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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Igiene medievale e non / 1

 
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Siamo stati abituati a immaginare le popolazioni del Medioevo come una torma di cenciosi maleodoranti e i loro corpi come un succulento banchetto per nugoli di cimici e pidocchi. A questa visione non si sottraggono i nobili o addirittura i sovrani che, seppur addobbati con abiti fastosi, crediamo che celino nelle loro parti intime una nutrita collezione di parassiti. Nei fatti, la reale condizione igienica dell'uomo del Medioevo è un po' più articolata. Innanzitutto non è vero che non ci si lavava mai: sono infatti numerose le miniature dell'epoca che rappresentano uomini e donne che fanno i bagni nudi, lasciando intendere come questa pratica fosse considerata naturale. Ancora, sfogliando i trattati del tempo, si legge che tra i doveri delle mogli c'è quello di dare ristoro al marito, che giunge dopo una giornata di duro lavoro, con acqua possibilmente calda e il cambio d'abito. In più, nei romanzi di cavalleria, "best seller" del periodo, appare buona norma offrire un bagno all'ospite che giunge stanco e impolverato o elargire il sollievo di un catino d'acqua calda per i piedi. I testi ci hanno inoltre tramandato immagini ricche di particolari, soprattutto in relazione alle classi agiate: il bagno avveniva in camera da letto, solitamente prima di andare a coricarsi; venivano esposti dei panni attorno al letto, ognuno cosparso di fiori ed erbe verdi profumate; inoltre erano disposte sul pavimento delle spugne sulle quali era possibile sedersi o sdraiarsi. L'abluzione vera e propria avveniva in un bacile di legno imbottito con un tessuto, riempito con acqua riscaldata resa fragrante da erbe fresche; ci si lavava il corpo con spugne morbide che venivano risciacquate con acqua pulita e tiepida, profumata di rose. Infine, il corpo veniva asciugato con panni puliti e, indossate le calze, ci si poteva finalmente abbandonare tra le braccia di Morfeo. Spesso il riserbo dotava la struttura di tende a baldacchino, al riparo dei quali era possibile godere di una certa privacy. Nei periodi più caldi, la vasca era posta nei giardini esterni e addirittura durante gli spostamenti veniva trasportato tutto l'occorrente affinchè il signore non si privasse di questa delizia, compreso un servo atto al mantenimento della temperatura dell'acqua. (continua) [tratto da G. Staffa, 101 Storie sul Medioevo, Newton Compton Editori, 2012]
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

Fontana Villa delle Meraviglie/n. 23

Questa fontana n. 23 è la n. 22 vista dal retro, sempre presso la Villa delle Meraviglie. Abbastanza grande e profonda è perfettamente efficiente tanto da ospitare senza alcun problema persino dei pesci rossi di diversa grandezza. E' caratterizzata da due colonne laterali, con al centro un grande stemma della famiglia Cammarata, scolpiti su pietra del luogo. Gaetano Masuzzo/cronarmerina

Cavalieri di Montesa

Emblema antico dei Cavalieri di Montesa
 
Nonostante avessero reso grandi servizi al cristianesimo, nel 1307 i Cavalieri Templari furono accusati dal re di Francia Filippo il Bello e dal papa Clemente V di gravi reati e di eresia. Sotto la pressione del Re di Francia furono arrestati, torturati e processati e molti di loro arsi sul rogo. Il re Giovanni II d'Aragona, anche se non aveva dato credito alle accuse, fu costretto a fare altrettando in Spagna e in seguito alla scomparsa dei Cavalieri Templari manifestò l'intenzione di disporre di un Ordine Militare propriamente Aragonese, a somiglianza di quelli che aveva la Corona di Castiglia (Santiago, Calatrava e Alcàntara) in modo da poter impedire la crescita eccessiva dell'Ordine Ospedaliero di S. Giovanni Battista all'interno del suo Stato. Nel 1317 il Re ottenne dal Papa il permesso di creare l'Ordine Militare di Santa Maria di Montesa, dato che la sede dell'Ordine era nel castello e città di Montesa, a 70 Km. a Sud di Valencia. Nel 1400 all'Ordine di S. Maria di Montesa si unì quello di S. Giorgio di Alfama, fondato nel 1201 per la difesa delle terre cristiane dalle incursioni dei Berberi sulla Costa di Tortosa vicino Tarragona (a Nord di Valencia), ma da diverso tempo in grandi difficoltà economiche. L'Ordine così riunito venne rinominato Ordine di S. Maria di Montesa e S. Giorgio di Alfama con l'emblema della croce rossa di San Giorgio sui mantelli e abiti. A questi due dopo qualche decennio si unì anche quello dei Mercedari. L'Ordine di Montesa partecipò attivamente alla Reconquista Cristiana e alle guerre di espansione del Regno d'Aragona e nel 1748 un terribile terremoto causò il crollo del castello-convento di Montesa, dove morirono circa trenta persone. Giorni dopo, un altro terremoto finì di abbattere quello che era rimasto, lasciando il castello-convento inabitabile per sempre. I sopravvissuti, su ordine del re Ferdinando IV, si trasferirono al Palazzo del Tempio in Valencia dove in seguito furono costruiti il convento, la chiesa e il collegio dell'Ordine di Montesa.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it  

Nodo di GORDIO

Questo nella foto è un mosaico che ho visto tante volte e per altrettante volte mi sono chiesto cosa sognificasse. Per poi concludere che fosse un disegno come tanti altri che si trovano nella nostra Villa Romana del Casale. Invece, leggendo l'ultimo numero di un interessante mensile al quale sono abbonato, ho scoperto che si tratta del simbolo chiamato Nodo di Gordio. Questo simbolo è protagonista di un antico aneddoto. In Frigia (regione centrale dell'Anatolia, penisola della Turchia), era custodito un carro di battaglia appartenuto al leggendario re Gordio*. Il carro era legato a un palo con un nodo molto robusto, che era diventato il simbolo del potere dei successivi Re. Chi avesse sciolto il nodo avrebbe dominato il mondo. Nell'inverno del 333 a.C. Alessandro Magno (356 a.C.- 323 a.C.) giunse a Gordio**, estrasse la spada e lo tagliò. Il Nodo di Gordio, e il modo peculiare in cui fu "sciolto", simboleggia da allora un problema intricato che può essere risolto solo con un intervento radicale. (tratto da FocusStoria, novembre 2013) Gaetano Masuzzo/cronarmerina  
 
*Re mitologico greco.
**Città che prese il nome dal Re mitologico, abitata dall'VIII al II secolo a.C. e oggi solo un villaggio a pochi chilometri da Ankara, dove sono rimaste soltanto tracce delle antiche mura oltre a una porta monumentale.
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