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Cronarmerina - Dicembre 2015

Edicola n. 44

Questa è l'Edicola Votiva n. 44 ed è situata sotto l'Arco Pistoia. Non so quanti piazzesi sappiano che esiste questa via, questo arco, nel quartiere Canali, io sino a qualche mese fa ero tra quelli all'oscuro dell'esistenza. Per darvi qualche elemento in più per localizzarla, vi dico che è una parallela a sx della via Itria salendo dai Canali. L'Arco Pistoia si trova tra il dedalo di viuzze che caratterizzano uno dei quattro quartieri più antichi della Città, e se non fosse stato un mio amico a indicarmi questa Edicola, io non l'avrei potuta censire e quindi proporvela. Lo sportello in ferro è chiuso col lucchetto e custodisce due statuette in gesso. Quella a dx più visibile "grazie" al vetro opaco in frantumi è della Madonna a mani giunte, quella a sx si intuisce che è di San Giuseppe. Probabilmente ci sarà al centro in basso pure quella di Gesù Bambino. Nel tempo il muro che l'accoglie ha avuto diverse fasi di restauro, ma vi assicuro che il luogo molto appartato e tipico dei centri storici è molto suggestivo e particolare. Mi piacerebbe sapere qualcosa in più sulle motivazioni che hanno spinto il "canalaro" a costruirla proprio in quel luogo decisamente "al riparo" da occhi indiscreti. 

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Cavalieri Ospedalieri di Santo Spirito

L'Ordine degli Ospedalieri di Santo Spirito fu fondato dal francese Guy de Montpellier (1160-1208) nel 1178 e successivamente approvato da papa Innocenzo III nel 1198. L'idea era quella di creare un'altra Milizia del Tempio ma impegnata in altre battaglie: la carità, l'ospitalità, la cura di tutte le miserie. Agli inizi del Duecento l'Ordine si era diffuso in tutti i paesi cristiani, ma la sua sede centrale era a Roma, presso Santo Spirito in Saxia. Questo era un complesso di edifici che era sorto nell'VIII secolo come centro di accoglienza dei pellegrini della comunità anglo-sassone e nel 1200 circa fu trasformato in ospedale, per il ricovero di ammalati e bambini abbandonati, affidato al suddetto Ordine, che così iniziò a svolgere la sua attività principale: erigere e gestire ospedali. Lo stemma o sigillo dell'Ordine era la croce di Lorena, a due bracci trasversali (un simbolo araldico che si faceva risalire a Giovanna d'Arco), che era collocato sopra il portone d'ingresso degli immobili, dove segnalava l'appartenenza di questi agli Ospedalieri di Santo Spirito. Il suo massimo splendore lo raggiunse nel XV secolo con migliaia di ospedali in tutta Europa, poi scomparve quasi completamente nel XVIII secolo. Oggi rimane qualche traccia in Spagna e in Polonia. Era un Ordine economicamente molto potente, come si desume dall'alto numero di case possedute, soprattutto nei dintorni degli ospedali. L'Ordine religioso era soggetto alla regola di Sant'Agostino ed ebbe carattere anche militare solo dal XIII secolo sino al 1459. Era composto sia da religiosi che da laici. Tra i religiosi c'erano i fratelli o canonici regolari, le sorelle, i sacerdoti e le oblate. Il fratello che governava un ospedale portava il titolo di "Comandante". I laici erano delle persone che facevano dei semplici voti per la cura dei poveri e degli ammalati come i religiosi. Anche nella nostra Città quest'Ordine fece la sua comparsa quando ebbe in gestione l'ospedale che si era stabilito nella sede definitiva del Monte¹ nel 1603, prendendo il posto dell'Ordine di S. Giacomo d'Altopascio. Infatti, il nuovo Ordine diede il nome sia al nostro ospedale che si chiamò "Ospedale di Santo Spirito", sia alla chiesetta di S. Maria degli Angeli che si chiamò "dello Spirito Santo". Anche l'antico Monte di Pietà aggiunse in quel periodo la dizione "sotto titolo dello Spirito Santo" quando la gestione passò al Sodalizio della Compagnia dei Nobili detta dei Bianchi.

¹ Nel 1771 chiamato "Ospedale Chiello" e dal 2015 sede dell'Episcopio e della Curia Vescovile.

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Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/13 e ultimo

Cattedrale di Belluno, 3 ottobre 1965

Ricordi e fatti inediti/13 e ultimo

Salvatore tra i tanti bei ricordi che ha di suo fratello Carmelo, ne possiede uno al quale tiene in modo particolare. Si tratta della lettera battuta a macchina, che Carmelo gli dona nell'Ottobre del 1965 in occasione del suo matrimonio con la moglie Agnese Mondin, che trascrivo integralmente.

Belluno, 3/10/1965 - In occasione delle nozze di Salvatore con Agnese.

1. Questo momento corona il vostro sogno d'amore, maturato nell'ardua esperienza del fidanzamento. Vi siete un giorno conosciuti ed amati, poi avete affrontato insieme vari sacrifici per giungere a questo giorno, in questo luogo sacro dove il vostro amore, fra pochi minuti, sarà benedetto in nome di Dio ed innalzato al piano misterioso dei Sacramenti: sarà reso simile a quello che regna fra Cristo e la sua Chiesa. 2. Di tutto quello che voi avete fatto in preparazione di quest'opera decisiva, nulla è stato casuale e fortuito, anche se le apparenze possano far pensare così. Tutto, al contrario, è stato diretto dalla Provvidenza paterna di Dio, che ha agito anche mediante la legislazione severa della Chiesa e dello Stato. I vari documenti, ad esempio, che avete dovuto farvi rilasciare dalle autorità religiose e civili, sono stati anch'essi necessari per fondare e completare la bellezza di quest'ora. Adesso voi siete certi, sia pure nei limiti della fragilità umana, di pronunziare un "sì" che sgorga sotto la spinta di un amore che è, certo, umano, ma non puramente istintivo, non cieco. Ciò significa che voi ormai siete in grado di attuate fra qualche istante non un'unione passeggera, puramente passionale, ma un'unione cristiana, un'unione che corrisponda ai piani provvidenziali di Dio che si identificano con le aspirazioni più nobili e profonde del cuore umano. In breve: voi state per contrarre matrimonio secondo le leggi della Chiesa cattolica. Questo vuol dire che voi state per fondare una società coniugale il cui scopo è lo sviluppo totale della vostra personalità mediante la generazione dei figli, che Dio vorrà concedervi. Questi futuri frutti del vostro amore non solo dovranno essere "figli dell'uomo" destinati alla terra, alla società civile, alla patria; ma dovranno essere pure, anzi soprattutto, "figli di Dio" destinati al cielo, giusti e santi che devono popolare la Chiesa e poi, il Paradiso. Da ciò potete desumere la solennità di quest'ora nella vostra vita, l'altezza della missione che il Signore vi affiderà fra pochi minuti: Egli vi vuole suoi collaboratori nella propagazione della vita umana sia naturale che soprannaturale. 3. Ma potete anche dedurre il peso delle responsabilità che state per assumere. Tali responsabilità vertono sui nostri rapporti vicendevoli (unità e indissolubilità del matrimonio, donde deriva la necessità della fedeltà coniugale); vertono anche sui vostri rapporti coi figli che Dio vorrà concedervi (generazione, allevamento, educazione cristiana). Tali responsabilità sono gravi, come sappiamo per esperienza quotidiana. Ma per mantenervi sempre alla loro altezza, voi non dovete far altro che continuare a ripetere il dono vicendevole totale che state per compiere alla presenza di Dio e della Chiesa - in altre parole, non dovete far altro che perseverare nell'amore autentico, anche nei giorni e nelle ore in cui tale amore sarà soltanto sinonimo di sacrificio. In ogni caso, non dimenticate mai che il vostro sforzo di attuare tale impegno sarà benedetto e premiato da Dio, che oggi benedice e santifica il vostro amore. Egli non ci assegna mai una méta senza offrirci nel contempo i mezzi e le forze per la raggiungerla. Non dubitate dunque della sua assistenza nel portare la vostra croce di coniugi cristiani. 4. Nelle parole che vi ho rivolto finora, non ho esposto soltanto qualche elemento della dottrina della Chiesa, ma ho abbozzato pure un ideale: quello della vita coniugale cristiana, la cui attuazione è la via più sicura di quella felicità matrimoniale, di cui tanto si parla e si scrive, spesso poco seriamente e in modo irresponsabile. Io vi auguro tale felicità e, affinché voi possiate raggiungerla, fate di tutto per mantenervi in contatto con Dio, non solo attraverso la preghiera e la frequenza dei Sacramenti, ma anche mediante la lettura continua della Parola di Dio scritta, cioè della Bibbia [a questo punto consegnare a uno degli sposi la copia della Bibbia]. Dalla lettura attenta e intelligente di questo LIBRO e non da certa stampa paganeggiante o anticristiana ricaverete i principi e la forza per risolvere i problemi che, presto o tardi, si affacceranno all'orizzonte della vostra vita coniugale. In questi giorni voi avete ricevuto molti regali. Ma quello che sto per farvi io in questo momento, malgrado la sua modesta apparenza, è il più prezioso di tutti quelli che avete ricevuto o che ancora possiate ricevere. Infatti gli altri regali possono esservi utili per qualche aspetto particolare della vostra vita; la Bibbia invece, questo LIBRO nel quale soltanto ci è stata tramandata la Parola di Dio scritta, è utile, anche indispensabile, a tutti gli aspetti e a tutti i momenti della vostra vita sia nell'intimità famigliare che nel contesto della società. Perché di tante cose noi possiamo fare a meno; ma della Parola di Dio, della Luce e Forza emananti da essa, della Vita che sgorga dalle Pagine Sacre e ci innalza fino a Dio, noi abbiamo bisogno sempre. Aff.mo Carmelo S.J. (firma autografa)

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Edicola n. 43

L'Edicola Votiva n. 43 nella foto si trova a metà Discesa Itria. Ricavata forse da una ex finestra, è la tipica Edicola Votiva con una piccola e semplice grata in ferro (con due vasi e tre fiori ciascuno in lamiera) che la protegge. In primo piano c'è una statuetta dell'Immacolata Concezione (particolarmente venerata in questo sito, come abbiamo visto nell'Edicola n. 41 ) dietro di questa un quadro grande quanto l'Edicola dove è rappresentata la Madonna con in braccio Gesù Bambino, oltre ai soliti vasetti con fiori di plastica. Ero passato diverse volte dalla Discesa Itria ma non l'avevo notata scenendo a dx, se non fosse stato per la segnalazione di un amico abitante nei pressi. Così è stato per un'altra edicola poco vicina ma difficile da individuare se non si è del posto e di cui vi parlerò la prossima volta.

Nel mese di dicembre 2018, un fedele (Sig. A.) mi ha fatto notare che la Madonna con in braccio Gesù Bambino è la Madonna del Carmine. Infatti, nella parte inferiore del quadro sono rappresentate le anime sante del Purgatorio. La Madonna del Carmine è venerata anche come particolare protettrice delle anime sante del Purgatorio, infatti a livello iconografico spesso è raffigurata mentre trae dalle fiamme dell’espiazione del Purgatorio le anime purificate e anche per questo è invocata come “Madonna del Suffragio”. La Madonna, in una delle rivelazioni a santa Brigida, affermò: “Io sono la Madre di tutte le anime che si trovano in purgatorio ed intervengo continuamente con le mie preghiere per mitigare le pene che meritano per le colpe commesse durante la loro vita”. Tra le altre cose, il sig. A. mi ha fatto notare che sul quadro esistono dei buchi dove erano stati inseriti, dai devoti, degli ornamenti "preziosi" (aureola al Bambino Gesù, orecchini alla Madonna) sottratti ormai da tempo, ed è rimasta solo una collana di scarso valore annerita.  

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Peccato!

U zzù P'nùzzu

E' bastato averlo incontrato una sera di quest'estate alla villetta Cascino di Piazza Armerina, per far venire a galla i ricordi d'una vita. Sedersi sulla panchina uno accanto all'altra, raccontarsi e fermare il casuale incontro in uno scatto fotografico, è stato piacevole pu zzù P'nùzzu e per l'autrice, che ancora lo ringrazia scrivendo di lui.

Damàgg!

U truvàva s’tàit sövra u bastiöngh da Cummènna,
facciafrönt a crèsgia d Sant Stef’nu.
Cam’sgèdda a r’ghetti celèst e biànchi
g’lècch grìsgett, càuzzi blù tantìcchia rànni.
Ntâ so fàcci bedda tunnià,
br’llàv’nu döi òggi sèmpr allègri e fùrbi.
Purtàva cavègghi curti tagghiàit a spàzzula,
èr’nu nèri ma a ogn ann ch’passàva
d’v’ntàv’nu tantìcchia ciù biànchi.
N’tèrra, v’sgingh a ièu, st’nncchiàda na mapìna
unna ggh’era ogn’ béngh d Dèu.
Aöi, mazzètti d’ c’curiöngh appèna cugghiù,
nàutr giörn putév’nu ess ravanàstri,
sanacciöli, amàreddi, ompùru f’nuggétti.
Quànn pöi era a vòta du righ’n
u sciör d cö bèi mazzétti
s’ s’ntèva p’ tutt’ Sant Stef’nu.
E chi b’ddézza èr’nu i munz’ddètti di babaluccèddi
ch’ cèrti vòti jé truvàva sövra a mapìna,
pàrev’nu prònti p’ess v’nnù pròpiu a mì.  
Sc’nènn da Cummènna (ddöh stöi jè d’ casa n’l’està)
era obl’gatòri f’rmè ’m no zzù P’nùzzu
p’ cattèggh’ ‘ncòch còsa
‘mpùru s’ jé nan avéa d b’sògn.
Niàuti nan fùmu mai l’ungh ch’ v’nnea e l’autra ch’cattàva
p’rchì oramài, cu passè d’l’anni,
fra mi e u zzù P’nùzzu aveà na’sciùit
‘na s’mpatìa e n’am’cìzia s’nzèra
ch’ sulu u to paìs pò fè nàsc accuscì fòrt.
Er’mu döi paisài ch’ s’ saluev’nu a fìngh d’l’està
e s’ r’vdèv’nu a fìngh ottövr,
quànn jè e mi marì turnöma a Ciàzza
pa fèsta d’Ognissanti.
‘Mpùru iéddu però ogn tant s’ fasgèva ‘n viaggètt
e cianàva ntê mi bànni, a Torino,
p’ v’nì a truvé so figgh.
Turnàit a Ciàzza, truvàva u zzù P’nùzzu
s’tàit ddà, o sòl’t post.
A v’rdùredda cangiàva securnànn i stasgiöi
ma a d’l’catèzza e a s’mpatìa du zzù P’nuzzu
era sèmpr a stìssa.
Ma pöi venn dda giurnàda
e tant’autri ancöra
ch’u zzù P’nùzzu nan s’v’nèa a s’tè ciù sövra u bastiöngh.
U p’rchì mu cuntà iéu stìss
ddu giörn ch’ sc’nènn da Cummènna
u vìtti s’tàit arréra còm na vòta o sòl’t post.
O so sciànch però nan ggh’avèa a mapìna
ca v’rdùredda, né righ’n, né babalucèddi.
Ntê so oggi, no méntr ch’ n’ dèv’mu a màngh p’ saluer’n
vìtti lucc’ché na ddàrma
intànt ch’d’sgèva:
<<Sign cuntènt d r’ved’la s’gnù,
ma ggh’hòi ‘ncudògn zza...
Sign d’spiasgiù ch’ nan ggh pozz purtè ciù
ddi bèddi còsi ch’ ggh piasgév’nu!
Còm pozz anné a pè ‘n campàgna
a cöggh v’rdùra e a z’rchè babaluccèddi
öra ch’ ‘ncòch m’saràbu bastàs
m’ha rubàit a bedda lapa?
Damàgg!>>.

Rosalba Termini, settembre 2016
                                                                           
Traduzione

Peccato!
Lo trovavo seduto sopra il muretto della Commenda,
di fronte alla chiesa di Santo Stefano.
Camicetta a righe celesti e bianche
gilè grigetto, pantaloni blu un tantino larghi.
Nella sua faccia bella rotonda,
brillavano due occhi sempre allegri e furbi.
Portava capelli corti tagliati a spazzola,
erano neri ma ad ogni anno che passava
diventavano un po’ più bianchi.
A terra, vicino a lui, distesa una tovaglietta
dove c’era ogni ben di Dio.
Oggi, mazzetti di cicorione appena raccolto,
un altro giorno potevano essere “ravanastri”,
“sanaccioli”, ”amareddi”, oppure finocchietti.
Quando poi era la volta dell’origano
il profumo di quei bei mazzetti
si sentiva per tutto Santo Stefano.
E che bellezza erano i mucchietti di lumachine
che certe volte trovavo sulla tovaglietta,
sembravano pronte per essere vendute proprio a me.
Scendendo dalla Commenda (abito lì in estate)
era obbligatorio fermarmi dallo zio Giuseppe
per comprare qualcosa, a
anche se non ne avevo bisogno.
Noi non eravamo mai l’uno che vendeva e l’altra che comprava
perché ormai, col passare degli anni,
fra me e zio Giuseppe era nata
una simpatia e un’amicizia sincera
che solo il tuo paese può far nascere così forte.
Eravamo due paesani che si salutavano alla fine dell’estate
e si rivedevano a fine ottobre,
quando io e mio marito torniamo a Piazza
per la festa dei defunti.
Pure lui però ogni tanto faceva un viaggetto
e veniva su dalle mie parti, a Torino,
per venire a trovare suo figlio.
Tornata a Piazza, trovavo lo zio Giuseppe
seduto là, al solito posto.
La verdura cambiava col susseguirsi delle stagioni
ma la delicatezza e la simpatia di zio Giuseppe
era sempre la stessa.
Ma poi venne un giorno
e tanti altri ancora
che zio Giuseppe non veniva a sedersi più sul muretto.
Il perché me lo raccontò lui stesso
quel giorno che scendendo dalla Commenda
lo vidi seduto di nuovo
come una volta al solito posto.
Al suo fianco però non aveva la tovaglietta
con la verdura, nè origano, nè lumachine.
Nei suoi occhi, mentre ci davamo la mano per salutarci,
vidi luccicare una lacrima
mentre diceva:
<<Sono contento di rivederla signora
ma ho un nodo alla gola...
Sono dispiaciuto che non le posso portare più
quelle belle cose che le piacevano!
Come posso andare a piedi in campagna
a raccogliere verdura e a cercare lumachine
ora che qualche miserabile
mi ha rubato la bella Ape?
Peccato!>>.
Rosalba Termini

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In vendita il Castello Aragonese

L'ingresso principale del Castello Aragonese costruito tra il 1392 e il 1396

E' del 18 settembre u.s. l'articolo di Concetto Prestifilippo apparso su Repubblica.it-Palermo col titolo "Piazza Armerina, in vendita il Castello per un milione di euro" e continua nel sommario "Il singolare annuncio è stato pubblicato sul sito di inserzioni Subito.it. La cifra per trentamila metri quadrati". Qui sotto vi riporto integralmente sia l'articolo che l'annuncio, chissà che non convinca qualche Piazzese benestante ad acquistarlo.

Articolo su Repubblica.it-Palermo

<<Vendesi castello aragonese del XIV secolo, proprietà privata. Il singolare annuncio è stato pubblicato su “Subito.it”. Un milione di euro per trentamila metri quadrati, questa l’eccentrica richiesta. Sul noto sito di inserzioni, l’annuncio ha registrato un record di contatti. Il link, dopo poche ore, contava già migliaia di condivisioni sui social network. Dalla home page di “Subito.it”, basta digitare l’indicazione castello, scegliere la categoria immobili, cliccare sulla regione Sicilia e individuare la città Piazza Armerina. Ecco dunque apparire sullo schermo le immagini a corredo della singolare proposta di vendita. Il maniero sorge nel cuore del centro storico di Piazza Armerina, in provincia di Enna. Città nota per la villa romana del Casale e i suoi mosaici. Sito archeologico che registra ogni anno quasi quattrocentomila visitatori. La fortezza messa in vendita fu edificata alla fine del XIV secolo, sotto il regno di re Martino I. Il maniero è proprietà privata. L’immobile era stato acquistato negli anni Settanta da una nobildonna napoletana che lo aveva ricevuto in eredità. L’attuale proprietario è un noto collezionista e connaisseur siciliano, Enzo Cammarata. “Avevamo avanzato alle amministrazioni pubbliche siciliane la proposta di cessione del castello – sottolinea Ugo Cammarata, raggiunto al numero di telefono che compare sull’annuncio – Come risposta, abbiamo ricevuto un desolante diniego. Ci comunicavano di non avere a disposizione i fondi necessari all’acquisto e al restauro del castello. Abbiamo però ricevuto già delle richieste che provengono da ambienti non siciliani. Possibili compratori che si sono dichiarati disponibili a instaurare delle trattative. Dovremo, purtroppo, prendere in considerazione le proposte che riceveremo. Non possiamo lasciare l’edificio in questo stato di abbandono. Dico purtroppo, perché con le nostre forze non siamo in grado di sostenere gli ingenti sforzi finanziari necessari per i lavori di restauro del castello”. Nel 1812 l’edificio era stato adibito a carcere. L’istituto penitenziario ha continuato a esercitare la sua funzione per quasi un secolo e mezzo. Radicali interventi furono necessari per trasformare il castello in carcere. Lavori che modificarono irrimediabilmente la struttura degli ambienti centrali e la corte. Il castello svetta nel punto più alto del quartiere Monte a pochi metri dalla piazza duomo e dal collegio dei gesuiti. È un immobile di ineguagliabile interesse storico e culturale. Il rimando immediato è ai Vespri siciliani e alla dominazione aragonese in Sicilia. Pagina nodale della storia isolana. Il prospetto principale è stato quasi interamente fagocitato da rovi e sterpaglia. Dal cancello di ingresso si scorge la corte centrale. Le ex scuderie sono ormai un cumulo di macerie prive di copertura. Il portone di ingresso irrimediabilmente sbarrato. Le comitive di turisti che si aggirano per le vie del centro storico chiedono invano notizie sulla storica costruzione. Devono dunque limitarsi al classico selfie con il castello a fare da sfondo. Tra le bizzarrie del web anche una pagina dedicata al castello aragonese pubblicata sul portale TripAdvisor con tanto di recensioni. Non manca, ovviamente, l’immancabile link su Wikipedia. L’edificio, vasto quasi trentamila metri quadri, è costituito da un blocco regolare scandito da quattro torri angolari. La proprietà consta di dieci ambienti. Nell’annuncio compare anche una dettagliata planimetria del castello e un nutrito corredo fotografico. Non mancano le viste panoramiche sul centro storico barocco di Piazza Armerina. Gli scorci in lontananza dell’ex collegio dei gesuiti. Dunque, chi cerca un castello in Sicilia e può contare sulla modica cifra di un milione di euro, può inviare una mail all’indirizzo suggerito o chiamare un numero di cellulare che compare in fondo all’annuncio>>.

Questo l'annuncio su Subito.it

<<Castello Aragonese a Piazza Armerina, XIV secolo. Prezzo 1.000.000 €, locali Più di 10, superficie 30000 mq. Vendesi il castello aragonese a Piazza Armerina, mastodontica struttura di cui se ne attribuisce l'erezione a Re Martino I e la si colloca tra il 1392 e il 1396. Il Castello di Piazza Armerina si trova sul versante meridionale del colle Mira, a sud-ovest dell'antico nucleo medioevale della citta. Il prospetto settentrionale delimita l'area della piazza castello dove si trovano numerosi edifici di rilievo architettonico; i fronti meridionale ed occidentale sono inseriti nell'abitato circostante; il prospetto orientale si affaccia sul declivio del colle in posizione dominante rispetto all'abitato sottostante. La regolarità dell'impianto planimetrico, si riflette nella configurazione volumetrica unitaria di un blocco parallelepipedo con quattro torri angolari posto su un terrapieno scarpato. Il complesso consta di due corpi longitudinali uniti trasversalmente; il corpo meridionale ha una profondità inferiore di quello opposto che presenta una serie di ambienti in successione, alcuni dei quali risultano oggi privi di copertura; al corpo meridionale, inoltre, sono state addossate delle superfetazioni da mettere in relazione con l'uso carcerario. Nel prospetto meridionale, in cui si individuano numerosi interventi di epoca successiva alla fondazione, si trova l'unico accesso al castello. Alcuni studiosi ipotizzano l'esistenza di altri ingressi e posterle di cui però non sembra sussistere traccia. Gli altri prospetti, più compatti, sottolineano il carattere difensivo della costruzione. Le superfici murarie si presentano lineari, realizzate con conci di pietra disposti per ricorsi regolari e prive di apparati decorativi. Il complesso si trova oggi in cattivo stato di conservazione e necessita di interventi di restauro>>.

1) Per costruirlo alla fine del 1300, c'è voluto meno della metà del tempo per ripristinare i 200 metri dell'odierna SP4 all'altezza di Grottacalda; quasi quasi io glielo farei un pensierino, col ricavato del prossimo libro sulla Storia di Piazza Armerina (sic!).

2) Dal quotidiano "LA SICILIA" del 2 febbraio 2017 si è appreso che il Castello è stato venduto per circa 500.000 €, sconosciuto per ora l'aquirente. Sullo stesso quotidiano dell'8 giugno 2017 a firma di Marta Furnari: <<È la società Immeditalia di Gela, ad aver acquistato il Castello Aragonese di Piazza Armerina... è ufficiale il nome del nuovo proprietario del castello, chiuso da quasi mezzo secolo, ossia da quando il Ministero della Giustizia decise di chiudere il carcere mandamentale. L'Immedilitalia (n.d.r. da altri articoli successivi sulla SICILIA si apprende che socio unico e legale rappresentante dell'Immedilitalia s.r.l. società immobiliare è il geometra/ragioniere Giancarlo Scicolone di Gela) ha acquistato dalla famiglia Cammarata l'antico edificio, di circa 2.500 metri quadrati, ed il parco circostante, di circa 4 mila metri, per una cifra che si aggirerebbe intorno ai 500 mila euro. Nei primi anni '70 la marchesa Spinelli di Napoli, erede dell'immobile, propose la vendita del castello, per una cifra che si aggirava intorno ai 30 milioni di lire, al Comune di P. Armerina, che però rifiutò non ritenendolo un buon affare. Successivamente ad acquistare l'edificio, nel 1974, per circa 36 milioni di lire, fu il nobile piazzese Vincenzo Cammarata che voleva realizzare un allestimento museale che non venne mai creato. Da circa un mese l'immobile ha ripreso vita, una squadra di operai si è messa al lavoro per eseguire una serie di interventi di pulizia nel parco... definito perimetro di prima guardia. Per il momento la ditta non fa trapelare il progetto che ha intenzione di attuare per l'immobile>>.

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Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/12

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Ricordi e fatti inediti/12

Il nome del gesuita P. Carmelo Capizzi viene inciso su una lapide per denominare la via n. 3 del costruendo Villaggio in contrada Bellia.
Il Comune di Piazza Armerina, con delibera n° 292 datata 31/12/2012, stabilisce che le strade del nuovo villaggio in costruzione per l'artigianato, presso la contrada Bellia, fuori dal centro città, vengono denominate con i nomi di alcuni personaggi illustri della città; uno di questi è proprio il gesuita Carmelo CAPIZZI, Storico (1929-2002).
La giustificazione di tale denominazione va ricercata nelle seguenti segnalazioni: Una è stata fatta in data 25/2/2003 con lettera n. 01/03 della  SOCIETA' DI STORIA PATRIA  DELLA SICILIA CENTROMERIDIONALE nella persona del Presidente  Dott. Giovanni  MARLETTA. Poi la mia segnalazione datata 20/8/2012 e nell'occasione ho trasmesso anche la Bio-Bibliografia del nostro Carmelo che è stato uno dei soci-fondatori della Società di Storia Patria e il primo Presidente, il Dott. Giovanni Marletta lo sostituì quando mio fratello chiese di essere esonerato per causa di salute.
 
P. Carmelo Capizzi collocato tra gli uomini illustri della nostra Città
Premetto che mio fratello e il Generale Villari erano amici e anche compari, infatti aveva battezzato o cresimato uno dei due figli, in ogni modo si conoscevano molto bene e abitando a Roma si frequentavano spesso e volentieri. Non solo, avevano una grande passione per la nostra città e quindi hanno scritto in collaborazione il libro STORIA DELLA CITTA' DI PIAZZA ARMERINA
dalle origini ai tempi nostri, di cui Carmelo scrisse la PREMESSA.
Ora veniamo al fatto che il Villari collocò mio fratello tra gli Uomini Illustri di Piazza Armerina e specificatamente tra i Cattedratici con la motivazione descritta nel seguente CURRICULUM: (quello che adesso scrivo, non è una novità, ormai sappiamo tutto, ma i Latini dicevano”Ripetita juvant” e quindi mi viene da copiare quello che è stato scritto nel libro di cui sopra). (n.d.r.: segue il curriculum che abbiamo già pubblicato)

Convegno di studi del 2003
Al Sig. Direttore  de “La Civiltà Cattolica”, ROMA
Oggetto: Convegno di studi storici – Omaggio alla memoria di P. Carmelo Capizzi S.J.
Questa Società di Storia Patria della Sicilia centro-meridionale di Piazza Armerina, nell’ambito delle proprie attività per l’anno 2003, ha  programmato un Convegno di studi su pagine inedite di storia relativa agli anni ’40 dedicato alla memoria di P. Carmelo Capizzi S.J.
Il convegno si terrà il 6 dicembre p.v. in coincidenza con il primo anniversario della scomparsa del Prof. P. Carmelo Capizzi S.J., primo presidente della Società.
Informato da S.E. il Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Michele Pennisi, della impossibilità da parte della S.V. di poter presenziare o di poter inviare un relatore che possa tracciare il profilo del prof. P. Carmelo Capizzi S.J., si prega cortesemente, in sub ordine, di voler far pervenire una nota che sarà letta nel corso dei lavori e, successivamente, sarà inserita negli atti del Convegno.
Grato per la cortese attenzione porgo, a nome della Società e mio personale, distinti ossequi.
Il Vice Presidente Dott. Sebi Arena,
Piazza Armerina, 24 novembre 2003
Programma Convegno 2003
Ore 9 – Santa Messa di suffragio
Coretto della Cattedrale
CONVEGNO DI STUDI
Museo Diocesano
Ore 9.30-S.E. Dott. Giovanni Marletta –Presidente Società di Storia Patria Saluto
INTERVENTI: S.E. Mons. Michele Pennisi -Vescovo di Piazza Armerina, Commemorazione;  
On. Avv. Fabio Granata - Assessore Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali;
S.E. Mons. Ignazio Zambito - Vescovo di Patti: 1942: da Monsignor Peruzzo a Monsignor Catarella;
Dott. Francesco Alliata - Principe di Villafranca: I Savoia a Piazza;
Prof. Gianfilippo Villari - Soprintendente ai Beni Culturali di Messina: Il “Principino” in Seminario;
Prof. Marcello Saija - Ordinario di Storia delle istituzioni politiche (Università di Messina)
Prof. Massimo Ganci - Presidente Società Siciliana di Storia Patria di Palermo;
Nel corso dei lavori verrà proiettato un cortometraggio girato nel ’42 dal Principe Alliata a Piazza, Enna e Catania
Piazza Armerina - Museo Diocesano, 6 dicembre 2003

Messaggio del Direttore della “Civiltà Cattolica” per la Commemorazione di P. Carmelo Capizzi S.J.
Il padre Carmelo Capizzi è stato per molti anni collaboratore della "Civiltà Cattolica". Noi che siamo vissuti con lui per molto tempo ne abbiamo apprezzato il profondo spirito religioso e sacerdotale e la bontà e squisitezza d'animo, anche se, da buon siciliano, aveva un carattere vivace e talvolta irruente. Era tuttavia un conversatore amabile, con il quale si stava volentieri e sapeva nascondere sotto un costante sorriso i momenti di grande sofferenza che il suo stato di salute gli causava, soprattutto negli ultimi anni. Quello che maggiormente impressionava in lui era la vasta cultura, non solo nel campo specifico del suo insegnamento universitario, cioè la storia e la cultura bizantina, ma anche nell'ambito più generale della storia della Chiesa. Particolare interesse nutriva per la storia della sua Sicilia. Così, assai spesso ci parlava delle vicende storiche di Piazza Armerina, dei vescovi della sua città natale, in particolare di mons. Mario Sturzo, che egli considerava di non minor valore del fratello, don Luigi Sturzo, e delle rivalità storiche con le città vicine. Era un cultore delle lingue moderne, nelle quali si esercitava costantemente, in particolare della lingua tedesca e del mondo germanico nel quale ha lasciato molti amici e molti rimpianti. Siamo perciò ben lieti che, nel primo anniversario della morte del padre Capizzi, avvenuta fuori casa e perciò senza che potessimo essergli vicini, la Società di Storia Patria della Sicilia centro-meridionale di Piazza Armerina lo ricordi con un Convegno culturale di memorie storiche degli anni Quaranta, a cui egli avrebbe preso certamente parte con grande interesse e passione.
p. GianPaolo Salvini S.J. – Direttore e i Padri di "Civiltà Cattolica", suoi confratelli e amici. Roma, 6 dicembre 2003

continua in Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/13 e ultimo

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Un ragazzo ci ha lasciati

Sabato scorso un ragazzo di 32 anni ci ha lasciati sgomenti e sbigottiti in seguito a un incidente stradale che, forse, poteva essere evitato. La superficialità è il menefreghismo imperante ha causato un'altra vittima.

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11^ Veduta della Città

Questa è l'11^ VEDUTA/PANORAMA della Città.

La foto è stata scattata nell'nverno del 1929, dopo una bella nevicata. Probabilmente il fotografo è uno dei due fotografi molto bravi in attività in quel periodo e che ci hanno lasciato molte testimonianze. Oltre alla gran mole della Cattedrale, del Collegio dei Gesuiti sotto a sx, del campanile aguzzo di S. Francesco a dx, di S. Vincenzo ancora a dx, si nota la presenza di quello di S. Domenico, oggi inesistente perché abbattuto per minaccia di crollo negli anni '50. L'ultimo a dx è quello di S. Giovanni Evangelista e, inoltre, saltano subito agli occhi in primo piano a sx le tre croci del Calvario, che l'assenza del muro di recinzione del Campo Sportivo (allora non c'era alcun campo sportivo) ci consente di vederli. Sicuramente la foto è stata scattata dando le spalle alla chiesa di Sant'Ippolito, ma, guardando bene la prospettiva, un po' più a sx dell'entrata principale della stessa.

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Fontana Valguarnera/n. 50

Questa è la Fontana/Abeveratoio Valguarnera n. 50. E' chiamata "Sciumaredda" perché poco vicino scorre un piccolo fiume (sciùm). Si trova sulla dx a poche centinaia di metri dall'ingresso Est di Valguarnera Caropepe provenendo da Piazza Armerina, lungo la provinciale SP4. E' formata da una una vasca più piccola sulla sinistra, dove ormai non scorre più l'acqua dal canaletto originale e, sulla destra, da una vasca più grande che viene alimentata dall'acqua che esce in discreta quantità da un tubo in acciaio applicato esternamente. E' molto frequentata, ma spesso non viene lasciata pulita da chi la frequenta e poi di fronte, dall'altro lato della strada, ci sono stati diversi cassonetti della spazzatura che, quando ci sono, aggravano la situazione complessiva. Proprio sopra il vecchio canale all'asciutto, sono state murate grezzamente due lastre di marmo, dove sono stati scolpiti due avvertimenti <<Acqua non potabilizzata>> in quella in alto e <<E' proibito lavare automezzi ai sensi dell'Art. 60 Regolamento di P.M.>> in quella in basso.

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