erano accolti presso l'Ospedale Maggiore, la Ca' Granda costruita dagli Sforza, dal 1456 a fine '700. Più di 350mila sono quelli iscritti nei registri tra il 1659 e il 1920 (<https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/12/31/assistenza-ai-trovatelli-nella-milano-dal.html> 25/10/2021). Le Ruote furono soppresse definitivamente dal fascismo.

² Notizia del 3 gennaio 2015: «I medici l'hanno chiamata Daniela, e oltre ad essere una delle prime nate dell'anno, è la prima bimba ad essere stata lasciata nella culla termica per i bambini "non desiderati" dell'ospedale Careggi di Firenze. Una risposta ai tempi di crisi? La culla funziona come l'antica ruota degli esposti medievale... nata dal progetto "Ninna Ho"... la culla termica si aziona con un pulsante che apre una saracinesca, e grazie a una webcam avverte i medici di turno della presenza di un bebè nel locale climatizzato. Nulla che renda meno gravoso privarsi di un figlio, ma di certo lo rende più sicuro» (<https://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/01/03/firenze> 3/1/2021).

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Edicola n. 17

 
Quasi due anni fa avevo già parlato di questa Edicola Votiva in due post del 6 aprile L'Edicola al Gen.le Cascino e il 7 aprile 2013 La Madonna al Gen.le Cascino. Oggi Ve li ripropongo per intero nel seguente post L'Edicola Votiva al Gen. Cascino - n. 17 del mio censimento. 
 
Finalmente dopo tanti anni ho potuto leggere quello che c'è scritto alla base del quadro che sta nell'Edicola Votiva al Generale Cascino, tra i numeri civici 11 e 12. Era da tanto che mi ripromettevo di approfondire le notizie in merito, anche perché proprio sotto la cornice c'è una targa, oggi in plastica, ma mi ricordo di averla vista alcuni anni fa in ceramica, con la seguente scritta: "Il.mo Rev.mo Mons. D. Filippo Trigona vescovo di Siracusa concede gg. 40 d'indulgenza a chiunque e quante volte reciterà una Ave a l'immagine di Maria Santissima 1809". Ebbene questa mattina, con la gentile collaborazione e disponibilità del gestore del bar vicino Sig. Giuseppe Castellana che, dopo aver pulito il vetro che ricopre il quadro, si è approntato a fornirmi di scala a forbice, ho potuto scattare alcune foto senza la grata e nel contempo ho potuto leggere da vicino la scritta che si trova alla base del quadro stesso. Intanto è abbastanza evidente, e io non sono un intenditore in materia, che è stato ritoccato tante volte, poi l'immagine si rifà a quella del quadro della Madonna delle Vittorie e alla base sta scritto in tre righe: "IMAGINE DI MARIA SS.MA DEL SOCCORSO SOTTO/ TITOLO DELLA ROCCA PEL CASTELLO CHE ERIGRASI IN QUESTA/ ADIACENZA".
Le poche parole riportate alla base del dipinto ci fanno sapere a chi è dedicata l'Edicola e il perché si trovi in quel posto. Il titolo "del Soccorso" è chiaro che richiama il nome della chiesetta dirimpetto l'edicola (da considerare che nei primi anni dell'Ottocento ancora non c'era il cinema Ariston), già esistente nei primi decenni del XII secolo, su cui resti fu costruita la Commenda di S. Giovanni Battista dai Cavalieri Crociati Ospedalieri intorno al 1145. Infatti, tutta la zona circostante la Commenda dentro le antiche mura della Città, veniva intesa come Quartiere di S. Maria del Soccorso e, dopo la costruzione della Commenda, Quartiere di S. Giovanni Battista. Senza dimenticare che le Commende nacquero soprattutto per prestare soccorso ai pellegrini e ai cavalieri di passaggio diretti o di ritorno dalla Terra Santa. Per l'altro titolo "della Rocca" bisogna sapere che proprio in questa adiacenza nel piano delle Botteghelle esisteva la chiesa (non si conoscono le dimensioni) di S. Maria della Rocca, che ho elencato nel mio libro tra le 5 chiese urbane abbattute. Rocca era chiamata la zona del quartiere Casalotto situata al di sopra dell'edicola, infatti ancora oggi esiste la via Madonna della Rocca, dove doveva esserci una piccola fortezza o rocca, di cui si sconoscono le dimensioni, sede per tanto tempo del Comando della Milizia Urbana della Comarca di Piazza. Inoltre, si chiamano Rocca sia il torrente, oggi sotterraneo, proveniente dall'alto del quartiere, e sia la valle attraversata dallo stesso, sotto la costa S. Francesco. Per quanto riguarda il Vescovo che concedeva l'indulgenza nel 1809, si tratta di uno dei tre Vescovi della famiglia Trigona¹, mons. Filippo Maria Trigona Bellotti dei baroni di Imbaccari Sottano Terra di Mirabella e di S. Cono, nato a Piazza nel 1735 e morto nel 1824. Vescovo di Siracusa dal 1807 nel 1818 ricoprì la carica anche di Delegato per i primi adempimenti della nascente Diocesi di Piazza.
Sono sicuro che chi ha letto queste righe, la prossima volta guarderà con più attenzione quest'edicola semplice ma importante o General Cascinu.

¹ La famiglia Trigona annovera anche un Vicario Apostolico della Diocesi di Piazza dal 1867 al 1872, mons. Benedetto Maria Trigona della Floresta.

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Ruota degli Esposti 3

 
 
3^ Parte
 
(dalla 2^) Solo per i fortunati poteva accadere che i genitori, una volta superate le difficoltà economiche, decidevano di riprenderseli. Ciò era possibile se il bambino veniva abbandonato con un oggetto che ne rendesse certa la riconoscibilità: una moneta, una medaglietta, l'immagine di un Santo, oggetti spezzati a metà, nastri colorati ai polsi o alle caviglie, un biglietto scritto. In molti brefotrofi (istituti per i neonati abbandonati) vi era l'abitudine poco ortodossa di marchiare a fuoco o tatuare gli esposti per tutta la vita, per affermare l'appartenenza alla nuova famiglia dei proietti. Questa consuetudine registrata a Venezia con una "p" di pietà sul tallone, a Siena con una scaletta, a Roma con una croce a doppio braccio dell'Ordine di Santo Spirito, a Napoli con un cordoncino con medaglietta al collo detta mercatura (da merco = marchio, vedi foto), a Piazza questa consuetudine non è stata riscontrata. Al momento dell'accoglienza veniva dato anche un cognome e un nome al neonato abbandonato e la scelta era del tutto casuale, cioè senza uno schema ben preciso, se non addirittura il cognome che avrebbe ricordato per sempre l'abbandono come quello dato a migliaia di bambini a Roma PROIETTI, a Napoli ESPOSITO¹, a Firenze GITATELLI, a Milano COLOMBINI. Si andava dai nomi di oggetti di uso comune (Sasso, Ortica, Erba, Violetta, Vapore, Fuoco, Fiore, etc.), ai nomi di frutta e cibo (Susina, Focaccia, Pera, Ovo, Oliva, etc.), agli aggettivi derivanti dalle caratteristiche fisiche dei bambini (Naso, Ciglio, Gola, Grido, Piede, Gigante, etc.), ai fenomeni climatici del periodo dell'abbandono (Vento, Tuono, Neve, Natale, etc.), a qualche nome di origini nobili (es.: Principe, Duca, Conte, Barone). In caso di adozione il nome rimaneva quello originale, pertanto poteva accadere che in famiglia i fratelli avessero cognomi diversi, creando perplessità e problemi una volta adulti. (tratto da V. Careri e F. Cassibba, Il fenomeno dell'abbandono..., tesi A.A. 2006/2007, Biblioteca Comunale di Piazza Armerina) (continua)
 
¹ La prima volta che venne dato questo cognome fu il primo gennaio del 1643 presso la Ruota degli Esposti della basilica SS. Annunziata Maggiore di Napoli, al bambino di due anni di nome Fabrizio, come risulta dal volume più antico dell'archivio.
 
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Edicola n. 16

L'Edicola Votiva n. 16 è quella nella mia campagna in c/da Uccelli-Bosco Blandino. Semplicissima, ospita due quadri, uno della Madonna delle Vittorie e l'altro di S. Giuseppe patrono dei lavoratori. Quello della Madonna perché è rivolta verso l'eremo di Piazza Vecchia, quello di S. Giuseppe perché sia mio padre Gino che mio zio Guido erano artigiani, uno falegname e l'altro fabbro ferraio. Da sempre questa piccola campagna è stata frequentata da amici e parenti soprattutto per le scampagnate, essendo a pochi chilometri dal centro urbano, dalla chiesa dell'Indirizzo e di fronte al percorso che il 3 di maggio la Madonna fa per tornare a Piazza Vecchia. La contrada prende oltre al nome di Uccelli, facilmente comprensibile per la numerosa presenza di volatili, quello di Bosco Blandino perché quasi mille anni fa era di proprietà della figlia del Conte Ruggero, Blandina o Flandina, poi sposa di Enrico Aleramico signore di Paternò e di Butera e capo degli Aleramici di Sicilia.
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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