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Cronarmerina - Luglio 2016

2009 Presentazione di "CRONOLOGIA"-2

Dopo la Pubblicazione nel 2008 vi propongo la PREFAZIONE del mio libro presentato sette anni fa.

<<Tutto ebbe inizio nel 1998, quando la Scuola Media "Luigi Capuana", dove insegno da oltre vent'anni, si trasferì nella vecchia sede del Collegio dei Gesuiti. Con questo trasferimento ebbi la possibilità di tuffarmi nei ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza. Infatti, mezzo secolo fa avevo frequentato proprio in questi luoghi la scuola media e, prima ancora, la scuola elementare nei plessi Sant'Anna e Trinità. Condizioni atmosferiche permettendo cominciai a dedicare qualche ora "buca" del mio orario scolastico a fare quattro passi tra le viuzze e i palazzi dell'antico quartiere Monte, che poco conoscevo essendo cresciuto dalle parti di S. Veneranda e S. Giuseppe. Appena fuori dal portone principale mi trovavo già "na calata o collegio" a due passi "do chianu casteddu" e "do chianu balilla" dove leggevo appena su "na cantunera" il vecchio nome della via Antonio Crescimanno, via Madonna della Stella. Erano quasi tutti nomi da sempre conosciuti, ma di cui sapevo ben poco del perché venissero chiamati così. Le mie visite "turistiche" divennero sempre più frequenti e spesso mi capitava di passare dalla via Bonifacio, sotto l'ospedale, che a metà del secolo scorso aveva visto i miei natali. Dopo essere passato dalla zona che mio padre mi aveva indicato come "d' Santa Caterina", mi dirigevo verso "Sanra Rsulia" e ""u chianu barun". Per non parlare della zona dell'Istituto Magistrale, da me frequentato, con la palestra ginnica in quella che poi scoprii essere la chiesetta di S. Chiara. Anni prima avevo acquistato da buon piazzese il volume del concittadino generale Litterio Villari "Storia della città di Piazza Armerina", ma ogni volta che ne sfogliavo qualche pagina subito lo richiudevo perché pieno di nomi e di date, per persone competenti, insomma. In compenso faceva bella mostra nella libreria del soggiorno, ma la curiosità continuava a stuzzicarmi. Un giorno, in una delle tante chiacchierate, mio padre, classe 1921 ma dalla memoria infallibile, mi snocciola un altro dei suoi tanti aneddoti: - "All'uscita dalla Trinità, quando frequentavo la scuola elementare, ho assistito alla demolizione della chiesa di Sant'Agata". Quale chiesa di Sant'Agata? Ma dove? Quando? Mi decisi, allora, ad acquistare l'altro bel tomo del Villari, ancora più grosso del primo, "Storia ecclesiastica della città di Piazza Armerina", sperando, forse, che solo il possederlo mi avrebbe trasmesso il contenuto limitandomi a lanciargli qualche occhiata da lontano, di sfuggita. Questa volta, invece, non lo rassettai in libreria, bensì iniziai a leggerlo attentantamente, parola per parola, per poi compararlo con altri volumi in mio possesso e con qualsiasi altra fonte possibile. Mi rendevo sempre più conto che avrei trovato le risposte a tante mie domande, per me diventate vitali. Più spulciavo questo volume e più dovevo consultare l'altro e l'altro ancora per approfondire, riscontrare, chiarire e definire nomi somiglianti, ma che indicavano la stessa cosa, spesso ero obbligato, addirittura, a consultarne qualcuno nella biblioteca comunale, luogo poco conosciuto e mai frequentato così assiduamente. Tutto ciò mi faceva tornare indietro di secoli e secoli, con decine e centinaia di nomi, date, località e contrade che a mano a mano elencavo su dei fogli dove prendevo appunti per ricordarli meglio e fissare bene le mie "scoperte". I fogli divennero sempre più numerosi, ero immerso in un mar di appunti. Non potevo più sopportare quel disordine che metteva tutto quel lavoro a rischio, dovevo decidermi a riordinarli. Come? In ordine cronologico, per una semplice, chiara e immediata consultazione. Dopo le prime stesure mi resi conto che questa cronologia avrebbe potuto far piacere ad altri curiosi come me, soprattutto aggiungendovi un indice particolareggiato, gli alberi genealogici delle famiglie più importanti e la piantina dei palazzi civili. Confesso che non sapevo a cosa stessi andando incontro, che incosciente! Non è stato facile per uno abituato in palestra tra alunni vocianti, palloni, palline e attrezzi vari, alla fine mi sono accorto che solo l'indice contiene 2.800 voci! Ma tutto questo lavoro, che solo la passione non mi ha fatto abbandonare prima, mi è servito a conoscere e rispettare tanto e meglio i miei antenati e il mio paese e, lo ammetto, ad amarli un po' di più di qualche anno fa, come spero possa accadere per qualcuno dei pochi o tanti lettori, piazzesi e non. Piazza, vi assicuro, merita molto, molto di più di quello che pensiamo o facciamo per essa ai giorni nostri, perciò che questa modesta opera possa contribuire alla "sua" tanto agognata rinascita. Buon viaggio tra le nostre origini più o meno remote. Gaetano Masuzzo>>.

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Probabile stemma Crescimanno ad Aidone

Chiesa di S. Giovanni Evangelista ad Aidone

Stemma di sinistra sul portale della chiesa aidonese simile a quello piazzese nella foto in basso

Stemma Crescimanno alla Commenda di S. Giov. Battista di Piazza coevo a quello di Aidone

Tra le tante chiese presenti nella cittadina di Aidone (EN), quella di San Giovanni Evangelista¹ (foto in alto) la possiamo inserire tra le più antiche e particolari2. Nel cartello turistico molto generico, a sinistra della facciata, leggiamo in due lingue (italiano e inglese) <<COMUNE DI AIDONE - CHIESA SAN GIOVANNI XII sec. - La costruzione risale all'inizio del XIII secolo (1229), su concessione di Federico II all'Ordine dei Templari. Probabilmente fu eretta da una famiglia nobile locale come cappella gentilizia; successivamente passò ai Cavalieri di San Giovanni di Rodi, quindi a quelli di Malta, il cui stemma è raffigurato sul portale3, e infine, creata commenda, fu data al Principe di Capua>>. Nella semplice facciata in pietra locale si notano quattro stemmi, tutti posti sull'unico portale in pietra bianca e rosa. Lo stemma sulla chiave di volta del portale è chiaramente quello dei Cavalieri Ospedalieri di S. Giovanni Battista di Gerusalemme4 che, da quando si stabilirono nel 1530 nell'isola di Malta, ebbero come stemma la croce bianca a otto punte su campo rosso. Per quanto riguarda gli altri tre stemmi: il primo a destra "inquartato: nel 1° e nel 4° di rosso alla croce d'argento, nel 2° e nel 3° d'azzurro all'aquila spiegata d'oro" potrebbe essere lo stemma di un Gran Maestro dell'Ordine; quello al centro è piuttosto malridotto per fare qualche supposizione; quello di sinistra (foto al centro) invece, si assomiglia tanto allo stemma della famiglia Crescimanno di Piazza (foto in basso): "un leone in piedi d'oro traversato da una sbarra d'oro in campo azzurro". Oltrettutto la famiglia Crescimanno annoverava, tra il 1599 e il 1671, Vincenzo cavaliere e commendatore dell'Ordine degli Ospedalieri di Malta che, alla sua morte, venne sepolto nella Commenda di S. Giovanni Battista di Piazza, dove si può ancora leggere la sua lapide. Inoltre, altri cavalieri piazzesi dell'Ordine Cavalleresco appartenenti alla famiglia Crescimanno come Diego nel 1622, fra Lucio 1701, fra Antonio e fra Pietro nel 1705 e Raffaele, che nel 1793 lo troviamo capitano della galera Vittoria, giustificano la presenza di diversi stemmi di questa famiglia nella Commenda degli Ospedalieri di Piazza, oggi chiamata dei Cavalieri di Malta. Questo stemma, quindi, potrebbe indicarci o che la famiglia nobile locale di cui parla il cartello fosse quella dei Crescimanno o che un appartenente di questa famiglia piazzese fosse un Commentatore della Casa Templare di Aidone. In linea generale, si deduce che gli stemmi sulla facciata della chiesa aidonese non siano stati affissi nello stesso periodo, ma in epoche differenti lungo i novecento anni circa dalla sua costruzione.

1 L'unica fonte che specifica se "Battista" o "Evangelista" è Wikipedia alla voce "Aidone", mentre tra le chiese della Diocesi di Piazza viene menzionata ad Aidone anche la chiesa di S. Giovanni Battista nel Largo Sant'Anna, facente parte della Parrocchia di Maria Santissima di Lourdes.

2 La chiesa si trova lungo la via G. Garibaldi, accanto all'incrocio con la via A. Diaz. Oppure, percorrendo viale Martiri della Libertà, si raggiunge la traversa di via G. Garibaldi, dall'incrocio a 60 mt ca. sulla sx c'è la chiesetta.

3 Nel mese di Febbraio 2017 mi è stato segnalato da alcuni amici aidonesi, con l'invio di una foto, la presenza nel muro esterno a Nord della chiesa (quello di dx) di uno stemma simile, sfuggitomi durante la ricognizione di mesi prima.  

4 Ciò potrebbe far supporre che la chiesa fosse intitolata a San Giovanni Battista e non all'Evangelista. Ho letto nell'aprile 2018 in Sac. Filippo VITANZA, Dai Templari ai Cavalieri di Malta a Caltagirone, Piazza Armerina, Aidone..., Tip. Messina, Caltagirone 2017, che a pag. 54 la Fig. 15, con la chiesa di Aidone, riporta la seguente didascalia <<Aidone: Prospetto della chiesa S. Giovanni Battista con portali e stemmi (2017). La chiesa di San Giovanni attraverso i secoli ha subito diversi rimaneggiamenti: l'ingresso in origine era da lato nord, in pratica l'abside d'un tempo ora è diventata ingresso>>.

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Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/6

Piazza Armerina anni Trenta, veduta da Nord

Ricordi e fatti inediti/6

Carmelo da ragazzino non sognava di farsi prete
Mio fratello durante l'infanzia e anche dopo, non pensava di farsi prete, tutt'altro. Egli diceva ai genitori e a chi gli chiedeva che non appena avrebbe avuto la possibilità di lasciare il proprio paese, sarebbe andato via lontano in cerca di fortuna e dare così una svolta alla sua misera esistenza e sarebbe ritornato a casa possibilmente anche con una bella moglie. Questi erano i suoi desideri e ciò che si proponeva di fare. Però, ad un certo punto della sua vita, gli capitò un imprevisto, sentì la chiamata del Padre Celeste, la così detta VOCAZIONE. Così che il nostro Carmelo, invece di trovarsi una bella moglie, si trovò in seminario con la tunica da chierico. In questo modo iniziò la vita da novizio prima e da sacerdote Gesuita dopo. E questa fu la sua onorata carriera clericale che noi conosciamo. Dobbiamo anche dire che Carmelo da bambino e anche da ragazzino, era normale come tutti i suoi compagni, a parte lo studio in cui, come abbiamo detto, era bravissimo. Amava giocare e partecipava a tutte le manifestazioni come il regime di allora pretendeva dai ragazzi. Così il sabato, quando si facevano le sfilate e le esercitazioni con le divise da Balilla, egli era là a fare tutto quello che gli imponevano di fare. Come ho già detto, amava giocare, ma a quei tempi i giocattoli non c'erano e per poterlo fare se li doveva costruire. Infatti egli s'ingegnò e si fece un carroccio di legno, assemblando alcuni pezzi di tavole e mettendo sotto due assi e tre cuscinetti a sfera che aveva recuperato vicino a una carcassa di un aereo abbattuto dalla contraerea (siamo nell'anno 1943), l'invasione della Sicilia da parte degli Alleati era appena iniziata. Con quel  giocattolo artigianale egli si divertiva e scorrazzava per le vie in discesa del quartiere e qualche volta, per farmi stare buono, mi faceva montare su e mi trainava. Allora avevo appena 4 anni, ero tanto felice con mio fratello. Egli aveva passione per tante cose e in particolar modo per le armi e per la vita militare. Io penso che se egli non avesse avuto la vocazione per farsi prete, si sarebbe arruolato per fare il militare. Un giorno si presentò a casa con una bicicletta militare tedesca che alcuni tedeschi gli avevano regalato prima di andare via, perché incalzati dall'arrivo delle truppe alleate. Allora mia mamma lo rimproverò e gli ordinò di riportare indietro la bella bicicletta. Penso anche, che la passione per lingue straniere gli venne proprio in quel periodo: egli cercava di parlare con tutti, sia con i Tedeschi prima e sia con gli Inglesi dopo, e con tutti cercava di farsi capire. Egli, tra l'altro, era molto curioso e quando c'era qualche spettacolo da vedere, faceva di tutto per poterselo godere. Un giorno, prima che una colonna degli alleati conquistasse Piazza Armerina, alcuni militari fecero brillare la polveriera che si trovava a circa 3 km del centro cittadino. Prima dell'esplosione avvisarono per sicurezza i cittadini di abbandonare le case. Carmelo, per potersi godere lo spettacolo dall'alto, salì su l'altura che sovrasta il sito della polveriera. Per lui fu uno spettacolo magnifico e irripetibile. Quando i Tedeschi abbandonarono i territori del nostro comune, sul terreno rimase tanto materiale bellico. C'era di tutto, mezzi da trasporto, carburante, armi e munizioni di ogni tipo. Un giorno mio fratello prese un moschetto, lo caricò e sparò più volte contro i cipressi che in fila delimitavano e ornavano il viale, il famoso viale dei cipressi, così egli sperimentava la forza di penetrazione del proiettile nel legno verde e duro che spesso riusciva a penetrare con un sol colpo due alberi abbastanza robusti.

continua in Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/7

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Il poeta rivoluzionario Gangitano

Come avevo accennato trattando degli organari e degli organi presenti nella Cattedrale di Piazza Armerina, nel 1886 fu impiantato l'organo del cremasco Pacifico Inzoli. Dalla pubblicazione su un social network di due documenti originali da parte del prof. Marco Incalcaterra, veniamo a sapere che per l'occasione il nostro concittadino Cav. Francesco Gangitano scrisse due odi, di cui una la troviamo nella foto in alto con firma autografa, mentre della seconda, dedicata all'armonista Roberto Remondi¹, sappiamo solo il titolo, L'ADDIO. Francesco Gangitano non era solo un poeta, ma lo troviamo, assieme al fratello Antonino, componente e segretario del Comitato Rivoluzionario nel 1848. L'anno seguente, nel mese di gennaio, per la rinuncia alla carica di parlamentare da parte del piazzese Pietro Trigona Stella di Mandrascate, Francesco Gangitano (anche Gancitano) viene eletto nel Distretto di Piazza a Deputato nella Camera dei Comuni «nella quale fu assai attivo, intervenendo spesso nei dibattimenti di quei pochi mesi di attività parlamentare». Nel maggio del 1860, quando sbarcano i garibaldini a Marsala, il nostro Gangitano lo troviamo rinchiuso nel carcere del Castello Aragonese per le sue idee rivoluzionarie e non solo², ma pochi giorni dopo, il 18 maggio «In colonna serrata, i rivoluzionari - allorché cresciuti di numero - si avviarono al Palazzo di Città percorrendo la strada del Principe (oggi via Garibaldi), lungo la quale abbatterono le insegne borboniche, poste sopra la porta dell'Ufficio di Polizia. In Piazza Pescara (oggi Piazza Garibaldi) furono date alle fiamme i ritratti dei re Borboni da Liborio Platamone dei Pojri, mentre Ercole Trigona della Floresta con un manipolo di uomini armati corse alle carceri e liberò Salvatore Prestifilippo, nonché il poeta Francesco Gangitano, già deputato del Distretto di Piazza nel 1848».  

L'ode nella foto in alto non si legge bene e la ripropongo di seguito soprattutto per farvi notare l'uso di termini tipici e inconsueti del periodo poetico della seconda metà dell'Ottocento.

Arte d’incanto è questa?.. o, schiusa l’etra,
Il rapito pensier, colà s’india?..
Quai cherubici accordi, e qual penètra
Eccelsa voluttà l’anima mia?..

Di Calliope il figliuol, ecco, la cetra
Cruccioso infrange, e scaglia in su la via,
Ma per le sfere spazia, e non s’arretra
Lo insubrico Signor de l’Armonia. –

Ei non morrà: finché scintilla duri
De’ gran portati, che il suo Genio crea,
Saldo starassi in faccia a’ di venturi.-

E acceso il petto de l’eterna Idea
Del Bello, che non langue, i perituri
Traverso a l’Opra avviseran la Dea.-

Cav. Francesco Gangitano

¹ Nato a Fiesse (BS) nel 1850, ricoprì l'incarico di organista e maestro di cappella presso il Duomo di Brescia e, successivamente, quello di organista della Cattedrale di Piazza Armerina. Nel 1892 passò alla carriera didattica al Liceo Musicale di Torino sino al 1911. Morì a Torino nel 1928.

² Dalla biografia che scrive l'avv. Alceste Roccella (1827-1908) su Uomini Illustri, sappiamo il Gangitano che aveva un temperamento violento e non disdegnava l'uso delle mani e delle armi. Questo diffetto lo portò diverse volte ad essere condannato. Prima di essere liberato durante la Rivoluzione del 1860, si trovava in carcere in attesa dell'esito della revisione della condanna a 25 anni di lavori forzati, comminatagli dalla corte di Caltanissetta per l'assassinio di un certo Pasquale Cantella (Alceste Roccella, Storia di Piazza Volume 3 - Uomini Illustri, ms. inedito, sec. XIX, [PDF], pp. 153-154). 

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