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Cronarmerina - Maggio 2025

L'accesso al credito a Piazza-3

 
Chiesa di Maria SS. della Catena (1660) già S. Nicola (XIII sec.)
Il Sodalizio degli Artigiani
 
La seconda possibilità di accedere a un credito a Piazza era rivolgersi al Sodalizio degli Artigiani, già presente nel 1655 sotto il titolo di S. Nicola. Era stato fondato nel 1539 come Compagnia delli maestri della Venerabile Cappella di Maria SS. della Catena. Ebbe una vera e propria attività di istituto di credito, nel senso che aiutò sempre i confrati artigiani e agricoltori, nonché persone di provata onestà, con prestiti in denaro a basso tasso d'interesse presso, appunto, la chiesa sacramentale di S. Nicola del XIII sec. e dal 1651¹ chiamata Chiesa di Maria SS. della Catena, una delle primissime chiese fondate nell'originario borgo del Monte. Da considerare pure che, al colle/altura su cui insiste l'antico quartiere è stato dato il nome di Mira molto probabilmente in ricordo e in riguardo della provenienza del Santo a cui è stata dedicata la chiesa del XIII secolo, S. Nicola di Mira.
 
¹ Sull'arco del portone d'ingresso principale (nella foto) c'è scolpito l'anno 1660, forse l'anno di conclusione dei lavori di restauro dell'antica chiesa con la nuova intitolazione che, ormai, rappresentava un importante punto di aggregazione e riferimento anche creditizio per i Muntèri di allora.
 
cronarmerina.it
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L'accesso al credito a Piazza-2

Convento (1400) e chiesa di S. Francesco (1603), antica sede del Monte di Pietà
 
 Il Monte di Pietà

La situazione politica ed economica disastrosa del XV secolo in Sicilia aveva portato i frati francescani oltre che a predicare, a escogitare nuove forme di solidarietà verso il popolo bisognoso come i Monti frumentari¹ e i Monti di pietà. Nella nostra Città il Monte di Pietà, vide la nascita su proposta del Beato francescano Andrea Ronchi da Faenza nel 1486, perciò è da ritenersi tra i primissimi in Sicilia² insieme ai tanti altri sempre istituiti dal Beato francescano morto a Cammarata (AG) nel 1495. La sede del primo istituto per l'accesso al credito a Piazza era quella della Confraternita di S. Maria degli Angeli al Monte, presso quello che era stato il Vecchio Castello, dove l'antica chiesetta di S. Lucia prima e di S. Calogero poi, dal 1392 era stata intitolata dai Francescani a S. Maria degli Angeli. Nei primi anni del Seicento l'amministrazione passò all'Arciconfraternita del SS. Sacramento* che, provenendo dalla chiesa del SS. Crocifisso, ereditò quella di S. Maria degli Angeli. Nel 1627 col trasferimento presso il monastero dei Benedettini accanto alla chiesa di S. Rocco, l'Arciconfraternita, composta da nobili, veniva sciolta e sostituita dal Sodalizio della Compagnia dei Nobili detta dei Bianchi dedita all'asistenza ai condannati a morte e alla cura di altre Opere Pie, tra le quali l'Opera degli Esposti o Trovatelli, che avevano sede nei pressi dell'ospedale dal 1603 chiamato Ospedale di Santo Spirito, in  onore dell'Ordine Ospedaliero di S. Spirito di Roma che era subentrato nella gestione. Tra le Opere Pie c'era il Monte di Pietà amministrato dalla suddetta Compagnia Sotto Titolo Dello Spirito Santo, che confluirà dopo quasi due secoli, nel nuovo Monte di Prestami, com'era nelle volontà del fondatore Michele Chiello. Il vecchio Monte di Pietà portò al nuovo Monte di Prestami anche gli introiti e le rendite derivanti da 8 sostanziose EREDITA' dalle quali scaturivano i Legati di Maritaggio³, ovvero i beni che servivano per la dote senza la quale per una fanciulla dell'epoca sarebbe stato impossibile contrarre matrimonio. 

¹ I Monti frumentari o granatici o di soccorso davano in prestito del grano soprattutto per le nuove semine, poi il contadino lo restituiva aumentato di un tanto per l'interesse, al momento del raccolto.
² Per alcuni il primissimo in Sicilia non fu quello di Castronovo di Sicilia (1481), bensì quello di Messina nel 1493.
³ Questa branca dell'Opera Pia era intesa anche come Monte dei Maritaggi.
* Aveva una cappella, la cui struttura ancora esistente, per le sepolture al cimitero di S. Maria di Gesù con la scritta "Confratia del SS. Sacramento".
cronarmerina.it
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L'accesso al credito a Piazza-1

 
Le Bollette del post di giorno 25 ottobre 2014, mi hanno dato lo spunto per parlare dell'accesso al credito nei secoli passati dei Piazzesi indigenti. Questi avevano poche possibilità per sperare in qualche anticipo conveniente per risolvere qualche loro problema contingente. Oltre alle vie normali dei prestiti familiari, degli amici e, purtroppo, degli immancabili usurai, i cittadini avevano altre opportunità potendo contare, nell'arco di 5 secoli, su 4 istituzioni: il Monte di Pietà, il Sodalizio degli Artigiani, la Cassa delle Benedettine e il Monte di Prestami di cui vi parlerò nei prossimi post, mentre oggi parleremo dell'usura, pratica severamente vietata dalla Chiesa e, quindi, svolta dagli ebrei che prestavano denaro un po' a tutti: ai governi per i loro eserciti e le loro funzioni, ai nobili per i loro lussi e alle classi più modeste, artigiani, contadini e perfino alle abbazie e ai conventi.
Era considerata usura ciò che il prestatore riceveva in più dal debitore rispetto al capitale dato. I banchi di prestito dove ci si poteva rivolgere erano gestiti quasi esclusivamente da ebrei a tassi che potevano raggiungere il 20-30%, mentre quelli dei Monti di Pietà raggiungevano al massimo il 5-6%. Il perché questi banchi di prestito erano gestiti esclusivamente da ebrei è riportato qui di seguito, tratto da una tesi di laurea discussa all'Univesità di Napoli: <<Per legge, gli ebrei potevano soltanto esercitare taluni mestieri manuali, quali quelli dell'artigiano, alcune occupazioni del settore terziario, ma non potevano svolgere alcuna libera professione, salvo quelle di medico, prestatore di denaro, coniatore di monete e importatore di spezie... Anche se il mestiere di usuraio non era scevro da gravi pericoli, sia per l'incerto status sociale dei giudei, sia perché i debitori spesso tendevano a sottrarsi ai loro impegni contrattuali fomentando l'antisemitismo e le persecuzioni razziali, gli ebrei avevano buoni motivi per farsi usurai. Anzitutto, non essendo cristiani e non potendo sperare nella salvazione, non erano toccati dal divieto della Chiesa e non avevano nulla da perdere; in secondo luogo, soggetti com'erano a persecuzioni, sopraffazione e soprusi d'ogni genere, erano naturalmente portati a scegliere un mestiere i cui profitti fossero facili a nascondersi e a trasferirsi... Gli ebrei, esercitando l'usura, soddisfacevano un bisogno reale della società, in un'Europa che stava passando da un'economia di mera assistenza a un'economia che richiedeva un maggiore uso di denaro, bene che allora era assai scarso>>.
cronarmerina.it
 
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Fontana c.da Furma/n. 35

Sino a qualche mese fa questa fontana/abbeveratoio era completamente sconosciuta. Adesso che sono stati tagliati tutti gli alberi e la boscaglia che la circondavano e la ricoprivano, è sotto gli occhi di tutti. Venendo da Valguarnera la vediamo sulla dx poco prima del bivio di c/da Furma, quello che precede la famosa curva a sx andando verso Piazza, che ha visto tanti incidenti anche recenti. La costruzione è molto semplice, ma doveva essere molto frequentata perché si trova lungo la strada per andare alle miniere di Grottacalda, Floristella e Gallizzi, per poi proseguire o per Valguarnera o per Enna. Era un ottimo punto di ristoro per tutti i viandanti a due e a quattro zampe, in sepecialmodo per chi proveniva dalla lunga salita di Valguarnera Caropepe e doveva proseguire verso la Ronza, ancora più in alto. Oltre la bevuta di acqua fresca il Pit Stop, adesso si chiama così, se andava bene, avrebbe compreso un tozzo di pane (pangh) con una cippolla (zz'vödda) o un'acciuga (angiòva), e se proprio si voleva strafare, un pezzo di formaggio (tumazz) stagionato da qualche semestre.
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina 
  • Pubblicato in Fontane
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Adesso, poi troppo tardi

 Questo giorno dedicato alla memoria di chi non c'è più, dovrebbe farci voler bene adesso, senza scuse, chi ancora c'è e non ci sarà più! Poi, sarà sempre troppo tardi!

 

PERDONAMI MAMMA

 
Perdonami mamma
per quelle parole mai ascoltate
Perdonami mamma
per quando non ti sono stato accanto
Perdonami mamma
per quel fiore che mai t'ho portato.
 
L'angoscia mi pesa sul petto
e un groppo mi stringe la gola
mentre una lacrima diventa pianto.
 
Che senso ha adesso
questo fiore in un vaso di marmo
questo minuto adesso con te.
 
Perdonami mamma
per l'impotenza in quell'ultimo atto
Perdonami mamma
per quelle preghiere non più ricordate
Perdonami mamma.
 
Sergio Piazza
8 giugno 2014

 

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Halloween? No, grazie!

 
 
 LA FESTA NOSTRA
 
Talìa, cumpa’, o la cucuzza ntesta
o maschiri scantusi e scacazzari.
Pirchì? Pi quali cucca? Ma chi festa
po’ ssiri mai, chidda ca fa scantari?
Chidda ca t’assicuta lazzariatu
e cchiù vistutu sì, cchiù sì sminnatu?
 
Ma sta pinzata, ma di cu n’agghica!
Stu geniu di finizza e d’eleganza
ca a tutti ormai ci sfurnicìa la dica!
Chi sbùmmica, di qualchi nordicanza
ca essennu sulu tunna furastera
pari stratuni allocu di trazzera?
 
Ma pèrsimu lu sensu e la ragiuni,
caru cumpari, ca la nostra storia,
comu la storia di d’ognautru agnuni,
è soprattuttu fatta di memoria
e s’un si sapi sèntiri cu fummu
chiossà n’arzìa lu savujardu chiummu.
 
Pirchì la nostra festa fu de’ morti
ca pi tant’anni e tanta picciuttanza,
quannu pi zita c’era a Diu la sorti,
n’affuddava d’antica amurusanza
e ni cuntava d’animi purganti
ogni turnata festa d’Ognissanti.
 
E pari festa, na ddu campusantu,
cu na caterva di genti e di sciuri
di vuci assicutati ormai di chiantu
di chiantu assicutatu di duluri.
"Poi ricambianu, i morti, e tali e quali
stanotti poi ti portanu rijali."
 
E ammenzu a qualchi vesti e iucareddu
nuci e nuciddi, mennuli, azzalori
ficu, pupi di zuccaru, a punzeddu
la frutta marturana. Eh, scattacori
era l'arrusbigghiata dda jurnata
pi la ricerca di la ncannistrata.
 
E ma' ca ni cuntava poi lu cuntu
di visiti notturni e d'armi santi
ca si compuru ormai di contrappuntu
turnavanu a cuprinchiri vacanti.
Chista, la nostra. La festa de' morti,
quannu pi zita c'era a Diu la sorti.
Giòmetrico
cronarmerina.it
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La Cùpula (era) Virdi

Ed eccovi la terza poesia dedicata al tetto della Cùpula della Cattedrale che, al tempo della fanciullezza del poeta era verde (intorno al 1870, vedi poesia precedente "La Cùpula Virdi di la Catradali") ma in seguito a qualche motivo di restauro cambiò colore, e il poeta, ormai adulto (anni 30), se ne rammarica. Successivamente il tetto tornò come lo vediamo adesso, VIRDI.
 

LA CÙPULA VIRDI

 
Lu ciriveddu l'àppiru strammatu
cui foru ca la cùpula sminnaru;
di quannu ddu culuri scancillaru 
Chiazza di tannu persi lu primatu!
 
Marcu Trigona, a la stranìa jttatu,
ccu ssa gran manu tumpulìanni un paru;
grìdaci forti ca lu tò dinaru
pi spisi pazzi nun lu voi sfardatu!
 
E vui, palummi, cucchi e rinnuleddi,
e vuautri struneddi e varvajanni,
'ngramàgghiativi comu l'urfaneddi.
 
E tu, Campana di la Muscatedda,
chi virdi la gudisti pi tant'anni,
chiàncila tu ccu ssa tò vuci bedda!
 
Girolamo Giusto
(Chiazza li so campagni e la cugghiuta di li nucciddi, Officina Tip. "La Stampa", Catania 1937, p. 24)
 
Note originali dell'autore nel suo volume del 1937: Primatu = Indiscusso nel campo intellettuale e politico nella vecchia provincia di Caltanissetta; Marco Trigona, la cui statua - opera dell'Ugo - è eretta nel "Piano" del Duomo, fu il munifico fondatore e donatore del Duomo; Campana = Una delle due campane dell'orologio del Duomo. Fu trovata sepolta insieme al Vessillo del Conte Ruggero.
 
(prossima poesia dell'autore: Lu rimitu di Chiazzavecchia)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Oggi come allora? Mi sembra di no!

 
 
 
Le 4 Bollette nelle foto, gentilmente fornitemi da un amico, si riferiscono alle polizze o ricevute di oggetti depositati presso uno delle quattro istituzioni di credito presenti a Piazza nei secoli passati, il Monte di Prestami. Sono ricevute sia di Oggetti in Oro/Argento/Titoli di rendita sia di Biancheria che i nostri antenati, nei momenti di bisogno, depositavano per ottenere massimo il 66% della loro valutazione per due o tre anni. Prima della scadenza di tale periodo avrebbero dovuto riportare la Bolletta assieme alla somma ricevuta, per riavere l'oggetto lasciato in Pegno (termine che vuol dire "a garanzia reale del prestito ottenuto"), in caso contrario avrebbero perduto per sempre i loro beni. Veramente li avrebbero potuti recuparare solo in un'altra occasione, partecipando alle aste che di tanto in tanto venivano svolte per smaltire gran parte degli oggetti in deposito, per far posto ad altri ancora. Durante le aste che si effettuavano nella piccola sala d'ingresso, veniva usato il metodo del fiammifero. Si comunicava, illustrandone le caratteristiche principali, il bene da alienare, si accendeva un fiammifero e si facevano le offerte sino a quando rimaneva acceso. Allo spegnimento, chi aveva fatto la maggiore offerta si portava a casa l'oggetto. Non era raro il caso che l'incorruttibile impiegato addetto al fiammifero, per favorire qualche amico, lo spegnesse qualche istante prima dell'ultima offerta del "non amico". Ovviamente tutto ciò favoriva i benestanti che si potevano permettere di sborsare contanti in quantità, per fare man bassa di oggetti, il più delle volte dall'alto valore affettivo, che così non sarebbero più tornati nelle mani dei poveri proprietari. Nelle bollette per l'Oro, del 1902, si leggono perfettamente i nomi di chi portava in pegno due orecchini e tre anelli diciotto (diciotto indica il totale dei grammi d'oro) e due pendenti g. cinque. Per i primi, del valore di £ 21¹, se ne ottennero 14, per i secondi, del valore di £ 6, se ne ottennero i 2/3, ovvero 4, sempre col 6% di interesse annuo da pagare al momento del riscatto. In tre si distingue bene la firma del Conservatore del tempo, La Pergola. In quelle per la Biancheria, del 1903 e 1904, oltre ai nomi si leggono i pegni di sette salviette due tovaglie otto paia di calze e due frangia² dentro sacco del valore di £ 6 e cotta dentro sacco³ che fa ottenere un prestito di £ 6. Nel retro di due di queste ricevute c'è scritto a matita "Rinnovo". Chissà se poi questi beni, seppur di modico valore, sono tornati tra le mani, in un modo o in un altro, di chi aveva ritenuto, amaramente, di separarsene temporaneamente per risolvere un piccolo/grande problema economico. E noi oggi, di che ci lamentiamo, se un secolo fa si era costretti a impegnarsi pure le calze o le mutande?! 
 
¹ Come nel post "Due Hotel di Piazza nel 1903" ricordo che 1 £ del 1900 valeva € 20 ca. di oggi.
² Guarnizione di stoffa che viene applicata a tende, coperte etc. Il "sacco" precisa il modo di come vengono conservati.
³ Veste di lino bianco lunga fino al ginocchio con maniche corte e larghe.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

  

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Un altro premio a Tanino Platania

Il poeta Tanino Platania al momento della premiazione da parte del noto attore e regista Augusto Zucchi
Sabato scorso, 18 ottobre 2014, nella gremita sala degli Affreschi di Palazzo Orsini di Bomarzo (VT) è stato assegnato al nostro Poeta Tanino Platania, il Premio "DISINCANTO" per la poesia sottoriportata
 

CLOCHARDS

 
Pagine bianche
e stanche
di libri laceri, pronti al macero.
 
Visi corrugati
nell'asfalto impaginati.
 
Solo la barba solletica il cuore:
incanto di un momento 
per un leggero soffio di vento.
 
Panchine ad ore
segnate dall'untore.
 
Tra coperte di cartone,
sotto un ponte o alla stazione:
fermoposta, senza più destinazione.
 
Cartoni schivati
su freddi selciati.
 
Più luci che ombre nella vita:
un dì, poeti in vena
ed ora anime in pena...
 
...E in me, un freddo lacerar 
nella schiena.
 
Tanino Platania
 
A conferirgli il premio è stata l'Associazione Valori di Bomarzo in occasione del Concorso Internazionale "Poeta anch'io". Autorevoli personaggi fanno parte della nutritissima schiera dei soci dell'Associazione, tra cui il romanziere Andrea Camilleri, l'astronauta Col. Roberto Vittori, l'attore e regista Augusto Zucchi, l'attore Paolo Bugnoli, il doppiatore Renzo Stacchi e tanti altri. 
A Tanino vanno le nostre congratulazioni.
 
cronarmerina.it
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Giòmetrico a Sètt Cantunèri / 2

Sètt Cantunèri

(dalla Parte Prima)  

Parte Seconda

"Lu suli si nni va, dumani torna,
si mi nni vaiu iu non tornu cchiù."
e canta e ridi "e ntantu fazzu corna"
penza e scungiura Cicciu "vaccitù"
pirsuasu ca la vita è babba assai
senza qualchi risata ammenzu e' guai.
 
E ntantu è già la sesta e i virdurara
a picca a picca grapunu putìa
spitannu l'urtulani, terra amara,
mircantiannu qualchi primintìa
e laroba locali, chianu chianu
cu qualcaduna puru do ziu stranu.
 
Dopu, a la nona, la jurnata ammutta
"Accattamu, piccio', talìa ch'è bedda."
"Signura, nun si pigghianu di sutta."
"Cumpà, quantu la vinni, sta pisedda."
"Gnorlei, nga si smuvissi, ca scurì."
E si fa notti, e qualchi rififì
 
ci mposta la "nutturna" a la picciotta,
e viulini e chitarri e mandulini
pu sì e pu no, si paranu la botta
nfinu a chi, n'allanzata d'acquazzini
renni la paci a tuttu lu quarteri.
E agghiorna e scura, e setti cantuneri.
 

Giòmetrico

(Giovanni Piazza)
 
cronarmerina.it
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